Emergenza umanitaria nella Striscia
Il nazisionista Netanyahu rilancia il piano di pulizia etnica di Trump per Gaza
Fame e bombe le armi del genocidio palestinese
Alle prime ore del 26 maggio i caccia nazisionisti bombardavano la scuola Fahmi Al-Jarjawi, nel quartiere Daraj della città di Gaza, piena di rifugiati che dormivano. Il primo bilancio parla di oltre 50 morti e diverse decine di feriti fra i quali molti bambini. Al primo attacco ne sono seguiti altri due contro i superstiti in fuga e i soccorritori. Il bollettino dell'esercito occupante lo qualificava come un attacco contro un edificio che sarebbe stato un punto di osservazione della Resistenza palestiniese, un "un edificio chiave che ospitava militanti di Hamas che operavano nel palazzo facendosi scudo coi civili”. Nello stesso momento altre bombe sioniste cancellavano sempre a Gaza City l'abitazione di una famiglia, 15 morti; altri 19 erano i morti sotto le bombe a Jabalia. Attacchi aerei e raffiche di artiglieria hanno colpito in tutta la Striscia case, tende e rifugi civili proseguendo la sistematica campagna di sterminio dei nazisionisti contro la popolazione palestinese. Il bilancio stilato dal ministero della Salute di Gaza al 26 maggio registra 53.977 morti e 122.970 feriti.
A Gaza è emergenza umanitaria per la popolazione palestinese a causa dei nazisionisti che dopo aver bloccato del tutto l'arrivo degli aiuti hanno da alcune settimane intensificato i bombardamenti su ospedali, scuole, case e tendopoli dove hanno costretto i profughi a spostarsi, in preparazione dell'occupazione militare di almeno tre quarti della Striscia. Fame e bombe sono le parti strettamente unite e determinanti della politica di genocidio e di pulizia etnica di tutta la Palestina nel progetto sionista iniziato 77 anni fa e che l'attuale governo di Tel Aviv vuol portare a termine, con l'immancabile contributo sostanziale dell'imperialismo americano e l copertura dei paesi imperialisti occidentali. La questione di Gaza è certamente umanitaria, come denunciato da tempo da tutte le organizzazioni Onu e internazionali, quegli organismi che lavorano a sostegno dei profughi plestinesi e che sono stati cacciati fuori dalla Striscia dall'esercito sionista occupante che non vuole testimoni diretti ai suoi nuovi crimini, oltre a quelli già riconosciuti dalla Corte penale internazionale che ha emesso mandato di cattura contro il boia sionista Netyanyahu. Nel contempo è una questione politica, anzi è soprattutto politica e riguarda il rispetto dei diritti inalienabili del popolo palestinese cancellati dai sionisti con atti che vanno dalla Nakba di 77 anni fa all'attuale genocidio e pulizia etinica a Gaza e in Cisgiordania.
Si fermano solo alla questione umanitaria, peraltro finora negata, persino strenui difensori della causa sionista. Cominciamo dal ministro degli Esteri Antonio Tajani che il 25 maggio dichiarava anzitutto “siamo amici di Israele” e dopo “ma diciamo 'ora basta' guerra, ora è il momento di fare la tregua" sciorinava il consueto repertorio di citazioni, ricavate con pochi sforzi dalla propaganda di Tel Aviv, a favore dei suoi camerati nazisionisti : “Israele ha vinto la guerra contro Hamas e ora la popolazione civile di Gaza sta soffrendo troppo", come dire che fino alla settimana scorsa soffriva “normalmente” e andava tutto bene. In ogni caso ripeteva, icome sempre n sintonia coi nazisionisti, che la colpa del massacro palestinese era comunque di Hamas, "la trappola di Hamas ha trascinato Israele in una guerra che la popolazione civile sta pagando", "Hamas ha un'enorme responsabilità rispetto al proprio popolo, che sta usando come scudo umano" e solo alla fine aggiungeva "Israele comprenda che c'è un diritto umanitario internazionale che va sempre rispettato". Vergognoso.
Lo stesso giorno il nuovo cancelliere tedesco Friederich Merz dichiarava che “il livello attuale degli attacchi israeliani su Gaza non è più giustificabile con la necessità di combattere Hamas”, finora il massacro palestinese evidentemente era del tutto giustificato, e infatti anche il predecessore socialdemocratico Sholz non perdeva occasione di ribadire l'appoggio ai nazisionisti.
Prima dei due principali sostenitori del regime nazisionista di Tel Aviv, l'Italia delle nuofascista Meloni e la Germania del democristiano Merz, dopo l'imperialismo americano da Biden a Trump ovviamente, altri segnali erano stati la dichiarazione congiunta del 19 maggio di Regno Unito, Francia e Canada che condannava l’espansione delle operazioni militari israeliane e la proliferazione degli insediamenti illegali in Cisgiordania, minacciava non precisate contromisure e lasciava intendere persino un possibile riconoscimento dello Stato palestinese. Seguita dalla proposta di rivedere l’accordo di partenariato con Israele da parte della Ue, approvata il 20 maggio da una maggioranza di 17 paesi al Consiglio dei ministri degli Esteri che a dire il vero nella prima stesura della proposta avanzata dall'Olanda prevedeva la sospensione immediata; con la Lettonia astenuta si sono registrati nove voti contrari, Ungheria, Croazia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Repubblica Ceca, Lituania, e ovviamente la Germania e l'Italia, rappresentata da un sottosegretario e non dal ministro Tajani. Obiettivo della dichiarazione Ue era “sbloccare gli aiuti umanitari, la situazione è catastrofica, salvare vite umane deve essere la nostra massima priorità”, precisava l’Alta Rappresentante Ue, Kaja Kallas. Lo stesso giorno il premier britannico Keir Starmer dichiarava che “quanto stiamo vedendo a Gaza è inaccettabile, assolutamente intollerabile. Non possiamo permettere che i palestinesi muoiano di fame. Siamo inorriditi dall’escalation israeliana”, anche se poi decideva solo di adottare altre sanzioni contro i coloni per gli assalti in Cisgiordania, del tutto inoffensiva, e di interrompere le trattative per la revisione del trattato di libero scambio con Israele, il vecchio comunque resta.
Meglio poco e tardi che mai recita un proverbio, ma in ogni caso al momento non ci sono conseguenze per i nazisionisti che infatti rispondevano il 26 maggio con l'avviso trasmesso in lingua araba dal portavoce dell'esercito occupante dell'ordine di evacuazione immediata dei residenti dei quartieri di al-Qarara, Bani Suheila e Abasan della città meridionale di Khan Younis verso la zona di al-Mawasi, a ovest. Gli ospedali Nasser e al-Amal, peraltro già quasi del tutto demoliti dalle bombe sioniste, sono stati esclusi dall'ordine di evacuazione. L'esercito sionista confermava di voler avviare un'operazione militare "senza precedenti" contro la Resistenza nell'area di Khan Younis, un'operazione già preannunciata da settimane di intensi bombardamenti.
Alle “pressioni” dei paesi imperialisti europei aveva già risposto il regime di Tel Aviv permettendo il 21 maggio l'ingresso a Gaza di una novantina di camion carichi di aiuti delle Nazioni Unite, alcuni dei quali subito saccheggiati dalle bande organizzate e protette dagli occupanti sionisti. Una mossa fatta anche “per non perdere il sostegno di paesi amici”, era il commento cinico del criminale Netanyahu. Del tutto insufficiente, una goccia nell'oceano, la definiva una denuncia dell'Unicef, rispetto ai 500 camion che entravano ogni giorno nella Striscia prima dell'attacco sionista e infatti si contano già a decine i morti per fame. “La decisione delle autorità israeliane di consentire l’ingresso a Gaza di una quantità ridicola e inadeguata di aiuti dopo mesi di assedio totale dimostra la loro intenzione di evitare l’accusa di affamare la popolazione di Gaza, mentre in realtà la mantengono a malapena in vita. Questo piano è un modo per strumentalizzare gli aiuti, trasformandoli in uno strumento per promuovere gli obiettivi militari delle forze israeliane”, denunciava Pascale Coissard, Coordinatrice delle emergenze di MSF a Khan Younis. “Gli attacchi contro i civili e le strutture sanitarie devono cessare immediatamente e gli aiuti devono arrivare a Gaza in quantità sufficienti e in modo da poter raggiungere chi ne ha bisogno. Gli alleati di Israele devono esercitare tutte le pressioni possibili affinché ciò avvenga con la massima urgenza” perché “ogni giorno che passa, si rafforza la loro complicità nella distruzione della popolazione di Gaza” ribadiva MSF.
Il leader nazisionista nella conferenza stampa del 21 maggio ribadiva di avere un piano ben definito per raggiungere gli obiettivi di guerra a Gaza, compresa l'attuale operazione militare denominata “Carri di Gedeone” che durerà fino a quando “tutto il territorio di Gaza sarà sotto il controllo di sicurezza israeliano e Hamas sarà totalmente sconfitto”. Sarebbe pronto a “porre fine alla guerra" ma “a chiare condizioni che garantiscano la sicurezza di Israele: tutti gli ostaggi tornino a casa, Hamas deponga le armi, si dimetta dal potere, la sua leadership venga esiliata dalla Striscia, Gaza sia totalmente disarmata; e noi mettiamo in atto il piano Trump. Un piano così corretto e così rivoluzionario". La soluzione finale per Gaza sarebbe proprio la pulizia etnica a Gaza, quel “piano brillante che può davvero portare un cambiamento non solo qui ma può cambiare una volta per tutte il volto del Medio Oriente”. Nel suo recente viaggio nelle capitali arabe della regione Trump aveva detto solo una cosa su Gaza: “Gaza è stata un territorio di morte e distruzione da molti anni. Ho delle idee per Gaza che ritengo molto valide: renderla una zona di libertà. Lasciate che gli Stati Uniti intervengano e fatene semplicemente una zona di libertà”.
Il criminale Netanyahu aveva infine affermato che se ci fosse stata la possibilità di un "cessate il fuoco temporaneo" a Gaza che consentisse il ritorno di altri ostaggi, avrebbe accettato ma ribadiva che si sarebbe trattato solo di un piano temporaneo. Una settimana dopo, raccontava Sky News Arabia il 26 maggio, risultava da diverse fonti che era sempre più probabile che "il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annunci un cessate il fuoco a Gaza nei prossimi giorni", sulla base di una proposta discussa tra il suo inviato Steve Witkoff e Tel Aviv. Abbiamo perso il conto di quanti annunci di questo tipo siano usciti col solo risultato di riempire le prime pagine dei media imperialisti con la foto diTrump e che sono poi finiti nel nulla, vedi Ucraina. Vedremo ma a Gaza e in Cisgiordania va ancora avanti il genocidio palestinese e l'annessione nazisionista e per questo Israele deve essere messo al bando dalla comunità internazionale, con o senza tregua.
28 maggio 2025