Mentre bombarda la Siria
Il governo nazisionista decide l'occupazione permanente di Gaza
Colpita da droni in acque internazionali una nave della Freedom Flotilla Coalition, l'organizzazione accusa i sionisti
Il governo neonazista di Netanyahu ha approvato all'unanimità il piano operativo presentato dal Capo di Stato Maggiore delle Idf, Eyal Zamir, per la prossima fase della guerra di aggressione nella Striscia, che include “la conquista di Gaza e il mantenimento dei territori occupati”, con lo spostamento forzato della popolazione palestinese verso la parte sud e la continuazione degli attacchi anche per impedire che Hamas possa assumere il controllo degli aiuti umanitari, che comunque restano bloccati, con l'obiettivo di "distruggere le sue capacità di governo", riportavano i media sionisti il 5 maggio. Due giorni prima, il richiamo di decine di migliaia di riservisti da parte dell'esercito, preannunciava la messa in opera dei preparativi della nuova massiccia offensiva sulla Striscia dove il criminale sionista Netanyahu vuol continuare, ancora impunito, il genocidio palestinese. Che conta 52.600 morti, per lo più bambini e donne, 118.500 feriti e decine di migliaia dispersi.
L'operazione denominata “Carri di Gedeone” dovrebbe scattare fra una decina di gioirni, alla fine del viaggio di Donald Trump in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati che termina il 16 maggio.
I nazisionisti che già occupano circa la metà del territorio di Gaza, affermano apertamente che il loro obiettivo non è solo una vittoria assoluta su Hamas ma il controllo totale della Striscia di Gaza unito alla espulsione “volontaria” della popolazione palestinese. Il progetto di pulizia etnica perseguito seppur con modi diversi da tutti i governi sionisti che si sono succeduti a Tel Aviv e accelarato nell'ultimo decennio da quelli del criminale Netanyahu.
In ogni caso la Resistenza non rimane a guardare e registra piccoli ma significativi successi come quello annunciato dalle Brigate al-Qassam il 3 maggio, con agguati che provocavano perdite ai soldati delle forze di occupazione in vari quartieri della città di Rafah; i combattenti palestinesi attiravano in un’imboscata una colonna corazzata sionista causando la distruzione di alcuni veicoli e l’uccisione e il ferimento di diversi soldati mentre altri soldati erano uccisi con una trappola esplosiva collocata all'ingresso di un tunnel che stavano ispezionando. Un altro successo era registrato dalle forze armate yemenite che il 4 maggio colpivano con un missile balistico ipersonico, che bucava il mitizzato sistema di sicurezza antimissile nazisionista, una parte periferica dell’aeroporto di Tel Aviv ma nella zona di uno dei principali terminal dei voli internazionali. L'aeroporto era stato chiuso per alcune ore. Il portavoce militare yemenita al canale al-Masirah dichiarava che le forze armate hanno anche lanciato un attacco con droni contro un “obiettivo vitale” nella città meridionale israeliana di Ashkelon e sottolineava che le forze armate yemenite lanceranno ulteriori contrattacchi contro Israele finché “la guerra contro la Striscia di Gaza non cesserà e gli aiuti umanitari non saranno autorizzati a entrare nell’enclave palestinese”. Da notare che lo Yemen è sotto attacco diretto dell'imperialismo americano che all'alba del 4 maggio aveva lanciato ben 26 raid aerei nelle province di Saada, Hodeida e Marib e altri li ha lanciati assieme ai nazisionisti il 5 maggio. L'attacco iniziato dall'amministrazione Biden prosegue senza soluzione di continuità con Trump.
Il mese di maggio è iniziato per i nazisionisti con le quotidiane operazioni militari sui profughi di Gaza, colpiti dalle bombe e dall'illegale blocco degli aiuti umanitari oramai totale da due mesi, e con la distruzione di case e attività palestinesi in Cisgiordania. Attività accompagnate da un nuovo bombardamento, il 2 maggio, nella vicina Siria dove i droni sionisti hanno colpito la zona vicina al palazzo presidenziale di Damasco dopo aver intimato alle autorità siriane di non marciare verso villaggi abitati da appartenenti alla minoranza drusa nel Sud del Paese dove per alcuni giorni si erano verificati scontri tra forze governative e miliziani drusi. "Questo è un messaggio chiaro al regime siriano: non permetteremo alle forze siriane di schierarsi a sud di Damasco né di rappresentare alcuna minaccia per la comunità drusa", dichiaravano i criminali Netanyahu e il suo ministro della Guerra, Israel Katz, autoproclamatosi gestori degli affari interni dei paesi vicini.
L'ufficio del presidente siriano Ahmed al-Sharaa denunciava gli attacchi aerei sionisti come una "pericolosa escalation", un "attacco riprovevole che riflette le continue azioni sconsiderate volte a destabilizzare il Paese e ad aggravare le crisi di sicurezza". "La Siria non comprometterà la sua sovranità o la sua sicurezza e continuerà a difendere i diritti del suo popolo con tutti i mezzi disponibili", affermava il presidente esortando gli stati arabi e la comunità internazionale a sostenere il Paese.
Nessuno degli interpellati ha detto una parola così come neanche una voce di condanna dei paesi imperialisti e dei paesi arabi reazionari si è levata dopo l'attacco di due droni alla Conscience, gestita dalla Freedom Flotilla Coalition (FFC), danneggiata appena fuori dalle acque territoriali maltesi nel Mediterraneo centrale alle prime ore del 2 maggio. L'organizzazione non governativa internazionale che stava preparando un viaggio con aiuti umanitari verso Gaza, e per questo definita fiancheggiatrice dei terroristi dalla propaganda di Tel Aviv, attribuiva l'attacco ai sionisti che facevano il pesce in barile. E il governo maltese completava l'opera di pirateria negando l'approdo in porto.
La conferma della volontà dei nazisionisti di prendere tutto il controllo su gaza era fornita dai commenti del ministro delle Finanze, Smotrich, il finanziatore dell'estensione delle colonie e dell'espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania decisa dal governo Netanyahu, che definiva il piano governativo come la conquista dell'enclave "una volta per tutte", “dal momento in cui inizieranno le manovre di terra, non ci sarà alcun ritiro dai territori che abbiamo conquistato, nemmeno in cambio di ostaggi", così “conquisteremo la Striscia di Gaza una volta per tutte. Smetteremo di avere paura della parola 'occupazione'"; il governo assumerà "il pieno controllo degli aiuti umanitari, in modo che non si trasformino in rifornimenti per Hamas" concludeva il ministro. Sul tema del controllo degli aiuti, dai resoconti della stampa sionista, risulterebbe che durante la riunione governativa che all'unanimità ha approvato l'aumento delle "operazioni militari" a Gaza il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha votato contro solo alla parte che riguardava un astruso meccanismo per la distribuzione degli aiuti, concepito per far finta di distribuirli da una non ancora identificata agenzia internazionale o aemericana ma in realtà per rimandare all'infinito la fine del blocco imposto a Gaza e oramai condannato ampiamente, a parole, dalla comunità internazionale. Il nazisionista ministro ha sostenuto che Gaza ha "aiuti a sufficienza" e anzi "le riserve alimentari presenti dovrebbero essere bombardate". Financo il capo militare dell'Idf e il procuratore generale Gali Baharav-Miara gli ricordavano che l'entità sionista è "obbligata a portare aiuti nella Striscia in base al diritto internazionale". Un esemplare scambio di battute buone per la propaganda ma che non intacca il criminale e illegale blocco sulla Striscia costruito all'unanimità dal governo nazisionista.
"L'occupazione non può essere un mediatore umanitario", denunciava l'Ufficio stampa del governo di Gaza che respingeva "il piano israeliano di distribuire aiuti attraverso di esso, in quanto forza occupante, che viola i principi umanitari e perpetua il blocco". "Questo trasforma gli aiuti da uno sforzo umanitario neutrale in uno strumento di ricatto politico e punizione collettiva", precisava la dichiarazione, “l'occupazione non può essere un mediatore umanitario; piuttosto, è la fonte e lo strumento della tragedia. Gaza non ha bisogno di altre promesse, ma piuttosto di una revoca immediata del blocco, dell'apertura dei valichi, dell'ingresso degli aiuti e del ripristino della dignità umana, che l'occupazione viola ogni ora". Una posizione condivisa e confermata dall'Onu che il 4 maggio annunciava che tutte le sue agenzie, così come le organizzazioni umanitarie non governative che operano a Gaza, avevano deciso di non collaborare con il progetto di Netanyahu perché queste organizzazioni “non parteciperanno ad alcun piano nella Striscia di Gaza che non rispetti i principi umanitari internazionali”, come quello presentato da Tel Aviv che “contravviene ai principi umanitari fondamentali ed è concepito per rafforzare il controllo sui beni di prima necessità come mezzo di pressione, nell’ambito di una strategia militare. Costringe i civili a recarsi in zone militarizzate per prendere cibo, mette a repentaglio vite umane, comprese quelle degli operatori umanitari, e rafforza ulteriormente gli spostamenti forzati di popolazione”.
l 5 maggio i nazisionisti insistevano sulla farsa dell'organizzazione degli aiuti e un funzionario governativo dichiarava che avevano appena approvato un piano israelo-americano per consentire il ritorno degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza tramite un fondo internazionale e aziende private. Un meccanismo per gli aiuti che ancora non è possibile attivare ma che sarà concentrato nelle “zone umanitarie” definite nel sud dell'area. Un progetto che guarda caso asseconda il piano di occupazione militare sionista che vorrebbe spostare la popolazione soprattutto nel sud della striscia, attirandola con il miraggio della distribuzione degli aiuti. Rigettato da Hamas con un comunicato nel quale si espirime il deciso rifiuto del Movimento di resistenza islamico all'utilizzo degli aiuti umanitari come strumento di ricatto politico o sottoposti alle condizioni dell'occupazione, sottolineando che il meccanismo proposto costituisce una violazione del diritto internazionale, un'evasione dalle responsabilità dell'occupazione ai sensi della Convenzione di Ginevra e un'estensione della politica di fame e dispersione che dà all'occupazione la piena responsabilità della crescente catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza, dove continua i suoi crimini di sterminio. Accogliendo la presa di posizione delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali, che hanno respinto qualsiasi disposizione che non rispetti i principi umanitari fondamentali, tra cui neutralità, indipendenza, umanità e imparzialità, e specificando che l'unica autorità autorizzata a gestire e distribuire gli aiuti sono le istituzioni internazionali e governative competenti, e non l'occupazione o i suoi agenti, Hamas chiedeva l'immediato e completo smantellamento dell'assedio di Gaza, con l'apertura dei valichi per consentire l'ingresso di cibo e aiuti medici, sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
7 maggio 2025