Contributi
Le trite speculazioni trotzkiste di Canfora sul cosiddetto “Testamento di Lenin”
di E. G.
Il PMLI, nel 2004, in "Stalin, La vita e l'opera" (Firenze, PMLI, 2004) aveva chiarito il problema del cosiddetto "Testamento di Lenin". Ora, a distanza d 21 anni, sul problema torna, a modo suo, il filologo classico e storico Luciano Canfora, che dalla sua ha un vera e propria gimkana politica: passato dal PDUP all'allora PCI, nel 1988 aveva optato per la "terza mozione" di Cossutta all'epoca della "svolta della Bolognina", transitando poi per "Rifondazione Comunista", era stato candidato alle elezioni europee del 1999 per il "Partito dei Comunisti italiani", risultando non eletto, definendosi infine "comunista senza partito" e semplicemente "internazionalista".
Il libro, recentissimo, si chiama, senza mezzi termini "Il Testamento di Lenin" (Milano, CRS, Mediagroup SpA, i Libri del "Corriere della Sera", sic). Oscillando tra un trotzkismo di fondo (notevole il suo interesse, che è una vera passione storico-politica, per Antonio Gramsci, non a caso) e qualche ritorno di fiamma per Stalin, che nel 1994 aveva definito "altamente positiva" l'opera, definendola però "ditttatura" (sic!), contrapponendola, quasi in un gioco di specchi, alla figura di Gorbaciov, allora in auge presso i reazionari europei e nordamericani. Citando varie fonti dell'epoca a proposito del famoso "Testamento di Lenin", insistendo naturalmente sulle definizioni di Stalin che si trovano in quel testo, citando anche ampiamente l'autobiografia di Trotzky, Canfora inizia subito presentando il libro, che nella seconda parte raccoglie gli articoli di tale Salvatore Aponte, all'epoca del "Testamento" (scritto tra fine dicembre 1922 e gennaio del 1923), non a caso per il "Corriere della Sera", imprenditore o sedicente tale, parlando di "figure carismatiche che si succedono nella storia dell'URSS", tra l'altro bypassando completamente, anzi ignorando totalmente il materialismo storico: "Stalin subentra a Lenin, che pure ne aveva suggerito la rimozione" (op. cit, p.9 - Presentazione) e l'affermazione, a parte il fatto che viene calata dall'alto e imposta al lettore, contrasta totalmente con la verità storica come ampiamente dimostrato dal bel volume del nostro Partito, citato all'inizio, ma naturalmente mai citato da Canfora, che invece saccheggia ampiamente Max Eastman, il primo editore-curatore del presunto "Testamento", non a caso fervente trotzkista.
Ma la parte anche politicamente più grave del libro, scritta interamente da Canfora, è quella in cui spudoratamente crede di rilevare simpatie del regime fascista e dei suoi organi di stampa per il Maestro Stalin, Maestro peraltro sempre in piena continuità con l'opera di Lenin. Cita come giornali di regime "Il Popolo d'Italia", "Il Secolo d'Italia" ma anche il "Corriere della Sera" e rileva, in questo caso a ragione (unico suo merito e unica osservazione veritiera nel libro), che gli insulti rivolti a Trotzky, Kamenev e Zinovev (tutti di origine ebraica) sono di stampo razzista, dato che il fascismo, anche prima di accodarsi al nazismo, era già intrinsecamente razzista - ma questo Canfora non lo rileva... Che però tutta la stampa fascista avesse un "tono spiccatamente ostile verso Trotzky e Zinovev" (op. cit, p.78), non è assolutamente vero, anzi il più volte nominato (anche perché tutta la seconda parte del volume è sua) Salvatore Aponte non perde l'occasione di rilevare ad ogni piè sospinto l'intelligenza e la capacità organizzativa di Trotzky, pur se ne rileva la mancanza di senso pratico.
Ma ecco poi il "jolly" del libro: la terza parte è composta da scritti di Trotzky, intitolati "I piatti piccanti della cucina di Stalin", redatti tra il 26 febbraio 1929 e il 5 maggio dello stesso anno (quello dell'esilio del revisionista-traditore dell'URSS) per l'Agenzia americana (come volevasi dimostrare) "Current New Features" e pubblicate in italiano dal "Corriere" che ne ebbe l'esclusiva. E nella nota introduttiva agli scritti di Trotzky Canfora dà il "meglio di sé", con lodi sperticate al "Giuda" Trotzky, "la cui superiorità letteraria su Stalin è indiscutibile" (Nota citata in op. cit., p.223). E il "top" arriva dopo, quando lo storico revisionista Canfora cita una dichiarazione di Alcide De Gasperi resa il 23 luglio 1944 al Teatro Brancaccio di Roma: "I sabotatori (ossia i revisionisti trotzkisti) non erano truffatori volgari ma vecchi cospiratori idealisti che affrontavano la morte piuttosto che adattarsi a quello che per loro era un tradimento del comunismo" (da De Gasperi, Scritti politici, Roma, edizione Cinque Lune, 1956, pp.17-18). Da che pulpito, vien da dire!
C'è poi, appunto, la raccolta degli articoli di Trotzky, oscillanti tra vanagloria e vittimismo, con le consuete offese a Stalin, ma poi parla di "piatti avvelenati della cucina di Stalin", calunniando in tal modo Lenin, cui attribuisce tale definizione, falsando in tal modo completamente il cosiddetto "Testamento" del Maestro, cui fa dire ciò che non ha mai detto.
Che un libro simile esca ora, in particolare sotto l'egida del "Corrierone" è un sintomo del fatto che il revisionismo, che purtroppo si è affermato e continua ad affermarsi, moltiplicando il culto del suo principale esponente, Lew Trotzky, ha trovato ancora una volta un interprete disposto a prestarsi a un gioco così vergognoso.
21 maggio 2025