Il governo cancella il contributo per le rette di assistenza ai degenti Rsa
Dall'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e mediante successive disposizioni normative di conferma e provvedimenti attuativi mai sottoposti a revisione legislativa, l'ordinamento giuridico italiano attribuisce alle Aziende Sanitarie la copertura finanziaria delle prestazioni sociosanitarie, ivi comprese quelle socio-assistenziali, qualora strettamente connesse a trattamenti sanitari.
Tale principio assume una particolare rilevanza economica per quanto concerne l’erogazione di prestazioni residenziali di lunga assistenza, rivolte a soggetti affetti da disabilità grave o gravissima, nonché ad anziani non autosufficienti con patologie cronico-degenerative (quali, ad esempio, il morbo di Alzheimer), per i quali l’integrazione tra cure sanitarie e assistenziali risulta inscindibile.
Nonostante l’elevato onere economico derivante da tali prestazioni (le rette mensili si attestano generalmente tra i 3.000 e i 4.000 euro), la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha costantemente ribadito negli ultimi dodici anni, che tali costi debbano essere a carico del SSN e, conseguentemente, delle Aziende Sanitarie, anche qualora l’erogazione avvenga in regime di lunga assistenza. Anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che non possono esistere “diritti di salute a tempo” (Sent. 1/2020) e che ogni piano personalizzato di assistenza, anche residenziale, debba esser riconfermato via via, laddove necessario.
Nonostante le sentenze della Corte, sono continuate le reiterate contestazioni degli enti erogatori e delle Aziende Sanitarie, le quali non hanno intenzione di pagare le rette a chi non ne ha le possibilità. Contestazioni che mettono in evidenza come il SSN non sia più quell'ente che doveva garantire le cure a tutti, in maniera universale, come era stato promesso al momento della sua istituzione. Bensì un servizio che negli anni ha assunto modalità gestionali di tipo imprenditoriale (non a caso la denominazione è passata da Usl ad Asl, cioè da Unità ad Azienda), dove si accentuano le differenze tra territori e classi sociali.
L'alternativa al SSN è una copertura sociale affidata alle esigue finanze comunali, che sicuramente si rivelerebbe meno efficace, viste le restrizioni sui bilanci e la tendenza generale a tagliare fondi ai servizi sociali e sanitari. Tutt'al più si andrebbe verso un sostegno ristretto soltanto alle famiglie con Isee molto basso. Ma ci ha pensato il governo a risolvere questo contenzioso tra le Asl e la Corte Costituzionale, cancellando di fatto il dovere del SSN di sostenere l'assistenza per i lungodegenti scaricandone il peso economico sulle famiglie.
Come di consuetudine il governo infila i provvedimenti che colpiscono le masse popolari in contesti che dovrebbero trattare di tutt'altro. Stavolta Lo ha fatto nell’ambito del disegno di legge sulle prestazioni sanitarie (e sulle liste d’attesa), che attualmente pende in Commissione Affari sociali del Senato. La maggioranza ha varato un emendamento che taglia il contributo che le Regioni (titolari della gestione della Sanità) dovrebbero riconoscere ai pazienti non autosufficienti ricoverati in Rsa con patologie cronico-degenerative. Stiamo parlando di costi insostenibili per le famiglie, in media 1.600 euro al mese, circa il 50% della retta di assistenza socioassistenziale offerta dalle Rsa.
Il governo neofascista della Meloni tenta maldestramente di difendersi dicendo che l'emendamento è nato per fare “maggiore chiarezza” su chi deve sostenere il peso economico dell'assistenza. “È ora di dire basta alle continue menzogne di questa sinistra sempre più comunista” ha risposto stizzito il senatore di Fratelli d’Italia Francesco Zaffini, presidente della Commissione Sanità e Lavoro a Palazzo Madama, che ha avuto la faccia tosta di accreditare il governo in carica di grande impegno sulla sanità, quando invece proprio su questa si è toccato il minimo storico di investimenti pubblici in rapporto al Pil.
Anche l'Associazione Luca Coscioni, che si occupa dei diritti dei malati, attacca il governo, il cui intento è quello di “raccogliere l’SOS delle Aziende Sanitarie per i giudizi in corso, per fermare i quali non basta modificare le norme per il futuro” tanto che la norma è retroattiva “per impedire le “vittorie” nei Tribunali che si allineano all’indirizzo della Corte di Cassazione”.
L'Associazione sottolinea come “L’emendamento in esame solleva rilevanti questioni di legittimità costituzionale e sistematicità normativa. L’attribuzione retroattiva di un’interpretazione restrittiva degli oneri a carico del SSN rischia di compromettere il diritto alla tutela sociosanitaria di soggetti particolarmente vulnerabili, oltre a porsi in contrasto con i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. La mancata riforma organica del quadro normativo, unitamente all’intervento su una disposizione secondaria, potrebbe inoltre determinare un’accentuazione del caos interpretativo e applicativo, con conseguenti ricadute negative sia per le famiglie che per il sistema sanitario nazionale”.
Insomma, il messaggio del governo alle famiglie suona più o meno così: pagate le rette delle Rsa oppure i vecchi teneteveli a casa, che i soldi pubblici devono essere dirottati per il riamo dell'imperialismo Italiano ed europeo.
16 aprile 2025