Lettere
La fedeltà senza cedimenti dei suoi figli rende immortale Stalin
Il n. 19/2025 de "Il Bolscevico", fra i vari articoli di spessore, ci ha regalato le intense parole di uno dei figli di Stalin imprigionato dal successore del padre.
Il coraggio di Vasilij Stalin nel difendere a viva voce la memoria del padre, plausibilmente avvelenato e di sicuro calunniato, incarna l’inviolabile vincolo tra sangue e verità, proprio come la storia di Jakov ci insegna che chi è figlio di un condottiero non scende a compromessi con i traditori. Vasilij, rinchiuso in carcere da Chruščëv per aver osato denunciare i responsabili dell’omicidio del “Grande Leader”, dichiarò senza esitazione: “Non posso rinunciare a mio padre… Non c’è nulla da condannare nel suo operato, ma chi lo ha avvelenato e screditato deve essere giudicato dal tribunale comunista internazionale”.
Analogamente, il giovane Jakov - militare dell’Armata Rossa e prigioniero a Sachsenhausen - scelse di non piegarsi né di accettare scambi con gerarchi nemici, come aveva fermamente sostenuto il padre Iosif, preferendo correre verso la recinzione elettrificata piuttosto che tradire il proprio sangue e il Partito bolscevico.
Questa eredità di integrità, trasmessaci dai discendenti diretti di Stalin, è il monito più vivace contro ogni revisionismo che vorrebbe eclissare il ruolo decisivo dell’URSS nella sconfitta del nazifascismo: Vasilij rimprovera con fiero sdegno chi, dopo aver magari smembrato il corpo di suo padre dal Mausoleo, sogna di far dimenticare al popolo le vittorie dell’Armata Rossa e rifiuta l’oblio, reclamando la memoria di Stalin "nelle sue grandi azioni, non nelle menti di un misero gruppo di traditori".
Come il “capitano Monti” di Tovena - che secondo l’ipotesi più avvincente era proprio Jakov sotto falso nome, morto da partigiano il 6 febbraio 1945 - testimonia che il sangue del rivoluzionario scorre tra le montagne venete, insegnando la resistenza autentica, senza cedere a violenti ricatti, Vasilij ci ricorda che la lotta per la verità non tollera mezze misure. Il suo appello a non “credere a nessuno”, se non a chi difende la memoria del padre, e la sua invocazione affinché la “corte della storia” condanni gli assassini di Stalin risuonano come un canto partigiano che non ammette silenzi né obbedienze spurie.
In queste parole risuona l’essenza di una fedeltà senza cedimenti: quella che rende immortale il ricordo di chi ha spezzato le catene del nazifascismo e non ha mai barattato il proprio nome con l’indulgenza dei vincitori. Che il coraggio di Vasilij e l’ombra eroica di Jakov-Monti ci spronino oggi a custodire la verità storica con lo stesso ardore, rifiutando ogni amnesia imposta dai signori del potere.
Cartesio - Napoli
21 maggio 2025