Ai referendum dell'8 e 9 giugno
5 SÌ
Per abrogare tre articoli del Jobs Act tra cui quello riguardante i licenziamenti
Per estendere la corresponsabilità dell'azienda committente in caso di infortunio sul lavoro nelle ditte in appalto e in subappalto
Per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza necessari ai migranti per richiedere la cittadinanza italiana
L'8 e 9 giugno 2025 si svolgeranno 5 referendum molto importanti, che toccano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e quelli di cittadinanza, una battaglia politica e sindacale rilevante che richiede l'impegno attivo di ogni democratica/o e di ogni progressista, non solo le lavoratrici e i lavoratori.
Tre referendum riguardano il Jobs Act, mirano a cancellare alcune norme della controriforma del mercato del lavoro varata nel 2015 dal governo Renzi, che ha instaurato relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano.
Il primo referendum chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a “tutele crescenti”, uno dei pilastri del Jobs Act. Se vince il SÌ vengono cancellate le norme che consentono alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore licenziato in modo illegittimo nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015. Ad oggi, nonostante alcune modifiche della Corte costituzionale, anche nel caso di licenziamento senza giusta causa, attraverso un modesto indennizzo i padroni non sono obbligati alla riassunzione. Con l'abrogazione si tornerebbe all'estensione dell'articolo 18, però nella formula già indebolita e ridotta dalla Fornero e dal governo Monti nel 2012.
Il secondo referendum riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese, puntando a eliminare il tetto massimo di sei mensilità previsto per l'indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Attualmente, nelle imprese fino a 15 dipendenti, il risarcimento per un licenziamento illegittimo è limitato tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità (fino a 14 con 20 anni di anzianità), mentre il reintegro non è praticamente previsto. Abrogando il tetto dei 15 dipendenti, si uniforma il tutto alle aziende più grandi (dalle 12 alle 24 mensilità), permettendo ai giudici di calcolare un risarcimento meno punitivo per la lavoratrice o il lavoratore.
Il terzo referendum mira a contrastare il lavoro precario reintroducendo l’obbligo per i datori di lavoro di indicare una giustificazione (causale) anche per le assunzioni a termine inferiori a 12 mesi. Non elimina la possibilità di utilizzare i contratti a termine, che adesso non hanno bisogno di motivazione, ma indubbiamente va a contrastarne l'abuso, proteggendo in misura maggiore i lavoratori, e rafforza il principio che il contratto di lavoro standard deve essere a tempo indeterminato.
Il quarto referendum vuole abrogare le norme che escludono la responsabilità dell’impresa committente. L’attuale normativa esclude la corresponsabilità del committente per gli infortuni sul lavoro collegati alla specifica attività produttiva dell’impresa appaltatrice. Se passasse il referendum di fatto verrebbe riconosciuta una responsabilità dell’azienda committente per tutte le tipologie di incidenti, sia in appalti che in subappalti.
Il quinto referendum vuole abrogare l’articolo 9 dell'attuale legge sulla cittadinanza 91/1992. Se passa questo referendum verranno ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e figlie minorenni. Non sarebbe risolutivo perché non va a modificare gli altri requisiti richiesti, ma va nella direzione di favorire l'acquisizione dei diritti da parte di chi ha origini straniere.
Il governo neofascista Meloni è schierato compatto, in tutte le sue componenti, contro i referendum, e spera che falliscano per il mancato raggiungimento del quorum.
Il Partito marxista-leninista italiano vota e invita a votare 5 SÌ. In particolare invitiamo le astensioniste e gli astensionisti elettorali a non disertare le urne, anche perché è a rischio raggiungere il quorum, e quindi la validità del referendum.
Come è noto i marxisti-leninisti sono astensionisti elettorali, sia per le comunali, le regionali e le politiche, sia per il parlamento europeo. Tutte quante elezioni che servono solo per legittimare il potere della borghesia e il capitalismo e le loro istituzioni nonché il governo e i loro partiti. Ma quando si tratta di fare delle scelte concrete su questioni specifiche come nei referendum bisogna votare SÌ o NO, oppure astenersi, a seconda di cosa riteniamo utile e giusto per il proletariato e le masse popolari. Quindi questa volta 5 SÌ.
Il PMLI parteciperà attivamente alla campagna referendaria per il SÌ, da solo e con i comitati unitari che si costituiranno sui territori. Le nostre motivazioni non collimano esattamente con tutte quelle dei promotori dei referendum, ma ciò è del tutto secondario rispetto all'obiettivo comune di far vincere il SÌ ai 5 referendum. Per esempio gli slogan della Cgil: “Il voto è la nostra rivolta” e “Votiamo sì per cambiare l'Italia” non ci rappresentano assolutamente. Per i marxisti-leninisti la rivolta sociale la si fa con la lotta di classe e non certo con il voto elettorale, e per cambiare radicalmente l'Italia ci vuole ben altro, bisogna abbattere per via rivoluzionaria il capitalismo e il potere politico della borghesia e instaurare il socialismo e il potere politico del proletariato.
Bisogna votare SÌ ai referendum sul Jobs Act e sulla sicurezza sul lavoro anche per dare un segnale forte e una risposta al governo e ai padroni, che vorrebbero cancellare i diritti e le conquiste ottenuti dal movimento operaio italiano con decenni di dure lotte, riportandolo alle condizioni esistenti nel capitalismo ottocentesco.
Bisogna votare SÌ al referendum sulla cittadinanza per dare anche un duro colpo al governo neofascista Meloni, che ha fatto della guerra ai migranti, del razzismo e della xenofobia, un proprio tratto distintivo, criminalizzando ed emarginando i migranti e i loro figli e figlie, come dimostrano i Cpr (veri e propri lager), i mancati salvataggi in mare, gli ostacoli burocratici per ottenere la cittadinanza.
VOTA E FAI VOTARE 5 SÌ!
Il Comitato centrale del PMLI
Firenze, 1° Maggio 2025