Identificati sindacalisti CGIL che diffondevano volantini per il Sì ai referendum di giugno
Il governo Meloni vuole tappare la bocca anche a chi propaganda i Sì. Uniamoci per cacciare il governo neofascista prima che sia troppo tardi

Un normale volantinaggio per la campagna referendaria davanti a un supermercato interrotto dall’identificazione della polizia. È successo ad alcuni sindacalisti della Cgil di Roma che avevano deciso di informare la popolazione sui quesiti referendari davanti a un punto vendita in via Casilina, nella zona Est della città. Nessuna attività sospetta, insomma: è stata sufficiente la promozione dei cinque referendum dell’8 e 9 giugno per essere fermati, documenti alla mano, e intimati a sospendere l'iniziativa.
La repressione del Governo Meloni nei confronti del dissenso o di chi non appoggia a tutto tondo la linea di governo non conosce limiti, e stavolta ha creato un nuovo precedente che conferma la natura neofascista dell'esecutivo, perché l'intimidazione a sindacalisti della maggiore confederazione italiana durante un volantinaggio è cosa che negli ultimi decenni non si era mai vista.
Un fatto di una gravità inaudita, che fa registrare un nuovo passo in avanti nella politica repressiva del governo Meloni poiché non si va a colpire le pur legittime azioni dal sapore “forte” degli attivisti per il clima, o i militanti dei movimenti o partiti extraparlamentari come accaduto in piazza della Signoria a Firenze a due compagni del PMLI durante le celebrazioni del 25 aprile; stavolta l'intimidazione è tutta interna all'alveo istituzionale e colpisce un sindacato che si riconosce a tutto tondo nei limiti costituzionali e repubblicani.
Eppure pare anche che non si tratti del primo caso: “Non è la prima volta che accade in questi giorni. – riporta il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola nella sua denuncia - Mentre le autorità di governo invitano all’astensione, boicottando la democrazia, c’è chi s’inventa provvedimenti per vietare e limitare la propaganda elettorale e le forze dell’ordine identificano a tappeto gli attivisti solo perché distribuiscono volantini informativi, chiedendo autorizzazioni non previste da nessuna normativa”.
“È un clima che non ci piace ma non ci lasciamo né fermare né intimidire – conclude Di Cola –. Abbiamo già scritto al questore di Roma perché è inaccettabile che praticare e far vivere la democrazia sia trattato come un problema di ordine pubblico”.
Ora, se a qualcuno, anche fra gli addetti ai lavori, pareva esagerato definire “neofascista” il governo Meloni, questo ennesimo episodio che affonda radici e legittimità nel decreto Sicurezza, dovrebbe cancellare ogni dubbio ed esortare ad un maggiore impegno per buttare giù questo nero esecutivo prima che cancelli ogni libertà democratico-borghese ancora in piedi.
Martedì 29 aprile infatti, alla vigilia del quarto sciopero provinciale dei metalmeccanici veronesi è accaduto un fatto altrettanto grave: su segnalazione della proprietà delle Acciaierie Venete, i carabinieri hanno avuto accesso allo stabilimento veronese del gruppo situato a Dolcè, per recarsi da due delegati sindacali legittimi rappresentanti dei lavoratori, impegnati nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative. I due rappresentanti sindacali sono stati identificati e interpellati sulle modalità di svolgimento dello sciopero e del relativo presidio in programma per il giorno seguente, “al fine evidente di valutarne preventivamente la legalità”.
“Prendere le generalità dei rappresentanti dei lavoratori il giorno prima di uno sciopero importante e molto sentito, è un’azione a dir poco irrituale, del tutto inopportuna e fuori luogo, mai accaduta prima d’ora nel nostro territorio”, è stata la giusta considerazione di denuncia degli organismi sindacali territoriali.
I casi dunque si moltiplicano, e le forze dell'ordine di Piantedosi calpestano ogni benché minima regola borghese; le organizzazioni sindacali hanno infatti ben nota catena di coordinamento tra i livelli confederali, le segreterie e le Rsu aziendali elette dai lavoratori, ed in occasione di scioperi e manifestazioni questa catena rimane in costante contatto con la Questura che è l’unico organo deputato a garantire l’esercizio del diritto di espressione e la tutela dell’ordine pubblico.
Saltare a piè pari tutti questi livelli corrisponde dunque ad una sporca ed illecita forzatura, anche per la stessa legge borghese, tentativo di condizionamento e di intimidazione preventiva, divenuto ormai prassi per il governo neofascista Meloni.
A noi, oltre che esprimere la nostra solidarietà antifascista a tutti i militanti ed a tutte le militanti della CGIL che sono state oggetto di intimidazione, non rimane altro che rilanciare con maggior forza il nostro appello per creare un grande e vasto fronte unito di tutte le forze politiche, sociali e sindacali antifasciste per buttare già il governo Meloni quanto prima, prima che completi il disegno presidenzialista e piduista del quale è oggi il principale artefice.
Si sveglino dunque i partiti della “sinistra” istituzionale ed i sindacati confederali antifascisti; questi avvenimenti sono campanelli d'allarme che non è più possibile ignorare.

14 maggio 2025