Per i femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella e di tutte le altre vittime
Un'irresistibile marea di donne inonda le principali piazze del nostro Paese
Protagoniste le studentesse. Condannato il patriarcato e il governo neofascista Meloni che strumentalizza i femminicidi per portare avanti la sua politica repressiva, razzista e anti immigrati

Gli efferati femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, le due studentesse universitarie una di Roma l'altra di Messina, appena ventenni uccise a pochi giorni di distanza, la prima dall'ex fidanzato e la seconda da un compagno di università del quale respingeva da tempo le attenzioni ossessive, hanno fatto riesplodere la rabbia di migliaia di donne con ancora vivo il ricordo del femminicidio di Giulia Cecchettin avvenuto nel febbraio del 2023, che nelle ore successive alla notizia della orrenda fine delle ragazze e su invito dei collettivi universitari, del movimento Nonunadimeno e associazioni anti-violenza, si sono riversate nelle piazze delle principali città del nostro Paese, dando vita a rumorosi e partecipati sit-in e cortei di protesta dove hanno condannato con forza il patriarcato e il governo Meloni ritenuto complice del patriarcato con le sue politiche antifemminili, repressive, razziste e anti immigrati.
La più grande si è tenuta a Roma , partita dall'Università La Sapienza frequentata da Ilaria Sula, a migliaia le studentesse e gli studenti si sono radunati sotto la stata di Minerva, simbolo dell'ateneo per poi dare vita a un importante corteo che ha attraversato le vie della capitale.
Tanta la rabbia nei confronti del patriarcato, individuato come responsabile di quella morale e concezione che identifica la donna come oggetto di proprietà e subalterna all'uomo ma anche rispetto al governo neofascista Meloni identificato come “complice e promotore del sistema patriarcale” .
Ed è proprio il governo Meloni nel mirino degli interventi fatti col megafono dalle studentesse, al presidio sotto l'università. Le giovani accusano il governo Meloni di strumentalizzare “le morti delle nostre sorelle” e di usare “dati fasulli per portare avanti la sua propaganda anti immigrazione e intanto spalanca le porte ai Pro Vita nei consultori”. Cori anche contro il ministro della giustizia Nordio per le sue parole razziste divulgate a commento dei femminicidi di Ilaria e Sara: “alcune etnie non hanno la nostra sensibilità verso le donne”.
Le studentesse si passano il megafono, condannano e criticano le politiche del governo neofascista Meloni e i suoi ministri: contro il ministro all’Istruzione Valditara e il suo partito, la Lega, contro i provvedimenti in favore delle associazioni antiabortiste. Condannano il governo per non aver promosso adeguate politiche verso l’occupazione femminile, per non aver stanziato fondi sufficienti alla creazione e all'ampliamento di asili nido e di centri antiviolenza. Le giovani esprimono la rabbia anche contro il decreto Sicurezza e il riarmo: “Ilaria e Sara sono state uccise nonostante le leggi e l’inasprimento delle pene: è un fallimento dello Stato”. “Quello che succede alla Sapienza rappresenta quello che succede fuori, in questo paese c’è spazio solo per la repressione – dice una studentessa dal megafono - e i femminicidi di Ilaria e Sara non sono isolati casi di cronaca ma la rappresentazione di un sistema malato”.
Il presidio si è trasformato poi in un combattivo e colorato corteo che dalla città universitaria si è snodato sul viale Castro Pretorio, vicino alla stazione Termini per arrivare a San Lorenzo, dove abitava Ilaria Sula.
Fra le città che hanno visto una numerosa e combattiva partecipazione di donne c'è Torino . “Per Ilaria, per Sara, per tutte noi. Che la paura cambi campo. Non ci resta che la rabbia”. A migliaia, non solo studentesse e studenti ma anche famiglie con bambini piccoli nei passeggini. “La stragrande maggioranza delle violenze di genere avviene in casa – le attiviste di Nonunadimeno dicono dalla piazza torinese - I femminicidi di questi giorni dimostrano che la violenza patriarcale è la manifestazione di un sistema strutturalmente violento che ci opprime e che viene riprodotto dal vostro 'bravo ragazzo'”. E attaccano il governo Meloni: “In questa società continueremo a morire. Non importa quante zone rosse e di polizia verranno istituiti da questo governo razzista e forcaiolo. Mentre ci importa che in nome della 'sicurezza' si criminalizzano le persone povere, si rafforzano i controlli alle frontiere e ci troviamo con centri antiviolenza sottofinanziati e senza servizi sociali adeguati”.
Una studentessa universitaria nel suo intervento accusa: “Ci si preoccupa più di una scritta su un muro che di un femminicidio. A Torino si vantano di aver aperto altri tre sportelli antiviolenza, ma sono inefficaci e ridicoli. L'ennesima dimostrazione del vostro pinkwashing (strategia di marketing che consiste nell'utilizzare in modo opportunistico simboli e temi legati all'emancipazione femminile, alla parità di genere e all'inclusione con l'obiettivo di migliorare la propria immagine senza però un sostegno reale, ndr). becero. Il rettore Geuna non si è mai schierato contro le violenze nell'ateneo”.
Dopo aver attraversato il centro città il corteo si è radunato in cerchio in piazza Castello al grido di “Trasformiamo la paura in rabbia, la rabbia in forza e la forza in lotta”. Con delle bombolette spray alcune ragazze hanno scritto sulla pavimentazione della piazza: "Non una donna morta in più".
Partecipate manifestazioni si sono tenute anche a Milano , Bologna , Firenze , Messina (città dove studiava Ilaria), Palermo , Catania e in molte altre.
Anche queste manifestazioni confermano la graduale presa di coscienza delle nuove generazioni che il patriarcato va riconosciuto e combattuto su tutti i piani.
Per “disarmare il patriarcato” (slogan coniato da Nonunadimeno, e esposto in gran parte dei cortei tenutisi in quest'occasione), secondo noi, occorrono subito delle misure adeguate in grado realmente di contrastare la strage senza fine delle donne e gli stupri e combattere concretamente la cultura borghese patriarcale e maschilista, indicate nell'editoriale de “Il Bolscevico” redatto all'indomani dell'orrendo assassinio nel novembre 2023 di Giulia Cecchettin “Fermare il femminicidio”: “Cominciando con l’istituzione di un’informazione ed educazione sessuale, all’affettività e alle differenze nelle scuole di ogni ordine e grado che non sia gestita da gruppi e associazioni palesemente omofobe, antifemminili, antiabortiste, ma che sia scientifica, democratica, rispettosa delle identità e delle differenze di genere.
Vanno potenziati, finanziati adeguatamente e diffusi in modo capillare specie nel Sud i Centri antiviolenza e le case rifugio per accogliere le donne che denunciano, contrastando la crescente pressione verso la loro istituzionalizzazione e irreggimentazione in chiave securitaria e assistenziale, spesso preda di associazioni sfacciatamente pro-patriarcali come i gruppi ProVita.
Occorre poi sollevare le donne dai lavoro domestici e di cura familiari attraverso la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari, assistenziali pubblici e diffusi specie al Sud. Dare lavoro alle donne. Un lavoro vero però, non precario, non ridotto, non part-time, non sottopagato rispetto agli uomini perché la loro piena partecipazione al lavoro produttivo e sociale è l’unica cosa che possa garantire alle donne autonomia e indipendenza economica dagli uomini e dalla famiglia.
Lo Stato borghese e tutte le sue articolazioni si vantano di essere democratiche, in realtà escludono al proprio vertice le donne. Così come fa la stessa Chiesa cattolica e il Papa che escludono le donne dal sacerdozio e dai vertici ecclesiastici. Per la prima volta in Italia vi è una Presidente del Consiglio donna, che tuttavia pretende di essere chiamata al maschile, mentre in parlamento non sono state mai così poche le deputate e le senatrici. Completamente fallimentare è stata fin qui la politica delle 'quote femminili'. Per quanto ci riguarda vi dovrebbe essere una presenza paritaria dei sessi nelle istituzioni, nel parlamento, nel governo, nelle istituzioni locali e negli organismi politici, sindacali, sociali, culturali e religiosi e così ci regoleremo certamente nel socialismo. Per ora dobbiamo continuare a rivendicarlo per mettere in discussione l’idea che il potere e i ruoli apicali nella società sono adatti solo agli uomini, mentre alle donne, salvo rare eccezioni, vanno riservati i ruoli di servizio, di cura e secondari”.
Il patriarcato e la violenza sulle donne oggi si combattono anche lottando contro il regime capitalista neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, antifemminile di Meloni, e il fatto che le studentesse nelle manifestazioni per Ilaria e Sara abbiano indirizzato la propria rabbia anche contro il governo Meloni ritenuto complice e sostenitore del patriarcato è di estrema importanza.
Esse devono insistere e acquisire ancora più consapevolezza che il governo Meloni come ha coraggiosamente affermato il Segretario generale e Maestro del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nella sua forte e magistrale relazione di valore congressuale, alla 7ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI del 30 giugno scorso: “è una dittatura neofascista in contrasto persino con la democrazia borghese. Va quindi combattuto e abbattuto senza esclusione di colpi, usando tutte le forme di lotta, legali e illegali, parlamentari e extraparlamentari, pacifiche e violente di massa. Una lotta che va portata avanti fino alle estreme conseguenze, alla guerra civile, se risponde alla volontà delle masse”.
Perciò rinnoviamo l'appello lanciato in occasione dell'8 Marzo di quest'anno dall'importante editoriale di Monica Martenghi, Responsabile della Commissione donne del CC del PMLI, rivolto alle masse femminili, alle operaie e alle ragazze anticapitaliste e rivoluzionarie, a tutti gli antifascisti, gli anticapitalisti, gli intellettuali sinceramente democratici e progressisti, al di là delle loro posizioni partitiche, filosofiche o religiose, ai sindacati, alle associazioni dei partigiani, alle organizzazioni femministe a cominciare dal movimento femminista e transfemminista Nonunadimeno, “a marciare assieme, unite e uniti, mettendo da parte temporaneamente ogni altra contraddizione secondaria, contro il regime capitalista neofascista, presidenzialista, federalista, interventista e antifemminile di Meloni.
Una volta che sarà abbattuto il governo Meloni e arrestata la marcia per il completamento del suo regime neofascista, ognuno potrà andare per la propria strada. Noi marxiste-leniniste e marxisti-leninisti continueremo la strada per far maturare le coscienze e raccogliere le forze sufficienti per dare l’assalto al cielo: fare la rivoluzione, conquistare il potere politico del proletariato, instaurare il socialismo, e avanzare verso la totale emancipazione femminile, l'abolizione delle classi e il comunismo”.
Auspichiamo che questo appello possa essere stimolo di riflessione e dibattito anche nell'imminente Assemblea nazionale di Nonunadimeno che si terrà a Genova il 13 e il 14 aprile prossimi.

9 aprile 2025