Contributi
"Papa Francesco ha dato un volto umano a un potere antico, clericale, verticistico e funzionale all'ordine dominante"
di Cartesio – Napoli
“Fratelli e sorelle, buonasera”. Con queste parole, Jorge Mario Bergoglio aprì il suo pontificato nel 2013. Semplicità, dicevano. Ma ogni gesto, ogni parola, ogni simbolo, in un sistema come quello vaticano, non è mai solo umano. È politica. È potere. È strategia.
Ora che Papa Francesco è morto, all’età di 88 anni, dopo mesi di malattia e sofferenza, le reazioni del mondo ne confermano il ruolo: quello di un sovrano spirituale che ha saputo parlare alle masse mentre custodiva le chiavi del potere temporale. Ha accompagnato eventi epocali - pandemie, migrazioni, guerre - e li ha commentati con parole di pace, mentre il suo Stato continuava a essere un centro di influenza geopolitica globale.
Chi lo piange oggi come “il papa dei poveri” dimentica, o finge di dimenticare, la sostanza delle sue scelte. Bergoglio non ha messo realmente in discussione la struttura piramidale del potere ecclesiastico né la funzione storica del Vaticano come alleato delle classi dominanti. Al contrario: ha saputo rafforzarne il prestigio con un uso ad hoc della comunicazione, della misericordia, dei gesti spettacolari, come la benedizione solitaria nella piazza vuota durante il lockdown
. Simboli forti, sì, ma funzionali ad una sostanziale conservazione, nonostante alcuni come Fusaro abbiano visto in lui l'inizio dell'"evaporazione" del Cristianesimo.
La sua riforma della Curia, la ristrutturazione dello IOR, i nuovi regolamenti sul codice penale vaticano (si veda anche il caso Orlandi), la visita a Barbiana alla tomba di Don Milani: tutte operazioni apprezzabili che hanno migliorato l’immagine della Chiesa, senza però cambiarne la sua struttura di fondo. Le aperture su divorziati ed omosessuali sono state solo parziali e sempre subordinate ad una logica di controllo morale. Nulla ha scalfito il patriarcato vaticano; nulla ha realmente dato potere ai laici o alle donne.
Sul piano globale, il suo pontificato ha cercato una nuova collocazione per il Vaticano nel mondo multipolare: apertura verso la Cina, dialoghi tattici con l’Islam, solidarietà verso i rifugiati (come il gesto simbolico dei 12 profughi portati da Lesbo), presenza al G7 nel 2024. Ma questa diplomazia “dal volto umano” ha fallito nel conquistare influenza nei nuovi centri del potere religioso planetario. Ha perso la partita dell’egemonia con l’ortodossia russa, dominata da Putin, e con l’evangelismo suprematista bianco legato a Trump. Il Vaticano è rimasto confinato nei suoi territori storici, mentre il resto del mondo si riorganizza(va) in forme nuove e, spesso, più autoritarie.
Francesco ha usato parole forti sul clima, ma non ha mai indicato con chiarezza i responsabili industriali della devastazione ambientale e le cinque sorelle di Internet, a cui va aggiunta almeno Space X. Ha parlato di povertà, ma non ha mai attaccato il capitalismo come sistema e le aberrazioni della colonizzazione e della fuga su Marte di Musk, fuori da ogni etica della responsabilità. Ha detto “no” alla guerra, ma si è guardato bene dall’identificare gli aggressori. Ha denunciato gli abusi nella Chiesa, sebbene dopo anni di pressioni e scandali internazionali.
La sua “teologia del popolo” ha funzionato come barriera contro la "teologia della liberazione": ha trasformato la rabbia in obbedienza, la lotta in supplica, la giustizia in elemosina o carità. Il povero, per Francesco, non deve rivoltarsi, ma affidarsi. Non deve ribaltare il sistema, ma sopportarlo con fede. Una visione perfettamente integrabile nel capitalismo compassionevole, che ha bisogno di voci morali per tenere buoni gli sfruttati, quanto nella famosa terza via del peronismo o del socialismo del XXI secolo.
Ora, con la sua morte, si apre un conclave già blindato da lui stesso: 110 dei 138 cardinali elettori sono suoi uomini. Ha costruito la successione come ogni sovrano fa: nominando, epurando, scomunicando. Il prossimo Papa sarà scelto con rapidità, e la macchina si rimetterà in moto. Sarà beatificato, canonizzato, forse trasformato in “figurina” per l’album della "credulità collettiva".
Ma noi non dimentichiamo la verità dietro l’incenso. Papa Francesco è stato un maestro della gestione del consenso, per quanto lontano (gli va dato atto!) dal feroce anticomunismo di Wojtyla, fervido oppositore del socialismo reale. Ha dato un volto umano a un potere che resta comunque antico, clericale, verticistico e funzionale all’ordine dominante.
Lo salutano con tristezza i potenti, i moderati, i benpensanti. Noi marxisti-leninisti lo salutiamo con chiarezza: non con odio, ma con coscienza critica. Perché non basta un sorriso per rendere giusta una struttura plurisecolare. E non basta (purtroppo) una tonaca bianca per essere dalla parte del popolo.
30 aprile 2025