Quattro morti sul lavoro in meno di 24 ore
Nuovo sangue operaio
Il governo non prende misure urgenti ed efficaci per evitarlo
Dal Sud, al Centro e Nord Italia, nelle fabbriche, nei cantieri e in campagna, non accenna a placarsi lo stillicidio di omicidi sul lavoro. Tra il 24 e il 25 marzo 2 giovani operai, un cinquantenne e un pensionato settantenne hanno perso la vita nel giro di poche ore mentre erano al lavoro.
Daniel Tafa, di 22 anni, di Vajont a Pordenone, è morto la notte del 24 marzo a Maniago nella fabbrica Stm di Molino di Campagna. Il giovane, intorno all'1.30, stava operando su una macchina per stampaggio di ingranaggi industriali quando una scheggia incandescente lo ha trafitto alla schiena, uccidendolo all'istante.
Poche ore dopo a Sant' Antonio Abate, in provincia di Napoli, un operaio di una ditta di smaltimento rifiuti di 50 anni, Nicola Sicignano, è rimasto incastrato ed è stato stritolato da un nastro trasportatore.
La terza vittima è un operaio di 38 anni che all'alba del 25 marzo è morto investito da un mezzo pesante mentre stava lavorando sulla carreggiata nord dell'Autosole A1 Milano-Napoli nel tratto compreso tra Orvieto e Fabro, in direzione Firenze, all'altezza del km 446.
La quarta vittima è un agricoltore di 70 anni, da qualche anno in pensione, che è morto per un malore mentre lavorava in un'azienda agricola di Roverbella, nel Mantovano. L'uomo, residente a Valeggio sul Mincio in provincia di Verona, è stato trovato accasciato sul trattore con il motore acceso poco prima delle 7 dalla moglie del titolare dell'azienda.
Un quinto incidente sul lavoro si è verificato due ore dopo, intorno alle 9, nella diga di Cumbidanovu a Orgosolo (Nuoro). Un operaio è caduto da un'altezza di circa 4 metri mentre lavorava imbragato. Soccorso immediatamente da un'ambulanza del 118 l'uomo è stato portato all'ospedale di Nuoro in codice rosso per un trauma al rachide e sottoposto ad ulteriori accertamenti.
Un fiume di sangue operaio versato sull'altare del massimo profitto capitalista di cui il governo neofascista Meloni è il primo responsabile.
Una strage operaia senza fine e in continuo aumento che dimostra il completo fallimento delle politiche antinfortunistiche varate dal governo, a cominciare dalla cosiddetta “patente a punti” il cui impianto sanzionatorio, come dimostrano i dati dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro, non è servito a ridurre di una sola unità le vittime e gli infortuni. Anzi, dopo una lieve discesa rispetto al picco del 2021, la curva degli infortuni mortali ha ripreso a salire in maniera drammatica con una impennata a gennaio 2025 del +36,4% rispetto a gennaio 2024. Mentre sono pochissime le infrazioni registrate e poco più del 2% i controlli effettuati nel corso degli ultimi 5 mesi.
Fino ad oggi la Meloni, e con lei anche il presidente della Repubblica Mattarella, sono stati capaci di versare solo lacrime di coccodrillo. Ogni volta, di fronte all'ennesima strage di operai, hanno fatto solo propaganda e dispensato belle parole ma nulla in concreto per arginare l'ecatombe.
Sono anni che viene rinviato l’Accordo Stato regioni sulla formazione e prevenzione nei luoghi di lavoro. Servirebbero interventi e investimenti mirati, aumento dei controlli, revisione dei sistemi di prevenzione in abito nazionale e regionale.
Per giustificare il suo immobilismo il governo tira spesso in ballo il fatto che non ci sono risorse. Certo non ci sono per salvare la vita alle lavoratrici e ai lavoratori mentre ci sono per le armi, per finanziare le imprese e i padroni, per aumentare gli stipendi a ministri e parlamentari, per sostenere le leggi liberticide e fasciste sulla sicurezza, ma non per tutelare la vita e la salute dei lavoratori.
Secondo un rapporto della Corte dei Conti, l'Inail ha accumulato un tesoretto di circa 42 miliardi di euro, che potrebbero essere immediatamente impiegati per migliorare la sicurezza sul lavoro e sostenere progetti di formazione più efficaci per migliorare le condizioni di vita e di lavoro e prevenire gli infortuni e gli incidenti mortali.
Ma da questo orecchio il governo neofascista Meloni è completamente sordo e perciò va additato come il responsabile numero uno degli oltre tre morti sul lavoro al giorno, più di 1200 all'anno. È complice dello sfruttamento capitalista, del caporalato che tiene in schiavitù migliaia di migranti, del lavoro nero, del precariato, del ricatto occupazionale, dei subappalti al massimo ribasso e dei padroni senza scrupoli che per aumentare i profitti negano ai lavoratori le più elementari dotazioni antinfortunistiche e violano impunemente tutte le norme di sicurezza.
2 aprile 2025