Il decreto sicurezza fascista all'opera
Manganellati i giovani del Rave a Torino
Se ne stavano andando con le mani in alto
All'alba del 13 aprile centinaia di giovani inermi che fin dalla sera prima avevano preso parte a un rave party organizzato in un ex capannone abbandonato nel comune di La Cassa alle porte di Torino, sono stati aggrediti e manganellati da uno squadrone di poliziotti in assetto antisommossa.
A differenza di altre situazioni simili, dove tutto si è risolto col sequestro dell'attrezzatura e l'identificazione degli organizzatori, questa volta la polizia fascista di Meloni e Piantedosi non si è accontentata del sequestro del soundsystem e dell’identificazione degli organizzatori dell’evento, ma ha circondato l'intera area e blindato con decine di blindati e camionette l'unica via d'uscita trasformando il raduno in una vera e propria tonnara.
Alcuni dei circa 500 giovani che avevano preso parte all'evento si sono rifugiati nei boschi, la maggior parte invece non avendo via d'uscita è andata incontro alla celere con la mani alzate chiedendo pacificamente di poter tornare a casa.
“Adesso ve la facciamo noi la festa”, ha risposto un agente che manganello alla mano ha dato il via alle violentissime cariche. “Io stavo uscendo a piedi – ha raccontato una ragazza – quando sono iniziate le prime cariche: io e altre ragazze siamo andate verso la celere con le mani alzate, a braccetto, abbiamo detto 'vogliamo solo andare a casa', non vogliamo violenza'”. Uno di loro si è tolto il casco e mi ha urlato “vaffanculo, puttana di merda” e hanno ricominciato con i manganelli”. Diversi ragazzi sono stati manganellati e spintonati a bordo strada finché non sono caduti nella scarpata adiacente al bosco. Molti altri, anche se feriti, sono scappati via per i boschi per paura di essere identificati.
“C'erano persone molto giovani alla loro prima festa, piangevano spaventate e chiedevano di smetterla, ma niente - ha raccontato un'altra partecipante al rave - Avevamo le mani alzate, urlavamo no violenza, no violenza, ma continuavano a venirci addosso... Quando sono partite le cariche sono corsa a ripararmi in auto e sono rimasta un po’ lì. Poi ho visto una mia amica molto agitata: mi ha detto che i poliziotti le avevano preso le chiavi dell’auto mentre era in corsa e bucato le ruote”.
Una sorte toccata a tanti altri ragazzi che hanno provato ad allontanarsi in auto forzando il cordone di poliziotti i quali, per tutta risposta, hanno iniziato a manganellare anche i finestrini e gli specchietti delle auto.
Una mattanza che è andata avanti per almeno tre ore e si conclusa solo nel tardo pomeriggio con l’identificazione di circa 300 persone e il controllo di 145 veicoli.
“È la seconda volta in pochi giorni che un evento del genere, che non creava particolari problemi di ordine pubblico, viene represso in maniera violenta. Mi sembra che le scelte della questura seguano quelle del governo: aumentare la repressione di qualsiasi manifestazione sociale, culturale e politica eterodossa, indicando un sentiero che ci porta, passo dopo passo, verso un regime illiberale”, ha commentato Nicolò Bussolati, avvocato, giunto sul posto chiamato da alcuni ragazzi.
Tre settimane fa a Moncalieri, poco fuori Torino, un altro rave, si è concluso con le manganellate ed è stato poi aperto un fascicolo d'inchiesta sulla base delle denunce presentate dei ragazzi feriti. “È accaduto anche se c’era stata una chiara mediazione tra Digos e organizzazione per tutta la festa”, ha denunciato in un comunicato il Collettivo di Smash Repression che si batte “contro ogni forma di repressione del dissenso e della disobbedienza”.
Altro che “sicurezza per i cittadini”: i decreti del governo neofascista Meloni, a partire da quello contro i rave con cui ha inaugurato la legislatura a cui si è aggiunto il decreto legge “Sicurezza” varato nei giorni scorsi e già in vigore dall'11 aprile, istituiscono di fatto uno Stato di polizia come ai tempi di Mussolini e perciò vanno immediatamente affossati con la rivolta di piazza.
Il governo Meloni, come ha denunciato il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi alla 7ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI: “è una dittatura neofascista in contrasto persino con la democrazia borghese. Va quindi combattuto e abbattuto senza esclusione di colpi, usando tutte le forme di lotta, legali e illegali, parlamentari e extraparlamentari, pacifiche e violente di massa. Una lotta che va portata avanti fino alle estreme conseguenze, alla guerra civile, se risponde alla volontà delle masse… Ducessa Meloni, sappi che la lotta di classe, di cui la lotta antifascista fa parte, non ha limiti e non è condizionata dai lacci costituzionali, parlamentari, legalitari e del diritto borghesi. Non esclude, perciò, che al suo governo potrebbe accadere ciò che accadde al governo Tambroni, il primo tentativo di ritorno al potere del fascismo, che fu abbattuto dalla rivolta popolare partita da Genova nel luglio 1960”.
23 aprile 2025