A rischio carestia i palestinesi nella Striscia, un quarto alla fame
Onu e Ong contro il lager nazisionista in costruzione a Gaza

Il blocco totale imposto dai nazisionisti oltre due mesi fa mette a rischio carestia gli oltre due milioni di palestinesi della Striscia di Gaza e quasi 500.000 di loro sono alla fame, ha denunciato il rapporto pubblicato il 12 maggio dall'Integrated Food Security Phase Classification (IPC), uno strumento di analisi dell'Onu. Fra le situazioni in emergenza il rapporto prevede anche che ci siano almeno 71.000 bambini e più di 17.000 madri che avranno bisogno di cure urgenti per la malnutrizione acuta. "Le famiglie di Gaza stanno morendo di fame mentre il cibo di cui hanno bisogno è fermo al confine. Non possiamo farli arrivare a causa del nuovo conflitto e del divieto totale di fornire aiuti umanitari imposto all'inizio di marzo", dichiarava la direttrice esecutiva del World Food Programme Cindy McCain a commento del rapporto, "è indispensabile che la comunità internazionale agisca con urgenza per far affluire nuovamente gli aiuti a Gaza. Se aspettiamo che venga confermata la carestia, per molte persone sarà già troppo tardi". E i numeri del genocidio nazisionista a Gaza continuano a correre e al 12 maggio, secondo il Ministero della Salute di Gaza, siamo a 52.900 morti e 119.700 feriti; nel numero dei morti sono compresi i quasi sessanta palestinesi morti per fame nella settimana precedente.
Si moltiplicano gli appelli al cessate il fuoco e alla riapertura del passaggio della merci nella Striscia da parte dell'Onu e delle sue organizzazioni ma a quanto risulta dal circo mediatico montato dall'amministrazione americana sembrerebbe che la questione principale dei prossimi giorni sia il viaggio di Trump in Medio Oriente tra Arabia Saudita, Emirati e Qatar, definito dallo stesso presidente Usa “un viaggio storico”. Viggio che inizia il 13 maggio, presentato come foriero di una serie di mirabolanti risultati, il primo dei quali è l'accordo negoziato dagli Usa direttamente con Hamas per la liberazione di un ostaggio israelo-americano e consegnato alla Croce Rossa, un negoziato iniziato prima del Natale scorso, bloccato dal criminale Netanyahu e andato in porto nel pomeriggio del 12 maggio. Altri sono annunciati e vedremo di cosa si tratta. Facciamo intanto il punto della situazione a partire dalle cose concrete, come lo sono le bombe nazisioniste su Gaza, come quelle lanciate nella notte dell'11 maggio su una scuola femminile che ospitava sfollati, nella città di Jabalia, che causavano almeno 10 morti, tra cui diverse donne e bambini, e quelle che colpivano la mattina del 13 maggio l'ospedale Nasser di Khan Yunis.
I nazisionisti si preparano a occupare direttamente una parte della Striscia e a rinchiudere la popolazione palestinese, o almeno quella parte che “volontariamente” non deciderà di andarsene, in alcune zone ben delimitate e controllate nel sud, tra Khan Yunis e Rafah. Un documento interno dell’Agenzia per gli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha) del 6 maggio scorso dava conto in sintesi di due mesi di incontri tra organismi dell'Onu e varie ong con rappresentanti israeliani che avevano messo a punto un piano per sbloccare l'arrivo degli aiuti umanitari. O meglio per mandare avanti un finto negoziato che poteva andare avanti all'infinito mentre veniva tenuto fermo il rigido blocco della Striscia. Il progetto prevedeva la costituzione di cinque punti di distribuzione del cibo, protetti dall'esercito occupante, cona all'interno personale delel organizzazioni umanitarie o in caso di rifiuto, di personale di agenzie private, rivelava l’Ocha che illustrava così il meccanismo che i sionisti pensavano per la distribuzione: “ una o due volte al mese le famiglie palestinesi riceveranno un messaggio sul telefono che indicherà tempi e luogo di ritiro della razione. Solo il capofamiglia potrà avvicinarsi agli hub e sarà sottoposto a screening di intelligence”. In altre parole il progetto sionista si presentava come una schedatura di massa realizzata, struimentalizzando la distribuzione degli aiuti.
La divisione della Striscia in zone cuscinetto, commentava un portavoce di Oxfam, definisce zone che “possono diventare luoghi di controllo concentrati, recintati e sorvegliati, che rievocano dei periodi molto bui della storia recente”. E tutto il progetto sioniita è da respingere,per le agenzie Onu, le ong e finanche i filosionisti a prova di bomba come gli Emirati Arabi, “è inaccettabile perché spazza via i principi di umanità, neutralità e imparzialità seguiti per le altre crisi umanitarie, gli aiuti vanno dati in base al bisogno senza discriminazioni”. Bocciata anche la versione americana del piano che nella sostanza si distingueva nello scegliere per la distribuzione altre agenzie private o ong farlocche costituite ad hoc come la Gaza Humanitarian Foundation, nata a Ginevra appena tre mesi fa e sponsorizzata dall’ambasciatore americano a Tel Aviv, Mike Hukabee.
Un aspetto del genocidio palestinese attuato dagli impuniti nazisionisti era messo in evidenza in un comunicato stampa diffuso domenica 11 maggio dall'Osservatorio euro-mediterraneo, l'Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, che denunciava come l'esercito di occupazione abbia ucciso attraverso bombardamenti diretti sulla Striscia di Gaza, una media di 21,3 donne al giorno dall'ottobre 2023; ovvero circa una donna palestinese ogni ora, senza contare le altre donne morte a causa dei crimini del blocco, della fame e della mancanza di assistenza medica, che non sono documentati nelle statistiche.
L'Osservatorio euromediterraneo invitava tutti gli Stati, individualmente e collettivamente, ad assumersi le proprie responsabilità legali e ad agire immediatamente per porre fine a tutti gli atti del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza, ad adottare tutte le misure concrete per proteggere i civili palestinesi, a garantire che Israele rispetti le norme del diritto internazionale e le decisioni della Corte internazionale di giustizia e a garantire che sia ritenuto responsabile dei suoi crimini contro i palestinesi. Chiedeva che i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale contro il Primo Ministro e il Ministro della Difesa israeliani siano eseguiti al più presto e che i due criminali siano sottoposti alla giustizia internazionale, senza compromettere il principio di non immunità dai crimini internazionali. Esortava infine la comunità internazionale a imporre sanzioni economiche, diplomatiche e militari a Israele per le sue sistematiche e gravi violazioni del diritto internazionale, tra cui il divieto di esportare o acquistare armi in Israele, la sospensione di tutte le forme di sostegno politico, finanziario e militare, il congelamento dei beni dei funzionari coinvolti in crimini contro i palestinesi e nella loro istigazione, un divieto di viaggio nei loro confronti, nonché la sospensione dei privilegi commerciali e degli accordi bilaterali che forniscono a Israele benefici economici che gli consentono di continuare a commettere crimini contro i palestinesi.
Seguivano alcune condanne, a parole, del blocco di Gaza e dei progetti sionisti da parte di vari leader imperialisti, a cominciare dal presidente francese Macron che definiva “inaccettabile il comportamento di Israele che non rispetta il diritto umanitario e intende sfollare la popolazione civile”; seguivano il premier britannico Keir Starmer, “la situazione è sempre più intollerabile, sono preoccupato dalla mancanza di aiuti”, e l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, “il governo di Israele mira a infliggere ai palestinesi condizioni di vita sempre più incompatibili con la possibilità di continuare un’esistenza a Gaza come gruppo”. Vergognosi i silenzi palesemente complici della neofascista Meloni che lasciava al valletto Tajani di balbettare “sosteniamo il progetto egiziano per la ricostruzione di Gaza e la soluzione dei due popoli e due stati”. In ogni caso nessun governo imperialsita europeo muove un dito e tutti stanno a guardare di fronte al genocidio palestinese. E buon ultimo arrivava il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier che il 12 maggio dichiarava che "il blocco alle forniture di aiuti umanitari e medici deve essere rimosso, non a un certo punto, ma ora" e lo diceva di fronte al
il presidente sionista Isaac Herzog in visita a Berlino. Benissimo, allora la Germania che è il primo partner europeo commerciale dell'entità sionsita ha più di una leva per fare pressione, ma finora nulla. Anzi da diversi anni, persino prima dell'ottobre 2023, in Germania vige il divieto di manifestare nei giorni della Nakba e in altre ricorrenze a favore dei palestinesi, e dal 10 ottobre 2023 scattava il divieto di mostrare la bandiera palestinese in strada, di portare la kefya e altri simboli palestinesi nelle scuole oltre al divieto di manifestazioni in solidarietà della Palestina. Il nuovo cancelliere democristiano Merz, la neofascista Meloni e il laburista britannico Starmer, che partecipa ai bombardamenti sullo Yemen assieme a Trump, si giocano il podio in Europa del miglior alleato dei nazisionsiti nel genocido palestinese.
La giornata del 12 maggio si chiudeva sul fronte dei Gaza con il comunicato delle Brigate Al-Qassam nel quale si affermava che il rilascio del detenuto israeliano-americano segue numerosi contatti con l'amministrazione americana nell'ambito degli sforzi dei mediatori per raggiungere un cessate il fuoco e consentire l'ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Il Movimento di Resistenza Islamico dichiarava di aver dimostrato grande positività e flessibilità durante questi contatti, che negoziati seri e responsabili portano a risultati e consentono il rilascio dei detenuti invece di prolungare le loro sofferenze che potrebbero ucciderli. Aggiungeva di essere pronto ad avviare immediatamente i negoziati che porteranno alla cessazione completa e permanente della guerra, al ritiro dell'esercito di occupazione, alla fine del blocco, allo scambio di detenuti e alla ricostruzione della Striscia di Gaza e esortava il presidente degli Stati Uniti Trump a proseguire gli sforzi per fermare la brutale guerra condotta dal criminale di guerra Netanyahu contro i bambini, le donne e i civili palestinesi a Gaza.

14 maggio 2025