Assemblea degli industriali
I sindacati confederali disponibili al patto sociale con la Confindustria
Davanti il centro congressi proteste contro il decreto “sicurezza” e il riarmo europeo. Landini mostra la relazione del presidente della Confindustria Orsini

Il 27 maggio si è tenuta a Bologna l'Assemblea annuale di Confindustria. Il suo presidente eletto un anno fa, Emanuele Orsini, ha voluto che si svolgesse nel capoluogo dell'Emilia-Romagna, regione dove è nato e dove si trovano quasi tutte le sue aziende. Oltre ai maggiori esponenti del capitalismo italiano e della politica, tra cui la Schlein, in sala sedevano in prima fila la ducessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni e alcuni ministri, la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola. i tre segretari dei sindacati confederali Landini, Fumarola e Bombardieri.
La presenza della Meloni e della Metsola ha rappresentato una ragione in più per portare la protesta contro il “decreto sicurezza” e il riarmo europeo davanti l'EuropAuditoprium, sede dell'evento. Un primo gruppo di manifestanti era composto da Cambia Rotta, Osa e Potere al Popolo. Gli attivisti chiedevano a gran voce la possibilità di partire in corteo per protestare, hanno bruciato una bandiera con il simbolo dell’Europa contro il riarmo. In testa ai manifestanti uno striscione con la scritta “Fuori Meloni da Bologna”. E i cori: “Noi la guerra non la paghiamo”, “Vergogna”. Sono stati bloccati dagli agenti in assetto antisommossa; alla fine un gruppo di circa 80 persone è stato lasciato passare. Un altro gruppo, composto il larga parte da collettivi studenteschi, ha manifestato sul lato opposto dell'edificio, anche in questo caso per manifestare contro l’arrivo della premier in città e il dl sicurezza.
Intanto all'interno dell'auditorium il presidente di Confindustria esordiva rivendicando il ruolo centrale delle aziende: ”il bene delle aziende è il bene del Paese”. Partendo da questo presupposto Orsini ha presentato tutta una serie di richieste al governo e all'Unione Europea. Alle istituzioni capitaliste e imperialiste europee ha chiesto di cambiare rotta su alcune scelte, a partire dal green deal , che stanno presentando all’industria un “conto pesantissimo”. In pratica vuole l'abbandono di qualsiasi politica che mira a contenere l'inquinamento e il cambiamento climatico mentre al governo italiano chiede di reintrodurre la produzione del nucleare per abbassare l'alto costo dell'energia. Altri ostacoli che frenano la “produttività” sarebbero la burocrazia e il fisco. In pratica chiede meno “lacci e laccioli”, ossia deregolamentazione e far pagare meno tasse alle imprese.
Sarebbero questi i cardini del “piano industriale straordinario europeo” per il rilancio dell'economia continentale e nazionale. Per quanto riguarda l'Italia, invoca "un sostegno agli investimenti di 8 miliardi di euro l'anno per i prossimi tre anni. Ancora meglio se cinque", con "un obiettivo di crescita ambizioso: raggiungere almeno il 2% di crescita del Pil nel prossimo triennio, da consolidare e aumentare nel tempo". Per sostenere gli investimenti c'è anche Industria 5.0 che "va potenziata", "puntando sui contratti di sviluppo".
Ci sono poi le questioni sindacali e le relazioni industriali. Orsini riconosce (bontà sua) l'urgenza di affrontare la questione dei bassi salari italiani "che perdono potere d'acquisto, spingono verso il basso consumi e crescita, e abbattono la dignità della vita e del lavoro. È un problema nazionale". Peccato che poi, come ha detto Landini “Le parole sono un conto, i fatti sono un altro”. Perché, riferendosi agli industriali “Devono rinnovare i contratti, cosa che non stanno facendo. A partire dai metalmeccanici che sono in sciopero da 30 ore”. Ma quello che ha in mente Orsini è fin troppo chiaro, e lo ha detto lui stesso: è l'ennesimo aumento della produttività, quindi aumenti salariali solo a fronte di un maggiore sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori. "Lavoriamo insieme per alzare ancor più le retribuzioni anche nell'industria attraverso i contratti di produttività aziendali, in cui crescita dell'impresa e crescita del reddito dei lavoratori vadano di pari passo, perché non può esistere una crescita senza l'altra". Queste le sue eloquenti parole.
Infine il Presidente di turno di Confindustria ha proposto l’ennesima, nuova versione del patto sociale per le “riforme e lo sviluppo”. Niente di nuovo sotto il cielo, verrebbe da dire. In effetti la proposta del Patto sociale l'abbiamo già sentita da Montezemolo, Squinzi e dal suo predecessore Carlo Bonomi, oltre che da premier del passato come Ciampi, Monti, Draghi fino alla stessa Meloni. “È il momento della responsabilità, del coraggio e della determinazione. Per un mondo nuovo servono strumenti nuovi e un patto nuovo tra forze politiche e sociali”, ha sottolineato il numero uno di Viale dell’Astronomia. Insomma, la vecchia proposta di abbandonare la lotta di classe e collaborare con i padroni.
Non ci dilunghiamo su quello che ha detto la Meloni nel suo intervento. Diciamo solo che ovviamente è d'accordo sul patto sociale di tipo neocorporativo, rilanciato anche da lei stessa al Consiglio dei ministri del primo Maggio. Per il resto ha approfittato della platea per lanciarsi nella sua solita propaganda e nel dipingere un Paese che non esiste. Ma come hanno reagito Cgil, Cisl e Uil a questa proposta del capo di Confindustria?
Per la Cisl è stato come sfondare una porta aperta. Questo sindacato, che in queste settimane si è prodigato per proporre e far approvare la legge corporativa e collaborazionista sulla partecipazione (nominale) dei lavoratori alla gestione delle imprese, si è sempre adoperato fin dalla sua nascita per contenere il conflitto sociale. “La CISL esprime un apprezzamento convinto per la volontà espressa dal Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, di realizzare un Patto con cui affrontare alcune delle principali priorità economiche e sociali del Paese”, queste le parole della sua segretaria, Daniela Fumarola.
“Nella relazione di Orsini c’è stato un richiamo a un lavoro comune, che stiamo sollecitando da tempo... vedremo, a partire dall’incontro del 26 giugno, se ci saranno le condizioni per giungere a qualche risultato”. È quanto ha dichiarato il segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri, commentando la relazione del Presidente di Confindustria. “Siamo disponibili a discutere delle risorse e anche dell’utilizzo di quelle del Pnrr per Industria 5.0, ma - ha concluso Bombardieri - occorre sottoporle a condizionalità”. Praticamente la Uil è disponibile perfino a dirottare verso le aziende i fondi del Pnrr, stanziati per tutt'altri obiettivi.
Per quanto riguarda il segretario della Cgil, è vero che non ha mancato di lanciare qualche frecciatina a Confindustria (come sul contratto dei metalmeccanici) ma non ha rifiutato di principio la proposta anzi, si è detto disponibile a prenderla in considerazione. E non ne abbiamo il minimo dubbio, visto che Landini, al termine dell'incontro tra Cgil e Uil (la Cisl evidentemente non ne ha avuto bisogno) e Orsini, davanti ai fotografi che gli si avvicinavano, ha impugnato la relazione del presidente di Confindustria. Come se volesse dimostrare che il patto sociale sarà oggetto di confronto tra le parti. Il che non è per niente rassicurante, poiché ogni qual volta è stato messo in pratica ha portato solo impoverimento e perdita di diritti per le lavoratrici e i lavoratori.

11 giugno 2025