La farsa dei negoziati condotti dagli Usa non ferma il genocidio palestinese arrivato a quasi 180 mila tra morti e feriti
I nazisionisti sparano sui palestinesi in coda per il cibo a Gaza
Il criminale Netanyahu nega l'emergenza a Gaza e allarga l'occupazione della Cisgiordania

Almeno 30 palestinesi uccisi e oltre 200 feriti sono le vittime dei colpi sparati da mezzi blindati dell'esercito occupante contro la folla di profughi che la mattina dell'1 giugno si stava avvicinando al punto di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l'organizzazione paravento costituita dai sionisti e dell'imperialismo americano per recitare la farsa della distribuzione degli aiuti alimentari; l'ennesimo massacro nazisionista avvenuto nel sud della Striscia di Gaza e in particolare nella zona di al-Mawasi, ossia nell'area indicata dagli occupanti come "sicura" per i civili cacciati da almeno il 75% della Striscia. La notizia era rilanciata da Al Jazeera con un comunicato del portavoce della Protezione civile di Gaza che denunciava trattarsi di “un attacco deliberato contro civili disarmati”, un grave episodio nel pieno di una crisi umanitaria ormai esplosa. "Le uccisioni riflettono la natura di queste aree di distribuzione come trappole mortali di massa, non come punti di soccorso umanitario. Ciò che sta accadendo è un uso sistematico e doloso degli aiuti come strumento di guerra, impiegato per ricattare i civili affamati e radunarli con la forza in punti di morte esposti e gestiti dall'esercito di occupazione, finanziati e politicamente coperti dall'amministrazione Usa, che porta la responsabilità morale e legale di questi crimini".
La popolazione palestinese è chiaramente il bersaglio diretto dei nazisionisti che portano avanti la loro politica di genocidio e di pulizia etnica, impuniti grazie alla protezione dei paesi imperialisti, con una complicità e una corresponsabilità a questo punto chiarissima da parte anzitutto di Trump e della neofascista Meloni.
Altri 10 palestinesi morti e oltre 60 feriti erano il bilancio del precedente attacco dell'esercito occupante solo pochi giorni prima, il 27 e 28 maggio, quando i soldati sparavano sui civili che cercavano di raggiungere un punto di distribuzione della GHF presso Rafah. In seguito a questo massacro il capo dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) condannava il nuovo modello di aiuti sostenuto dagli Stati Uniti a Gaza, definendolo una "distrazione dalle atrocità" che si stanno verificando nella Striscia. Il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, definiva "straziante" la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza dove nella settimana precedente era entrato solo un terzo delle forniture necessarie e chiedeva che "tutti i valichi siano aperti agli aiuti umanitari e ai beni commerciali. Il diritto internazionale deve essere rispettato e le operazioni umanitarie devono essere autorizzate senza ulteriori indugi”.
Il relatore speciale delle Nazioni Unite Balakrishnan Rajagopal, in un posto su X denunciava: “sono senza parole di fronte a una consegna di aiuti sadica a Gaza. Un crimine americano-israeliano in tutti i sensi, che usa la distribuzione di aiuti umanitari per umiliare, uccidere e torturare”. Secondo Hamas il nuovo meccanismo di distribuzione degli aiuti nella Striscia di Gaza gestito dagli Stati Uniti è una trappola che mette in pericolo la vita dei civili e viene sfruttato per imporre il controllo della sicurezza sulla Striscia di Gaza con il pretesto degli aiuti.
In un comunicato emesso il 27 maggio, l’Ufficio stampa del governo di Hamas a Gaza denunciava che l'esercito ocupante era arrivato a controllare il 77% della Striscia attraverso “un continuo genocidio, pulizia etnica e occupazione”. “Questo obiettivo viene raggiunto attraverso incursioni terrestri dirette e il dispiegamento di forze di occupazione in aree residenziali e civili, attraverso un intenso controllo del fuoco che impedisce ai civili palestinesi di accedere alle loro case, aree, terreni e proprietà, o attraverso ingiuste politiche di sfratto forzato”, continuava la dichiarazione, “il continuo genocidio, la pulizia etnica, il colonialismo, l’aggressione e il controllo coloniale sulla stragrande maggioranza della Striscia di Gaza riflettono la volontà politica israeliana di imporre una ‘soluzione finale’ con la forza, in palese violazione di tutte le leggi e le norme internazionali”.
Dalla comunità internazionale sollecitata a intervenire si registravano alcuni passi tra i quali la dichiarazione del presidente francese Macron a favore di misure dei paesi europei contro Israele se non permetterà l’ingresso massiccio di aiuti e il miglioramento della situazione umanitaria a Gaza fino al riconoscimento dello Stato palestinese che è “non solo un dovere morale, ma una necessità politica”. Seguiva il nuovo ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, che in una intervista annunciava il possibile blocco delle forniture di armi a Israele sulla base della situazione umanitaria a Gaza. Infine il Consiglio comunale di Barcellona annunciava la rottura dei rapporti istituzionali con il governo israeliano e la fine dell'accordo di gemellaggio con il Consiglio comunale di Tel Aviv, in risposta alla guerra genocida in corso a Gaza.
La risposta nazisionista arrivava anzitutto dalle posizioni espresse dal leader nazisionista Netanyahu che negava l'innegabile, ossia la crisi umanitaria e la fame a Gaza. Nel suo intervento alla conferenza dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto a Gerusalemme del 28 maggio il criminale Netanyahu ha categoricamente negato l’esistenza di una crisi umanitaria a Gaza e ha definito "una menzogna" le accuse secondo cui Israele starebbe usando la fame come arma di guerra. “Fin dal primo giorno, o dai primi giorni della guerra, abbiamo deciso una linea: andiamo contro Hamas, non contro la popolazione civile. Sia permettendole di lasciare i teatri di combattimento, sia fornendo loro i beni essenziali: cibo, acqua, medicine. Questo è ciò che richiedono il diritto internazionale e il buon senso. E così abbiamo fatto. Abbiamo fornito 1,8 milioni di tonnellate, 1,8 milioni di tonnellate di cibo e aiuti. È una quantità enorme. Ed è per questo che non c’è stata affatto una carestia di massa”. Anzi, semmai è il contrario per chi resta a lungo nei tunnel per ripararsi dai bombardamenti, si tende a ridurre l'attività fisica e quindi a ingrassare. Queste sono tra le allucinanti parole del criminale che sbeffeggia in maniera arrogante la comunità internazionale e continua impunito a portare avanti la politica sionista del genocido palestinese, che racconta la sua verità, in questo caso non certo sbandierata dalla propaganda imperialista che regolarmente prende per oro colato quanto esce da Tel Aviv e che nelle stesse ore era molto impegnata a dipingere Hamas come la responsabile del mancato accordo sul meccanismo di tregua a Gaza concepito tra Washington e Tel Aviv.
Possiamo riassumere per sommi capi che al momento l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, in sintonia coi nazisionisti, ha respinto la risposta consegnata da Hamas il 31 maggio alla bozza che lui aveva presentato due giorni prima: "È totalmente inaccettabile e ci fa solo fare un passo indietro. Hamas dovrebbe accettare la proposta quadro che abbiamo presentato come base per i colloqui di prossimità, che possiamo iniziare immediatamente la prossima settimana", scriveva Witkoff, “questo è l'unico modo per concludere un accordo di cessate il fuoco di 60 giorni nei prossimi giorni e per avere, durante i colloqui di prossimità, negoziati sostanziali e in buona fede per cercare di raggiungere un cessate il fuoco permanente". Il documento, che pubblichiamo a parte, contenente la posizione di Hamas e che "mira a raggiungere un cessate il fuoco permanente, un ritiro completo [delle forze israeliane] dalla Striscia di Gaza e a garantire il flusso di aiuti al nostro popolo e alle nostre famiglie nella Striscia di Gaza", riprendeva i punti definiti dai negoziatori palestinesi con Witkoff il 25 maggio, sottolineava una nota della Resistenza. Che osservava come la bozza di accordo era stata modificata a favore dei sionisti durante l'incontro a Washington tra Witkoff e il ministro sionista Ron Dermer e riproposta come un prendere o lasciare rispetto a condizioni inaccettabili che avrebbero permesso a Israele di riprendere la sua guerra genocida dopo 60 giorni e di mantenere le sue forze trincerate all'interno di Gaza, che non conteneva alcuna garanzia per il flusso illimitato di cibo, medicine, carburante e altri beni essenziali alla Striscia.
Il dirigente in esilio di Hamas, Basem Naim, denunciava che “non abbiamo respinto la proposta del signor Witkoff. Abbiamo concordato con lui una proposta che lui ha ritenuto accettabile per i negoziati. Abbiamo poi ricevuto la risposta dell'altra parte tramite il signor Witkoff, che ha respinto tutto ciò che avevamo concordato con lui", "Ciononostante, abbiamo risposto in modo positivo e responsabile, in un modo che soddisfacesse le aspirazioni e le richieste del nostro popolo. Perché la risposta israeliana è considerata l'unica risposta negoziale? Questo viola l'integrità e l'equità della mediazione e costituisce una totale parzialità nei confronti della controparte". Ricordiamo che gli occupanti nazisionisti avevano già violato l'accordo di tregua concluso il 19 gennaio sotto la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti, e avevano rilanciato l'offensiva militare su Gaza.
In una dichiarazione congiunta, le componenti della Resistenza ribadivano di aver “lavorato con impegno per trovare una formula che ponga fine alla carestia, fornisca riparo, fermi lo sterminio e apra la strada alla stabilità in cui la dignità del nostro popolo sia preservata" e sottolineavano che non è stato proposto alcun piano credibile dagli occupanti "per porre fine all'aggressione o garantire i diritti fondamentali del popolo palestinese".
Gaza è in gran parte sotto controllo militare sionista, la Cisgiordania ci finirà grazie alla continua estensione delle colonie, altre 22 ne saranno costruite secondo il recente annuncio del governo sionista, e alla cacciata della popolazione palestinese dai campi profughi, dalle città e villaggi teatro di quotidiani attacchi dei soldati e dei coloni. Lo confermava la decisione del 31 maggio delle autorità occupanti di impedire ai ministri degli Esteri di Egitto, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania di recarsi a Ramallah per partecipare a un vertice convocato dall'Anp per discutere del genocidio sionista nella Striscia di Gaza e preparare la conferenza di New York sulla Palestina a fine giugno. Il Ministero degli Esteri sionista dichiarava che "l'Autorità Nazionale Palestinese, che finora si è rifiutata di condannare l'attacco del 7 ottobre 2023, intendeva ospitare un serio incontro dei ministri degli Esteri arabi a Ramallah per discutere la creazione di uno Stato palestinese. Un tale Stato sarebbe inevitabilmente diventato uno Stato terrorista nel cuore di Israele stesso e contro la sua sicurezza” e ingiungeva all'Autorità Nazionale Palestinese di smettere di violare i suoi accordi con Israele.
Una posizione ridicola, che trova ampia eco nella propaganda sionista, e smentita dai fatti. Come quello dell'1 giugno denunciato dal Movimento della Jihad Islamica, l'uccisione di un membro del Battaglione Jenin morto a seguito delle torture nelle prigioni dell'Autorità Nazionale Palestinese a Ramallah. "Condanniamo il continuo coordinamento della sicurezza tra i servizi di sicurezza di Ramallah e le forze di occupazione”, nonché la persecuzione dei combattenti della resistenza e il maltrattamento dei detenuti, concludeva la denuncia che rende chiaro da che parte sta Abu Mazen.
Dopo che il criminale Netanyahu aveva persino negato la fame a Gaza, il ministro degli Esteri sionista Gideon Saar usava il tono arrogante e rispondeva ai governi europei che qualsiasi passo a favore dell’indipendenza palestinese sarà seguito dall’annessione a Israele della Cisgiordania occupata. Appoggiato dal ministro della Difesa Israel Katz che esplicitava l'intenzione dei nazisionsiti di costruire “lo Stato ebraico israeliano” in Cisgiordania. “Questo è un messaggio chiaro a Macron e ai suoi amici: loro possono anche riconoscere uno Stato palestinese sulla carta, ma noi costruiremo lo Stato ebraico israeliano qui sul territorio” dichiarava Katz, “quella carta finirà nel dimenticatoio della storia e lo Stato di Israele prospererà”.
Completava il quadro dell'annessione sionista della Cisgiordania la mossa del ministro Ben-Gvir che, rivelava l'1 giugno il quotidiano Haaretz, aveva ordinato ai comandanti della polizia di adottare misure severe contro la chiamata alla preghiera diffusa dagli altoparlanti nelle città arabe dei territori occupati, definendola "un rumore fastidioso che deve essere immediatamente soppresso".
La mattina del 3 giugno sono significative due notizie. Almeno 20 palestinesi uccisi dall'esercito occupante che ha sparato sui profughi che si recavano a un centro di distribuzione degli aiuti a Rafah. La società israelo-americana dei mercenari che li distribuisce, la GHF, confermava la notizia ma precisava che il massacro si era svolto “in un'area ben al di fuori del nostro sito di distribuzione sicuro e della nostra area operativa. Riconosciamo la natura difficile della situazione e consigliamo a tutti i civili di rimanere nel corridoio sicuro quando si recano ai nostri siti di distribuzione", come se fossero i palestinesi decisi a suicidarsi e non i nazisionisti a assassinarli. Ricordava la GHF che nell'ultima settimana aveva distribuito 7 milioni di pasti in tre siti di distribuzione nella parte meridionale e centrale di Gaza ma financo la certificata filosionista Repubblica notava che “la classificazione dei pasti si basa su scatole di prodotti alimentari secchi che necessitano ancora di attrezzature per cucinare o di cucine comunitarie, molto limitate in tutta la Striscia dopo quasi 20 mesi di conflitto devastante”.
La seconda notizia segue la dichiarazione del sionista ministro della guerra, Israel Katz, “continuare ad avanzare a Gaza verso tutti gli obiettivi, a prescindere da qualsiasi negoziato”, e icarri armati occupanti allargavano la zona occupata soprattutto nel sud della Striscia, a Khan Yunis. A questo punto, denunciavano le Nazioni Unite, l’80% di Gaza è stato dichiarato zona militare o sottoposto a ordini di evacuazione e la popolazione palestinese si dovrebbe ammassare in un quinto della Striscia. Già la tendopoli di al Mawasi è piena, così come la zona di Deir al Balah e la fascia di terra fino a Rafah, dove sono stati allestiti 3 centri di distribuzione della GHF. Questo è il piano nazisionsita per costringere la popolazione a concentrarsi nel sud della Striscia attirata dal cibo e poi colpita lo stesso a cannonate per spingerla ad andarsene “volontariamente”. I nazisionisti israeliani devono essere banditi dalla comunità internazionale.

4 giugno 2025