A Forlì e a Cesena
Ancora in sciopero i metalmeccanici e i lavoratori Ingo

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì
Dopo lo sciopero di 8 ore dello scorso 21 febbraio (cfr. Il Bolscevico n° 11) i metalmeccanici hanno nuovamente incrociato le braccia il 28 marzo con altre 8 ore di astensione dal lavoro a livello nazionale per chiedere la riapertura della trattativa per rinnovare il Ccnl di Federmeccanica e di Unionmeccanica Confap.
Anche nelle fabbriche della provincia di Forlì-Cesena le adesioni sono state alte: Bonfiglioli 80%, Electrolux 60%, Metalwork 90%, Celli 90%, Formec 90%, Sacmi 90%, Sacim 90%, Soilmec 90%, Ati 50%.
Presidi si sono tenuti a Forlì davanti a Confindustria Romagna e a Cesena davanti ai cancelli dell’azienda Soilmec.
Per i sindacati confederali, “Le istanze dei metalmeccanici restano chiare: definire aumenti certi ed esigibili sui minimi contrattuali, oltre l'inflazione, a tutela del potere d’acquisto dei salari; migliorare ed estendere i diritti, contrastare la precarietà ridurre l’orario di lavoro; aumentare la tutela in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e negli appalti; avere una politica industriale più chiara e di prospettiva per il settore metalmeccanico... Proseguiremo la mobilitazione e il blocco degli straordinari e della flessibilità fino al raggiungimento di un accordo che tuteli i diritti ed il salario delle lavoratrici e dei lavoratori e risponda alle loro necessità. È il momento di unire le lotte, per riaprire la trattativa, per riconquistare il contratto nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori che Confindustria vuole eliminare”.
Il 31 marzo è toccato invece ai lavoratori del call center Ingo scioperare nuovamente, dopo quello effettuato lo scorso 3 febbraio (cfr. Il Bolscevico n° 7), contro il nuovo contratto di lavoro sottoscritto da Assocontact, distaccatasi da Confindustria, e il sindacato fascista e filo-padronale Cisal, facendo così decadere il precedente CCNL delle Telecomunicazioni in favore di quello peggiorativo e che coinvolgerà almeno 6.000 lavoratori in tutta Italia, senza contare i numerosi precari con contratti di collaborazione, con il silenzio da parte delle ditte committenti e delle realtà pubbliche che si rivolgono a Ingo per i loro servizi di assistenza al cliente.
I sindacati confederali denunciano che il nuovo contratto porterà a "salari più bassi, meno tutele in caso di malattia e meno ore di permesso. In una realtà lavorativa in cui ci sono molte donne questo arretramento delle tutele pesa maggiormente, perché spesso queste lavoratrici devono occuparsi anche dei figli e devono coordinare i tempi di lavoro retribuito con il lavoro di cura".
Alle rimostranze sindacali l’azienda ha risposto che riconosce “quale unico legittimo interlocutore ai fini della stipula dell’accordo di secondo livello le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del lavoro Bpo”, cioè il sindacato fascista Cisal che, in base a quanto riportano i confederali, in Ingo non ha nemmeno iscritti.

9 aprile 2025