Le denunce delle organizzazioni umanitarie confermano il genocidio palestinese
Nuovi crimini nazisionisti a Gaza
Netanyahu bombarda Gaza, Siria e Libano. Trump bombarda lo Yemen. E insieme preparano l'aggressione all'Iran
La mattina del 2 aprile gli occupanti sionisti hanno bombardato un centro sanitario dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (UNRWA) nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza; 22 morti, dei quali 16 donne e bambini, e decine feriti. Si tratta di “un vero e proprio atto di Omicidio di Massa. L’attacco è uno dei tanti che costituiscono un modello deliberato di Massacri commessi dalle forze israeliane contro i civili palestinesi come parte di un Genocidio in corso, che dura ormai da quasi 18 mesi”, denunciava l'Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani. Il 3 aprile oltre 30 palestinesi erano uccisi e decine feriti nel bombardmento sionista della scuola Ibn al-Arqam, nella città di Gaza; altri morti e feriti nel bombardamento di un’altra scuola vicina, la “Fahd Al-Sabah”, piena di sfollati. Due episodi che per l'Osservatorio riflettono “la deliberata politica israeliana di colpire assembramenti di civili e causare vittime di massa, come parte di uno sforzo organizzato per cancellare la presenza palestinese nella Striscia di Gaza”. E che allungano la serie di crimini di guerra commessi dagli occupanti nazisionisti; l'ultimo che a fatica ha rotto la cappa propagandistica della complicità imperialista riguarda l'assassinio a Rafah degli operatori sanitari e della protezione civile palestinese del 23 marzo. L'esercito occupante aveva dichiarato di aver fatto fuoco su mezzi che “avanzavano in modo sospetto” senza fari o segnali di emergenza. Un filmato recuperato sul cellulare di una delle vittime, assassinato con un colpo alla testa, mostra che un convoglio di ambulanze e un camion dei pompieri, chiaramente contrassegnati, con fari e lampeggianti accesi, viaggiavano su una strada a nord di Rafah nelle prime ore del mattino del 23 marzo e appena si sono fermati nei pressi di una ambulanza ferma al lato della strada, un mezzo inviato in precedenza per soccorrere i civili feriti e che era stato attaccato dai soldati, sono stati a loro volta attaccati e assassinati. Il filmato, recuperato e diffuso dal New York Times
, è stato consegnato ufficialmente il 4 aprile da funzionari della Società della Mezzaluna Rossa Palestinese al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Alla denuncia appoggiata dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha risposto finora Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che al Consiglio Onu ha perorato l'avvio di un’indagine indipendente e ha affermato che l’episodio solleva “ulteriori preoccupazioni sulla commissione di crimini di guerra da parte dell’esercito israeliano”.
Le denunce delle organizzazioni umanitarie
Crimini finora impuniti. Come denunciava l'organizzazione umanitaria Euro-Med Human Rights Monitor, con sede a Ginevra, nel rapporto pubblicato il 2 aprile dal titolo “Un mondo spettatore…Domani nessuno dirà “non lo sapevo”: “Prendere di mira i soccorritori: una politica sistematica o un'eccezione?. Quanto accaduto a Rafah non è un episodio isolato ma rientra in una politica sionista di lunga data contro il personale medico in Palestina. Dall'inizio dell'aggressione a Gaza, le ONG hanno documentato la presa di mira di decine di soccorritori: più di 1.000 membri del personale medico sono stati uccisi e più di 120 ambulanze sono state distrutte, in attacchi diretti o indiretti.
Crimini impuniti… e un vergognoso silenzio internazionale. Ciò che è ancora più grave dell'attacco al personale medico è la mancanza di una risposta internazionale per porre fine a queste violazioni. Sebbene il diritto umanitario e le Convenzioni di Ginevra proteggano chiaramente gli operatori sanitari in tempo di guerra, l'entità sionista continua a ucciderli impunemente. La Mezzaluna Rossa palestinese ha inviato decine di appelli all'ONU e al CICR, ma le risposte si sono limitate a condanne verbali, mentre i crimini continuano”.
In un altro documento del 3 aprile denunciava che “I team sul campo di Euro-Med Monitor hanno documentato migliaia di crimini commessi dalle forze israeliane, che costituiscono una prova schiacciante di atrocità di massa. Questi crimini includono un modello di violenza senza precedenti nella storia recente, in termini di scala, deliberati attacchi e intento genocida”, “questi atti equivalgono a una delle campagne di sterminio più estese e sistematiche della storia contemporanea, sottolineando l'urgente necessità di responsabilità internazionale, di porre fine all'impunità israeliana e di azioni concrete per fermare ulteriori atrocità”, “ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza costituisce un genocidio su vasta scala portato avanti da un attore statale con personalità giuridica internazionale e obblighi ai sensi del diritto internazionale per proteggere i civili. Invece, Israele sta schierando i suoi apparati militari, legali, giudiziari e mediatici, e beneficiando di un'ampia protezione politica internazionale, per portare avanti una sistematica campagna di distruzione contro una popolazione indifesa sottoposta al suo regime coloniale e di apartheid. I palestinesi che vivono sotto questo regime non sono più sottoposti a esclusione, oppressione e bombardamenti intermittenti, come negli anni passati. Piuttosto, a Israele viene ora concessa la legittimità aperta per perseguire lo sterminio dei palestinesi nell'enclave, senza controllo e senza responsabilità”.
L'organizzazione chiede alla comunità internazionale di “imporre sanzioni economiche, diplomatiche e militari complete a Israele in risposta alle sue gravi e sistematiche violazioni del diritto internazionale. Ciò include un embargo sulle armi; la cessazione di ogni cooperazione politica, finanziaria e militare; il congelamento dei beni dei funzionari implicati; divieti di viaggio; e la sospensione dei privilegi commerciali e degli accordi bilaterali che forniscono a Israele benefici economici, consentendo i suoi crimini continui” e chiede l'attuazione dei mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale contro il Primo ministro e il Ministro della difesa israeliani il prima possibile e garantire il trasferimento di questi individui alla giustizia internazionale.
Sono crimini compiuti dai sionisti quelli denunciati sul social X il 5 aprile dall'UNRWA, in occasione della Giornata del bambino palestinese celebrata ogni anno, sulla base dei dati pubblicati dalle ONG palestinesi che contano 17.954 bambini uccisi dai sionisti in poco più di un anno e mezzo a Gaza. E non solo.
In un comunicato del 2 aprile l'organizzazione umanitaria MSF denunciava che “da oltre un mese nessun aiuto umanitario o camion entra a Gaza, segnando il periodo più lungo dall’inizio della guerra senza l’ingresso di camion nella Striscia e il 2 marzo, un mese fa, le autorità israeliane hanno imposto un assedio totale di Gaza. Il 9 marzo hanno tagliato l’elettricità, necessaria per alimentare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua. Un blocco totale degli aiuti e dell’elettricità che sta privando la popolazione dei servizi più basici, una vera e propria punizione collettiva”. E la Coordinatrice delle emergenze di MSF a Gaza, Myriam Laarouss, dichiarava che “le autorità israeliane hanno condannato la popolazione di Gaza a sofferenze insopportabili con questo loro assedio letale. Questa violenza deliberata inflitta ai danni alle persone è come una morte lenta, deve finire immediatamente”.
Già il 12 marzo MSF aveva condannato “con fermezza l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza che sta privando la popolazione dei servizi di base e delle forniture essenziali. Le restrizioni imposte dalle autorità israeliane bloccano gli aiuti umanitari, trasformando i bisogni fondamentali in merce di scambio” e dichiarato “basta punizioni collettive contro i palestinesi, basta al’uso degli aiuti come strumento di guerra”. Chiedeva “alle autorità israeliane di rispettare il diritto internazionale umanitario, di assumersi le proprie responsabilità come potenza occupante e di porre fine a questo disumano blocco della Striscia” e denunciava che “gli alleati di Israele hanno intenzionalmente ignorato questa grave violazione del diritto umanitario internazionale, normalizzando questa condotta”.
Il 4 aprile l'agenzia palestinese dell'Anp, Wafa, rilanciava la notizia dell'approvazione di una risoluzione che chiede la fine dell’occupazione illegale del Territorio palestinese, in conformità con il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, la revoca del blocco della Striscia di Gaza, e la condanna di Israele, la potenza occupante, per aver violato l’accordo di cessate il fuoco da parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di Ginevra durante la sua 58ª sessione. La risoluzione sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est, è stata sostenuta da 27 Paesi, mentre 4 si sono opposti, sui 47 delegati degli Stati membri dell'Onu che lo compongono, eletti a rotazione per tre anni dall'Assemblea Generale. I contrari sono stati Germania, Repubblica Ceca, Nord Macedonia e Etiopia. Fra i 16 astenuti ci sono Giappone, Corea del Sud, Francia, Olanda, Albania, Cipro, Romania e Bulgaria. Fra i paesi Ue presenti solo la Spagna ha votato a favore
La risoluzione ha affermato l’illegalità dello sfollamento forzato dei palestinesi e dell’uso della fame come strumento di guerra. Ha sottolineato la necessità di ottenere giustizia e responsabilità, invitando la comunità internazionale a far rispettare il diritto internazionale, anche interrompendo il commercio di armi con la potenza occupante. Ha chiesto di fermare tutte le misure illegali sul territorio, tra cui l’espansione delle colonie, la demolizione delle strutture e la revoca dei permessi di residenza per i palestinesi nella Gerusalemme Est; di porre fine alle politiche di discriminazione religiosa nell’accesso ai luoghi santi e nella distribuzione delle risorse idriche; la fine delle politiche arbitrarie contro i prigionieri palestinesi, sottolineando la necessità di ritenere responsabili gli autori dei crimini di guerra e di istituire un meccanismo investigativo internazionale permanente per raccogliere prove e perseguire i responsabili dei crimini commessi.
I sionisti bombardano Siria e Libano, gli Usa lo Yemen
Il 3 aprile i caccia sionisti sono tornati di nuovo a colpire in tutta la Siria, dalla capitale Damasco alle città di Daraa, Hama e Homs. Secondo i media siriani le bombe sioniste hanno distrutto il Centro per la ricerca scientifica nell’area di Barza e infrastrutture militari nelle altre città. A Homs in particolare hanno colpito nell’aeroporto militare le strutture della base aerea di Tiyas (T-4) che erano in fase di costruzione per ospitare missili contraerei e radar di difesa aerea della Turchia, sulla base di un accordo tra Ankara e Damasco.
Finora i sionisti avevano spiegato che l'occupazione di nuovi territori siriani nel Golan era dettata da ragioni di sicurezza e per la protezione delle comunità druse presenti, minacciate a dire il vero non certo dal governo siriano. Le mire sioniste sulla Siria non erano certo limitate a queste situazioni e i continui bombardamenti in tutto il paese sono ora arrivati al punto cruciale ed è caduta la maschera ipocrita di Tel Aviv. Le bombe sulle città siriane del 3 aprile sono un messaggio bellicista indirizzato ad Ankara, come reso in chiaro dal ministro degli Esteri sionista Gideon Saar che accusava la Turchia: “stanno facendo del loro meglio per trasformare la Siria in un protettorato, la loro intenzione è chiara”. A ruota il ministro della guerra e del genocidio palestinese Israel Katz, che minacciava il presidente siriano Abu Mohammad al-Jolani: “avverto il leader siriano Jolani: se permettete a forze ostili di entrare in Siria e minacciare gli interessi di sicurezza israeliani, pagherete un prezzo elevato”, “i raid di ieri sono un avvertimento per il futuro: non permetteremo che la nostra sicurezza venga minacciata”.
Il ministero degli Esteri siriano condannava gli attacchi israeliani come una “palese violazione del diritto internazionale e della sovranità della Repubblica araba siriana”, un tentativo di normalizzare la violenza contro la Siria e destabilizzare il Paese.e invitava la comunità internazionale a fare pressione su Israele affinché rispetti le norme internazionali.
All'appello rispondevano Iran, Arabia Saudita e Iraq. L'Arabia Saudita in particolare ha affermato di respingere categoricamente "i tentativi israeliani di minacciare la sicurezza e la stabilità della Siria e della regione attraverso violazioni del diritto internazionale" e invitava la comunità internazionale, in particolare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a rispondere agli attacchi mortali di Israele. Magari intanto potrebbe interrompere le per lei feconde relazioni coi nazisionisti.
Il 4 aprile i caccia sionisti colpivano di nuovo anche in Libano. Alle bombe su Beirut dei giorni precedenti seguivano quelle nel Libano meridionale sulle città di Saida, al-Naqoura e Nabatieh con molte vittime civili. Il primo ministro libanese Nawaf Salam richiamava l'importanza di applicare "la massima pressione su Israele per fermare i suoi attacchi in corso su varie aree, in particolare quelle residenziali", “prendere di mira Saida o qualsiasi altra area libanese è un attacco diretto alla sovranità libanese e una palese violazione della risoluzione 1701 e delle disposizioni di sicurezza stabilite per porre fine alle ostilità". Infatti le forze di occupazione sioniste hanno continuato a violare l'accordo di cessate il fuoco del 27 novembre scorso con oltre 2.000 violazioni registrate, tra cui attacchi su aree nel sud, nella valle della Bekaa e nella periferia meridionale di Beirut, non si ritirano dal sud del paese dove anzi costruiscono avamposti e infrastrutture per consolidare l'occupazione.
Il 3 aprile le Forze armate yemenite (YAF) annunciavano la loro risposta alla crescente aggressione degli Stati Uniti contro il paese con ben 36 attacchi aerei consecutivi su obiettivi civili in diverse aree di Sanaa, Saada e altri governatorati, causando morti e feriti. Da metà marzo i bombardamenti americani hanno causato 61 morti e 139 feriti. Aggressioni a cui le YAF hanno risposto con attacchi alla portaerei americana Harry Truman e alle sua squadra navale nel Mar Rosso settentrionale. Le YAF ribadivano che gli attacchi Usa non fermeranno il loro impegno di sostenere il popolo palestinese con gli attacchi alle navi dirette nei porti sionisti così come “all'interno dell'entità israeliana nella Palestina occupata finché l'aggressione contro Gaza non sarà fermata e l'assedio non sarà revocato”. Una posizione sostenuta dalla popolazione con manifestazioni oceaniche che si sono ripetute in diverse occasioni nella capitale Sanaa.
Le mire belliciste dei nazisionisti e dell'imperialismo americano non si fermano a Siria, Libano e Yemen ma puntano sempre più esplicitamente verso l'Iran. “Le Forze armate monitorano costantemente le minacce e gli sviluppi nella regione iraniana e si stanno preparando di conseguenza” sosteneva il nuovo portavoce dell’esercito israeliano, Efi Defferin, nella sua prima dichiarazione pubblica indicando che l’opzione di un attacco all’Iran e alle sue centrali atomiche è sempre più concreta, dopo le nuove minacce di Trump a Teheran in caso di mancato accordo sul nucleare civile. Intanto i sionisti stanno mettendo a punto dei piani di attacco assieme agli Usa, come fatto filtrare da indicsrezioni sugli esiti della visita a Tel Aviv del generale Michael Kurilla, capo del Centcom Usa, per discutere coi comandi sionisti della questioni regionali “operative e strategiche”. Intanto l'imperialismo americano trasferisce la portaerei Carl Vinson nel Mar Rosso per sostenere la già presente Harry Truman e ha spostato sei bombardieri Stealth B-2 alla base militare nell’Oceano indiano, la Diego Garcia gestita assieme agli inglesi, più vicina all'area di guerra mediorientale. E mentre il criminale Netanyahu saliva sull'aereo per l'annunciato viaggio a Washington dal sodale imperialista Trump, diventava operativa la seconda batteria antimissili balistici THAAD appena sbarcata a Tel Aviv da un aereo cargo proveniente dalla base aerea Usa di Ramstein in Germania; la seconda batteria per rafforzare il cosiddetto scudo a protezione dell'entità sionista dopo quella già inviata nell’ottobre 2024 da Biden.
La sera del 6 aprile l'artiglieria sionista bombardava il quartiere di Al-Tuffah, nella città di Gaza: 11 morti dei quali 8 bambini, molti i feriti. I caccia sionisti colpivano deliberatamente le tende dei giornalisti presso l’ospedale Nasser di Khan Younis: 1 morto e 9 feriti. Il bilancio complessivo del genocidio palestinese sale a 50.695 morti e 115.338 feriti, in gran parte donne e bambini.
9 aprile 2025