Successo dell'iniziativa della rete “A Pieno Regime”
150mila in piazza a Roma contro il decreto fascista “Sicurezza”
Duro colpo a Meloni, Mussolini in gonnella.
Stato di polizia, non “Stato di paura”
In oltre 150mila hanno partecipato alla manifestazione promossa sabato 31 maggio a Roma dalla Rete “A pieno regime”, per protestare contro il decreto fascista “Sicurezza”, sul quale il governo ha posto la fiducia alla Camera e che dopo la seconda lettura in Senato, da martedì 3 giugno sarà convertito in legge.
Una manifestione grande, unitaria, combattiva e antigovernativa che ha superato in partecipazione la scorsa del 14 dicembre, quando centomila persone riempirono piazza del Popolo per lo stesso motivo e, più in generale, con l'obiettivo di mandare a casa il più presto possibile il governo Meloni.
Di fatto quella del 31 maggio è stata la più grande manifestazione di piazza realizzata finora contro il governo neofascista, anche perché attorno alla battaglia contro il dl sicurezza si sta materializzando un vasto fronte unitario d’opposizione sociale alla destra di regime. Stavolta da fuori Roma, oltre ai mezzi privati, sono giunti oltre 120 pullmann da tutta Italia e tre treni colmi di manifestanti.
Al concentramento di piazza Vittorio il corteo aperto dallo striscione “Alziamo la testa contro lo Stato” si è inserito anche l'altro spezzone dei collettivi studenteschi come OSA e Cambiare Rotta, e degli ambientalisti, partito da piazzale Aldo Moro, formando un unico serpentone che tra bandiere rosse e palestinesi e slogan contro il governo, ha sfilato per via Merulana, Colosseo, Navicella, Porta Metronia, viale Giotto, per terminare poi ad Ostiense. Ingente lo schieramento di agenti e forze dell'ordine borghese che lo hanno accompagnato e si sono resi colpevoli delle solite identificazioni intimidatorie ai danni di due gruppi di giovani studenti e degli attivisti di Extintion Rebellion.
Alla manifestazione, oltre ai già citati organismi studenteschi hanno partecipato Legambiente, Ultima Generazione, la CGIL che ha colto l'occasione di rilanciare anche i temi referendari, molte sigle appartenenti ai sindacati di base, alcune delegazioni di PD, AVS, 5 Stelle, sostanzialmente tutto l'associazionismo di sinistra e i movimenti a partire dall'ARCI, ANPI, Unione inquilini, Amnesty International, la Rete Aboliamo i Cpr, Libera e Mediterranea, riviste e partiti.
Il Movimento per il Diritto all'abitare e la Rete Antisionista per la Palestina, assieme ad altre organizzazioni ha deciso di dormire dopo il corteo in una ventina di tende alle terme di Caralla per proseguire la protesta contro il genocidio a Gaza e contro la presenza di una squadra israeliana al Giro d'Italia.
Fra i cori più gettonati, “Meloni vattene”, “Siamo tutti antifascisti” e tanti altri che hanno messo nel mirino anche il ministro Piantedosi, uniti a quelli che denunciavano il genocidio a Gaza; anche sui numerosi cartelli e striscioni, come “Manganelli uguale fallimento di Stato” e “Se loro fanno il fascismo, noi faremo Resistenza”, nell'intreccio tra la denuncia del governo e la necessità di farlo cadere il prima possibile per interrompere quella che la rete a Pieno Regime definisce una “torsione autoritaria”. Intonata più volte in tutto il corteo “Bella Ciao”, assieme ad altri slogan.
Particolarmente interessante, tra le dichiarazioni di rito dei politicanti borghesi presenti, quella di Luca Blasi, uno dei portavoce della rete A Pieno Regime ancora tumefatto dalle manganellate prese lunedì scorso in via del Tritone alla manifestazione che protestava contro la fiducia alla Camera al DL, che ha dichiarato: “Non ci dividono in buoni e cattivi; eravamo noi con i caschi e gli scudi, pronti ad avanzare in maniera intelligente, e siamo sempre noi oggi, perché ci sono tanti modi di resistere. Di fronte all’attacco delle destre non si tratta di difendere uno spazio politico ma di farsi popolo (…) Questo movimento non si ferma, lo ritroverete fuori dalle fabbriche, contro i tagli al welfare, a difendere gli sfratti, nei blocchi stradali e nelle piazze a lottare contro la povertà e contro questo governo autoritario.”
Insomma, di fronte alla stretta repressiva del disegno di legge poi divenuto decreto “sicurezza” che introduce quattordici nuove fattispecie di reato e nove aggravanti, che criminalizza e punisce col carcere chi vuole organizzarsi e lottare anche in forma di “resistenza passiva” nonviolenta, è sorto un movimento che si sta allargando a vista d'occhio, e che davvero è già un solido collettore d'opposizione popolare al governo Meloni.
E ora, a nostro avviso, occorre dirla tutta fino in fondo e continuare a chiamare la piazza certamente per fermare il decreto, ma soprattutto per buttare giù ora il governo Meloni, che non è postfascsita come dicono alcuni, né semplicemente “autoritario” come dicono altri, anche se larga parte delle componenti di “A pieno regime” alla quale va il merito di avere tessuto una rete ampia, seppur dal sapore prettamente istituzionalista, non vanno oltre questa tiepida denuncia.
A proposito del Comunicato “Se voi fate il fascismo, noi facciamo la resistenza” è apparsa sulle pagine de “Il Bolscevico” una “Lettera aperta alla Rete No DDL Sicurezza – A pieno regime” che mette assai bene in rilievo alcuni temi controversi, sui quali occorre aprire una discussione franca, che finiscono per dividere e indebolire il fronte unito per abbattere il decreto fascista “sicurezza” come: le responsabilità di Mattarella e delle opposizioni parlamentari, il riconoscimento o meno della natura neofascista del governo Meloni, la necessità di marciare assieme in un vasto fronte unito antifascista.
Il governo Meloni è neofascista, ed è giunto al potere con una nuova marcia su Roma elettorale, grazie all'immobilismo delle stesse opposizioni che oggi fortunatamente scendono in piazza, e grazie all'avallo di Mattarella che tutte le forze istituzionali senza eccezione alcuna, definiscono garante della “democrazia”, quando in realtà è garante soltanto della repubblica borghese e della maggioranza di governo.
È un bene che tutti coloro che lottano nel cartello No DL Sicurezza abbiano percepito il salto di qualità e l’intensità della ferocia che caratterizza questo governo, e ora tocca al movimento antifascista e democratico fare il proprio salto di qualità cercando una unità totale e senza condizioni per cacciare subito Meloni e i suoi gerarchi da Palazzo Chigi.
Ecco perché, riguardo al ruolo delle forze parlamentari di opposizione, a nostro avviso non è sufficiente chiedere loro genericamente di “sabotare” le discussioni parlamentari, poiché la posta in gioco è talmente alta da non dover temere, nemmeno per il più incallito istituzionalista, di andare oltre e utilizzare tutti i mezzi possibili, infrangendo anche le regole parlamentari, per impedire che questo decreto liberticida e fascista venga approvato.
Altro che stato di “paura”; secondo noi quello che in parte c'è già e che rischia di essere consolidato dall'approvazione definitiva del decreto, è un vero e proprio Stato di polizia, come anche altre forze correttamente denunciano. Gli spazi democratici in un parlamento calpestato e schiacciato anche nelle sue più formali facoltà dialettiche, sono ormai ridotti al lumicino; ecco perchè l'unica via è la piazza, e tutte le forze d'opposizione al governo Meloni dovrebbero convergere li le loro forze.
Fin dal giorno in cui si è insediato, abbiamo detto – e non ci stancheremo mai di ripeterlo - che il governo neofascista Meloni è molto peggio di un governo antidemocratico e autoritario, non certo un semplice “governo di destra”, come i tanti che abbiamo conosciuto in passato; è invece l'esecutivo che ha riportato al potere Mussolini, nelle vesti femminili, “democratiche” e costituzionali di Giorgia Meloni, concludendo la nuova marcia su Roma elettorale e parlamentare iniziata nel 1946 con la fondazione del MSI del fucilatore di partigiani Almirante.
E d'altra parte lo dimostrano il suo programma politico, sociale, culturale e scolastico ispirato apertamente alla triade mussoliniana “dio, patria, famiglia”, i suoi patti di stampo neocorporativo con il grande capitale finanziario e industriale, l'attenzione ai “ceti medi produttivi” di piccoli imprenditori, agricoltori e autonomi, la protezione continua, prepotente e insolente degli evasori fiscali, l'asse con i sindacati filogovernativi, su tutti UGL e CISL, e infine la sua politica militare estera.
In questo contesto di corda sempre più stretta al collo delle masse popolari, è inadeguato ridurre la lotta per affossare decreto e governo alla semplice “difesa della democrazia” perché, come dimostra anche la recente dichiarazione del camerata La Russa su di essa, quella sancita nei principi della Costituzione del 1948 è già stata fatta a brandelli, agonizzante presidio democratico-borghese che attende soltanto di essere definitivamente sepolta dal presidenzialismo, dall'assoggettamento della magistratura, e dallo Stato di polizia, obiettivi dichiarati del governo Meloni ma ispirati dal “Piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli e Berlusconi.
Ogni forza antifascista, sia essa istituzionale o “radicale”, auspica la caduta del governo Meloni, e l'obiettivo di affossare decreto e governo dev'essere in cima al programma di ciascuno nell'immediatezza, e il primo obiettivo da raggiungere.
Una volta centrato questo indispensabile obiettivo, ognuno andrà per la propria strada; secondo quella che abbiamo tracciato noi questa battaglia si inserisce in quella più generale della lotta di classe per arrivare un giorno all'abbattimento del regime capitalista neofascista in generale, senza il quale non è possibile cambiare veramente l'Italia, e siamo disposti a discuterne senza esclusioni e pregiudizi, in un piano di franchezza e rispetto reciproco, tra tutte le componenti del movimento sia della rete “A pieno Regime”, sia della “Liberi e libere di lottare contro il DL Sicurezza” di cui facciamo parte.
Per concludere, i centocinquantamila di Roma, e tutti gli altri antifascisti che in tutto il Paese da tempo si mobilitano contro questo decreto e questo governo, hanno dimostrato che il fronte antifascista è vivo e combattivo e chiede la più vasta unità possibile per raggiungere l'obiettivo. A questo corteo seguirà l'appuntamento di sabato 7 giugno, data in cui è stata annunciata una nuova manifestazione nazionale in piazza San Giovanni per fermare il massacro a Gaza.
4 giugno 2025