Da un seminario all’Università partenopea ottimi segnali
Contestato il Decreto sicurezza alla “Federico II” di Napoli
Docenti, ricercatori e studenti universitari smantellano l’impianto repressivo e securitario del provvedimento meloniano

Redazione di Napoli
Lunedì 28 aprile si è tenuta presso l’Università di Napoli “Federico II”, nello specifico presso l’edificio di Via Porta di Massa, un interessante seminario, seguito da un pubblico dibattito, in merito al Decreto legge “sicurezza”, ex DDL 1660, recentemente varato dal governo del regime neofascista di Mussolini in gonnella Meloni, all’insegna del titolo “Sorvegliare e Punire”.
Moderato da Alberto Gaudiosi, rappresentante dell’organizzazione studentesca UDU, che ha introdotto l’evento ed espresso giuste condanne nei riguardi di un decreto legge repressivo, autoritario che lede anche le semplici libertà borghesi, il seminario ha avuto come relatori il prof. Alessandro Arienzo, docente di Storia del Pensiero Politico presso la facoltà di “Lettere e Filosofia”, seguito dalla prof.ssa Francesca Scamardella, docente di Filosofia del Diritto, e dal dott. Alessio Porrino, ricercatore, entrambi provenienti dalla facoltà di Giurisprudenza.
Il prof. Arienzo ha aperto la discussione analizzando il pensiero e le riflessioni del filosofo neo-linguista ed esponente del cosiddetto marxismo occidentale, Michel Foucault, in merito alle trasformazioni del capitalismo in Occidente dal liberalismo classico, che concedeva uno spazio di relativa autonomia e apertura proprio dei principi della cosiddetta democrazia borghese, al neo-liberalismo e neo-liberismo, ovverosia un paradigma politico-economico più incline al ricorso alla repressione “dura” delle contestazioni, notando anche come, rispetto agli anni '60 e '70, caratterizzati da grandi lotte e mobilitazioni operaie e studentesche come i movimenti del Sessantotto e del Settantasette, ci sia stato nel corso del tempo un ridursi anche della coesione che caratterizzava le proteste e le opposizioni di piazza, un processo da far risalire anche e soprattutto al progressivo de-finanziamento delle scuole e delle università, oltre che alla voluta semplificazione del linguaggio utilizzato dai pubblici dibattiti e dai mezzi di comunicazione di massa, che ha portato a favorire una situazione di minore consapevolezza da parte delle masse di quanto avvenga nel mondo ad esse circostante.
Il secondo intervento, della professoressa Scamardella, ha avuto come punto focale dell’analisi il progressivo ricorso a una dimensione di “sicurezza” come priorità fondamentale all’interno del discorso demagogico e propagandistico dei diversi governanti dei Paesi occidentali, a partire da Meloni, passando per il dittatore fascista magiaro Orbàn, per la neofascista francese Le Pen e terminando con il presidente fascio-imperialista degli USA, Trump, portando come esempio principale quello dato dalle contraddizioni riguardanti i flussi migratori, tanto in America quanto nel nostro Paese, in particolare le contraddizioni tra gli immigrati di seconda e terza generazione, tra cui molti italo-americani, e i nuovi migranti provenienti dall’America Latina, con il relativo menefreghismo se non l’ostilità dei primi nei confronti dei secondi, come potrebbe dimostrare il fatto che tra i molti elettori di Trump in America vi sono stati diversi immigrati di “vecchio tipo”.
Allo stesso modo il discorso vale per le spese faraoniche tanto del nostrano regime neofascista nella sua impresa, per molti versi neo-coloniale, in Albania con i centri di detenzione (che hanno avuto come ultima vittima un povero venditore di rose, il quale, colpevole di questo crimine imperdonabile, è stato scarrozzato da una parte all’altra del canale d’Otranto), quanto per il regime fascio-imperialista di Trump con il suo muro anti-immigrati al confine con il Messico; nello specifico, l’analisi della prof.ssa ha delineato come non sia tanto il “successo” effettivo di queste imprese, ma la “percezione” che esse danno a livello demagogico e propagandistico, a permettere di capirne il vero scopo, ovverosia quello di favorire tanto nell’opinione pubblica quanto nelle opinioni dei potentati economici che sostengono i regimi capitalisti occidentali il sostegno ad una spinta sempre più “securocratica”. Ed è proprio in questo senso che il Decreto sicurezza regolamenta questo passaggio autoritario e repressivo da un punto di vista puramente giuridico e legislativo, come si può notare nelle disposizioni aggiuntive dell’articolo 415-bis del codice penale, che nei fatti criminalizza qualsivoglia protesta all’interno delle carceri come “rivolta carceraria” punibile con ulteriori pene detentive che oscillano da 1 a 5 anni per i rei, oltre che nell’introduzione di un nuovo comma nell’articolo 14 del testo giuridico che disciplina l’immigrazione in Italia, secondo il quale sono previste le medesime pene detentive nell’ambito delle proteste all’interno dei CPR, arrivando a caratterizzare come “rivoltosi” anche coloro che vengono giudicati “colpevoli” di atti di semplice resistenza passiva e non violenta.
La docente, oltre a soffermarsi sulla continua ripetizione del termine “sicurezza” all’interno delle formulazioni dei due articoli introdotti dal Decreto legge fascista, ha fatto notare come la classificazione della semplice resistenza passiva e non violenta come un atteggiamento da punire severamente faccia sorgere anche delle possibili violazioni di carattere costituzionale del decreto, tracciando dei parallelismi con le carceri-segrete di eredità medievale, feudale e assolutista, portando come esempio il caso della condanna a morte, nel 1757 nella Francia di Luigi XV, di tale Robert François Damiens, reo di aver attentato alla vita del monarca francese con una pugnalata al fianco; seguito poi dall’analisi di un testo del 1828, riportato dal già citato Foucault, che spiegava con cura di particolari come la vita all’interno delle carceri sia irregimentata e come quindi anche il cosiddetto “stato di diritto” successivo alla Rivoluzione francese, all’abolizione del feudalesimo e alla nascita dello Stato borghese conservi tali norme repressive, che sono attuate, grazie al nuovo Decreto, anche in ambito scolastico, ospedaliero e di tutto quanto concerne il controllo delle masse in nome della “sicurezza”, indicando quindi nell’ex DDL 1660 un ulteriore regresso storico in senso autoritario, liberticida e repressivo, come voluto anche dalla stessa alta borghesia che domina il capitalismo “avanzato” affermatosi in Occidente e in Italia negli ultimi 40 anni.
Ha proseguito il dott. Porrino, in video-conferenza, riflettendo su come, tanto da un punto di vista teorico quanto pratico, la trasformazione della società italiana e più genericamente occidentale in senso autoritario e repressivo con l’irrigidimento delle norme e delle leggi date dai dispositivi giuridici in senso sempre più simile alla normativa carceraria se non militaresca e poliziesca, come indicato anche dal Decreto sicurezza, sia in linea con le trasformazioni storiche e politiche in atto, che escludono sempre più l’idea di Stato di diritto come teorizzata in epoca illuministica dalla borghesia allora emergente e dai suoi maggiori esponenti quali Cesare Beccaria, che auspicava invece una trasformazione del diritto giuridico in senso “garantista”, eliminando la pena di morte, la tortura e la pregiudiziale di colpevolezza fino a prova contraria dell’imputato, con il rischio di tornare ad una situazione di tipo quasi dantesco, con un “contrappasso” secondo cui alla pena per cui l’imputato era condannato era inflitto un supplizio pari al reato commesso.
Riprendendo anch’egli le parole di Foucault, Porrino pone l’accento sul fatto che il sistema carcerario come inteso nella forma attuale dal capitalismo, lungi dall’essere un sistema “riabilitativo” volto a prevenire la recidività e a “correggere” cittadini disonesti, è invece, alla pari del sistema militaresco della caserma, volto a produrre dei “criminali di professione” separati e alienati rispetto al resto della società. Nella sua relazione, il ricercatore ha ripreso le riflessioni avviate in un primo momento già dal prof. Arienzo, andando a ribadire come nonostante quanto vogliano far credere la demagogia e la propaganda dei mezzi di comunicazione del regime neofascista, in realtà la dimensione puramente conflittuale atta a giustificare una deriva di tipo repressivo all’insegna della “sicurezza” è in questo momento storico trascurabile.
Parlando di una “controrivoluzione in assenza di rivoluzione”, il dott. Porrino fa notare come la dimensione della contestazione allo stato di cose data dai movimenti antagonisti e dalle proteste di piazza non sia per niente paragonabile ad una portata di tipo terroristico ed eversivo atta a giustificare le misure repressive e fasciste previste dal Decreto.
E’ stato dato poi avvio al dibattito aperto, cui hanno partecipato diversi studenti permettendo di riflettere anche su altri parametri per comprendere meglio il Decreto, tra cui la forte opposizione popolare, come si è osservato anche nei partecipatissimi cortei del 25 Aprile, al progetto del riarmo europeo, e alla necessità, quindi, per il regime neofascista di “compattare” il fronte interno in vista di questa nuova priorità.
Noi marxisti-leninisti salutiamo con favore questa e altre iniziative che stanno prendendo sempre più piede negli atenei, invitando a unirsi in un ampio fronte unito di opposizione al governo neofascista Meloni, al progetto di riarmo europeo e alle conseguenti aspirazioni belliciste di una possibile e sempre più vicina terza guerra mondiale imperialista.

14 maggio 2025