Sulla spinta della linea revisionista, capitolazionista e riformista di Ocalan
Il PKK si scioglie e abbandona la lotta armata
“Il Manifesto” trotzkista esulta. Erdogan giudica “storico” lo scioglimento del PKK

Come richiesto dal suo leader Ocalan lo scorso 25 febbraio dall’isola prigione turca di Imrali, dove è recluso in isolamento da 26 anni, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) si è sciolto, abbandonando la lotta armata per l’indipendenza curda. L’annuncio è arrivato il 12 maggio: “Il dodicesimo congresso ha deciso di sciogliere la struttura organizzativa del PKK e di porre fine alla sua lotta armata. Il PKK ha compiuto la sua missione storica”. Così recita il comunicato dell’ultima assise dei 232 delegati, tenutasi dal 5 al 7 maggio in due sedi diverse per motivi di sicurezza, per porre fine a oltre 40 anni di resistenza armata del popolo curdo costata 40 mila morti, e invitare quell’eroico e martoriato popolo ad integrarsi “democraticamente” nella Repubblica turca. All’agenzia di stampa curda Firat il compito di rendere note le modalità con cui verrà sciolto il PKK, in tre fasi e sotto l’egida delle Nazioni Unite. In una prima fase, verrà pianificato nel dettaglio l’abbandono delle armi: i primi battaglioni a deporre le armi saranno quelli dell’Iraq del nord, nelle province di Duhok, di Erbil e di Seyid Sadik. Poi si passerà alla distruzione di campi di addestramento, depositi di armi, tunnel e rifugi che dovrebbe essere delegata all’esercito turco. Il processo dovrebbe avvenire sotto gli occhi di osservatori internazionali e dell’ONU.
La capitolarda fine del PKK e con esso l’aspirazione all’indipendenza del Kurdistan hanno un nome e cognome, Apo Ocalan e i suoi accoliti revisionisti e riformisti, che hanno abbandonato il marxismo-leninismo e il socialismo per abbracciare il Confederalismo anarchico e femminista, illudendo il popolo e cancellando l’eroica memoria di decine di migliaia di combattenti. L’”idea politica rinnovata”, denominata nel comunicato finale “socialismo della società democratica” si esplica in “una visione antigerarchica, femminista, ecologista e municipalista, che rifiuta tanto lo Stato-nazione quanto il socialismo statalista. La centralità del territorio, la parità di genere, la giustizia ecologica e la governance locale diventano i nuovi cardini”. La decisione dello scioglimento prevede l’inizio di un nuovo percorso di lotta politica non armata “insieme a tutte le organizzazioni e persone socialiste rivoluzionarie presenti in Turchia”. Nello stesso comunicato finale, il PKK sogna e vaneggia, specificando che l’obiettivo di “una Turchia totalmente indipendente” sarà realizzato con l’unione del popolo curdo e di quello turco.
“Il nostro popolo – si legge altresì - capirà la dissoluzione del PKK e la fine della lotta armata meglio di chiunque altro e abbraccerà i doveri di questa era. Le nostre persone onorevoli, che si sono unite al percorso della leadership e del PKK per 52 anni a caro prezzo, resistendo alle politiche di negazione, annientamento, genocidio e assimilazione, sosterranno la pace e il processo della società democratica in modo più consapevole e organizzato. È di vitale importanza che il nostro popolo, guidato da donne e giovani, costruisca le proprie auto-organizzazioni in tutti i settori della vita, si organizzi sulla base dell’autosufficienza attraverso il loro linguaggio, identità e cultura, diventi autodifensiva di fronte agli attacchi e costruisca una società democratica comunitaria con uno spirito di mobilitazione. Su questa base, crediamo che i partiti politici curdi, le organizzazioni democratiche adempiranno alle loro responsabilità per far avanzare la democrazia curda e la nazione democratica dei curdi. Con l’eredità della nostra storia di libertà, lotta e resistenza e le decisioni del dodicesimo Congresso del PKK, il percorso politico democratico si svilupperà più fortemente e il futuro dei nostri popoli progredirà basato sulla libertà e l’uguaglianza. I poveri e i lavoratori, tutti i gruppi religiosi, le donne e i giovani, i lavoratori, i contadini e tutti i segmenti esclusi affermeranno i loro diritti e svilupperanno una vita comune in un ambiente giusto e democratico. Chiediamo a tutti di unirsi al processo di pace e di società democratica. La decisione del nostro Congresso di sciogliere il PKK e porre fine al metodo della lotta armata offre una solida base per una pace duratura e una soluzione democratica”.
Infine, l’autosciolto PKK pretende dallo Stato fascista turco che sia il leader storico Abdullah Öcalan a guidare il nuovo processo, vi siano le basi giuridiche per fare nuovi passi e si apra “spazio per la politica democratica”. Il comunicato si conclude con un desiderio irrealizzabile: costruire “una società democratica che punta sul socialismo”.
Ocalan ha accolto con favore la decisione del gruppo di dissolversi in linea con il suo appello a febbraio. “Saluto rispettosamente le decisioni prese in questo storico dodicesimo Congresso e i messaggi riguardanti il periodo a venire” ha affermato dalla prigionia in un messaggio consegnato il 13 maggio dai suoi avvocati.
Se nel nostro Paese a esultare sono in particolare trotzkisti e anarchici, “Il Manifesto” ha pubblicato due pezzi, “Il Pkk ha compiuto la sua missione”: fine della lotta armata, “Una rivoluzione democratica e la pace possibile”, in cui è chiara la soddisfazione per la svolta revisionista, capitolazionista e riformista di Ocalan e il suo approdo alle teorie anarco-trotzkiste del suo maestro americano Murray Bookchin, da Ankara si invita alla prudenza senza abbassare la guardia. Ömer Çelik, il portavoce del partito di governo, AKP, ha specificato che lo scioglimento deve riguardare tutti gli organi del PKK e che il processo sarà monitorato da vari apparati dello Stato”, mentre il leader fascista Recep Tayyip Erdogan ha definito “storica” la decisione del PKK di sciogliersi, considerandola “un passo importante per la sicurezza nazionale e la fratellanza del popolo”. Ha elogiato il ruolo delle forze di sicurezza, delle famiglie delle vittime e dei curdi colpiti dal “terrorismo” e assicurato che i servizi segreti seguiranno il processo. Al tempo stesso ha chiuso la porta a qualunque rivendicazione di autonomia curda all’interno della Turchia: la dissoluzione del PKK, ha affermato, non porterà a concessioni, decentramenti o “modelli federali che intacchino la struttura unitaria del Paese”.
Erdogan ha altresì allargato il discorso, affermando che “Consideriamo la decisione del PKK di disarmarsi come una che includa anche i suoi affiliati, in particolare in Siria e in Europa, insieme al nord dell’Iraq”.
Per il partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (DEM), filocurdo, il terzo nel parlamento turco, “Oggi stiamo assistendo a uno dei punti di svolta più significativi nella storia recente della Turchia. Con le storiche decisioni del Congresso del PKK, siamo un passo avanti verso la pace dopo cinquant’anni di conflitto. Questo passo segna la rinascita e la crescita della pace e della politica democratica nel cuore delle nostre antiche terre”. Hanno espresso soddisfazione, tra gli altri, per “la svolta storica”, il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, e i ministri degli Esteri di Giordania e Siria. Da Bruxelles, il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri, Anouar El Anouni, ha auspicato “l’avvio di un incredibile processo di pace che miri a una soluzione politica alla questione curda” e invitato “tutte le parti a cogliere l’attimo e ad avviare un processo inclusivo basato sul dialogo e sulla riconciliazione”.

21 maggio 2025