Il governo neofascista Meloni invita all'astensionismo per far fallire il referendum
Non diamogliela vinta. Votiamo 5 Sì
Ci hanno messo un po' prima di venire allo scoperto, ma alla fine i partiti di governo hanno deciso che per i referendum dell'8 e 9 giugno inviteranno all'astensione. È il governo nel suo insieme a propagandare questa posizione, lasciando cadere alcune remore iniziali legate al fatto che il ruolo istituzionale di molti esponenti dell'esecutivo, si doveva in qualche modo rispettare. Anzi, a fare da apripista sono state proprio queste figure, come il Ministro degli Esteri, il berlusconiano Tajani e il presidente del
Senato, il fascista La Russa. Il fatto che “Noi moderati” di Lupi indichi di votare No (ma senza tanta convinzione), non cambia l'orientamento complessivo del governo.
È partito in avanscoperta Antonio Tajani, che nell'ammucchiata governativa di fascisti e razzisti, dovrebbe appartenere all'ala più “moderata” e “liberale” della coalizione. Il capo di Forza Italia, invitando all’astensione ha detto: “Astensionismo politico”. Una posizione che ha colto un po' di sorpresa, perché arriva dall’unico esponente della destra che nei mesi scorsi si era esposto, molto timidamente, a favore di una legge che cambiasse la cittadinanza agli stranieri, rendendola più facile, legata al percorso di studi in Italia. Una posizione che avrebbe consigliato un’indicazione eventualmente per votare no, visto che sosteneva un’altra proposta, ma non l’astensione dai seggi, con il rischio di non raggiungere il quorum. Perché chiaramente questo è l’obiettivo del governo e della destra: far fallire i referendum dell'8 e 9 giugno.
Subito dopo Tajani anche il salviniano Igor Iezzi schierava la Lega: “La nostra linea è quella dell’astensione. Non è certo un segnale di disimpegno. Anzi è il massimo dell’impegno: puntiamo a fare in modo che non si raggiunga il quorum. È una posizione prevista a livello costituzionale”. Quelli di Fratelli d'Italia se ne erano stati zitti, ma sotto sotto avevano già deciso per l'astensione prima di tutti gli altri. Già il 4 maggio Fd’I aveva diffuso una comunicazione interna ai suoi parlamentari dal titolo esplicito: “Referendum, scegliamo l’astensione”. Nel messaggio si sosteneva che non recarsi alle urne rappresenti una forma di dissenso nei confronti di un’iniziativa ritenuta di parte e attribuita alla “sinistra”.
Un caso a parte quello di Ignazio Benito La Russa, il presidente del Senato che a casa sua ha un altarino con il busto di Mussolini. Il 7 maggio alla domanda se sarebbe andato alle urne aveva dichiarato: “Penso di sì, penso che andrò a votare, ci sto riflettendo, però chi non vota esercita un suo diritto di non votare” . Dopo due giorni, in un'intervista al compiacente giornalista de il Tempo
, Tommaso Cerno (ex senatore PD) ha cambiato versione dichiarando: “Io continuo a dire che ci penso, però di una cosa sono sicuro: farò propaganda affinché la gente se ne stia a casa“, giustificando la versione precedente con il fatto che “eravamo dentro il Senato e mi sono ricordato che ne ero il presidente”.
Anche il responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, si contorce per giustificare la posizione astensionista ai referendum: “È una conta interna alle sinistre, credo un po’ troppo costosa perché la fanno pagare agli italiani. Si tratta delle varie correnti del Pd che sul lavoro, dopo aver fatto il Jobs Act, sono contro il Jobs Act...... Se partecipo? Non credo che andrò a votare, non ho mai partecipato ai Congressi della sinistra. Mentre la sinistra litiga su quello che hanno fatto loro, l’occupazione è aumentata grazie al governo Meloni” e conclude, senza timore di scadere nel ridicolo: ”è aumentato anche il potere reale dei salari, rispetto all’inflazione”.
Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega si arrampicano sugli specchi nel tentativo di difendere il diritto a non andare a votare, dopo che ad ogni elezione, che siano politiche o amministrative, con il dato dell’astensione sempre più alto, si mostrano preoccupati verso il distacco delle masse dalle istituzioni borghesi. Qualcuno potrebbe obiettare che anche il PMLI, al contrario, alle elezioni propone l'astensionismo dalle urne e al referendum il voto. Ma questo ha una spiegazione chiara e le diverse indicazioni non sono in contraddizione: nel primo caso lo utilizziamo per delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi che escludono dal potere politico il proletariato, nel caso dei referendum si tratta dell'unica possibilità in cui si può esercitare la democrazia diretta (pur nei limiti di un sistema capitalistico) ed avere effetti immediati nei confronti delle leggi su cui si vota.
Nel caso del governo neofascista della Meloni invece, l'obiettivo è soltanto quello di far fallire i referendum non raggiungendo il quorum del 50% più uno dei votanti, sapendo bene che se si raggiunge il quorum, tutti i sondaggi danno per scontato una schiacciante vittoria dei SÌ. In questo caso quelli che si definiscono i difensori delle istituzioni, i paladini della “volontà popolare”, della “democrazia”, invitano a non votare, così gli italiani decreteranno la delegittimazione di questi referendum. Si dimenticano però di dire che se si applicasse il quorum anche alle elezioni, il parlamento e i governi italiano ed europeo, e molti sindaci e amministratori, non sarebbero legittimati a governare perché votati da meno del 50% degli elettori.
Il fatto è che i partiti e gli esponenti del governo neofascista della Meloni sono a favore del Jobs Act, (che 3 referendum abrogativi tendono a ridimensionare), se ne infischiano di mettere restrizioni alle aziende per tutelare la sicurezza sul lavoro, preferiscono ostacolare l’integrazione dei migranti anziché favorirla, e usano l'escamotage dell'astensionismo per invalidare i 5 referendum. Invece non dobbiamo dargliela vinta, andiamo a votare 5 SÌ ai referendum dell'8 e del 9 giugno, per dare un duro colpo al governo e ai padroni che vorrebbero cancellare i diritti e le conquiste ottenuti dal movimento operaio italiano con decenni di dure lotte, riportandolo alle condizioni esistenti nel capitalismo ottocentesco e anche per dare un duro colpo a un governo che ha fatto della guerra ai migranti, del razzismo e della xenofobia, un proprio tratto distintivo.
14 maggio 2025