Rapporto Caritas 2025
La povertà è raddoppiata dal 2014, senza cure né casa
Lavoro povero, salari bassi
Lo scorso 16 giugno la Caritas italiana ha presentato il Report statistico 2025 dedicato alla situazione della povertà in Italia nell'anno scorso, un documento di 68 pagine elaborato sulla base dei risultati della rete Caritas sparsa sul territorio nazionale: insieme al rapporto è stato pubblicato anche il Bilancio sociale 2024 dello stesso ente ecclesiastico.
Dal Report emerge che durante lo scorso anno sono state almeno 277.775 le persone italiane e straniere che in Italia si sono rivolte, a titolo personale e anche a titolo delle proprie famiglie, a centri di ascolto, mense, empori solidali ed altri servizi erogati dalla Caritas per chiedere un aiuto concreto, con un incremento del 3% rispetto al 2023 e del 62,6% rispetto al 2014, con una crescita particolarmente marcata nel Nord (+77%) e nel Mezzogiorno (+64,7%).
Sulla base dei dati in possesso della Caritas, un tempo l’emergenza legata alla povertà riguardava soprattutto i disoccupati, mentre oggi i fenomeni del lavoro povero e dei bassi salari incidono profondamente sul tessuto sociale, con il 30% degli occupati che si trova in difficoltà. A tali fenomeni si affianca un altro segnale allarmante, ossia l’aumento delle richieste di aiuto da parte degli over 65, richieste che sono raddoppiate in dieci anni, dal 7,7% nel 2015 al 14,3% nel 2024.
Le famiglie, più che le singole persone, continuano a rappresentare la maggior parte dei soggetti assistiti dalla Caritas, con il 63,4% dei nuclei famigliari che ha figli minori e con il basso livello di istruzione che continua ad incidere notevolmente sul rischio povertà.
Nel numero complessivo dei soggetti assistiti lo scorso anno dalla Caritas, il 56,2% è di nazionalità straniera e il 42,1% è italiano, con la componente immigrata in lieve calo, principalmente per la riduzione degli ucraini, passati da 22.000 nel 2022 a circa 10.000. Gli assistiti stranieri residenti in Italia provengono da 180 Paesi diversi, il 46,9% dall’Africa, il 26,9% dall’Europa, il 13,9% dalle Americhe e il 12,4% dall’Asia, e i primi dieci Paesi di provenienza sono Marocco, Perù, Romania, Ucraina, Nigeria, Tunisia, Albania, Senegal, Egitto e Pakistan.
Lo scorso anno l’età media delle persone assistite dalla rete Caritas ha raggiunto 47,8 anni (più precisamente, per gli stranieri è di 42,9 anni, per gli italiani di 54,6), attestando così un progressivo invecchiamento della popolazione in condizioni di fragilità, poiché nel 2022 l’età media si era attestata a 46 anni.
Nel suo rapporto la Caritas prende in esame anche il tema della povertà legata a specifici ambiti tematici, come quello del disagio abitativo.
Nel 2024 – secondo i dati dell’Istat citati dalla Caritas – il 5,6% degli italiani viveva in uno stato di grave deprivazione abitativa e il 5,1% si trovava in situazione di sovraccarico dei costi, ossia non riusciva a gestire le spese ordinarie di affitto e mantenimento del proprio immobile. Eppure i dati della Caritas mostrano una situazione ancora più grave, in quanto tengono presenti situazioni relative anche a stranieri e, tra questi ultimi, a persone senza documenti di soggiorno; tra tutte le 277.775 persone seguite lo scorso anno dall'ente ecclesiastico il 33% ha manifestato almeno una forma di disagio abitativo, e in modo particolare il 22,7% ha vissuto una grave esclusione abitativa (persone senza tetto costrette a dormire in tuguri o edifici fatiscenti, ospitate nei dormitori o in condizioni abitative insicure o inadeguate) mentre il 10,3% ha presentato difficoltà legate alla gestione o al mantenimento di un alloggio, soprattutto legate al pagamento di bollette o affitti.
Una seconda area tematica legata al tema della povertà e presa in considerazione dalla Caritas nel Report è quella relativa alla vulnerabilità sanitaria, e anche in questo caso la Caritas cita i dati dell'Istat, in base ai quali lo scorso anno circa 6 milioni di italiani (il 9,9% della popolazione) hanno rinunciato a prestazioni sanitarie essenziali per costi o attese eccessive. I dati della Caritas sono però più complessi: infatti risulta che tra coloro che si sono rivolti lo scorso anno per ottenere i suoi servizi il 15,7% ha manifestato vulnerabilità sanitarie, spesso legate a patologie gravi e alla mancanza di risposte da parte del sistema pubblico, e molti di loro hanno fatto esplicita richiesta di farmaci, visite mediche o sussidi per prestazioni sanitarie, per cui è verosimile che il fenomeno delle rinunce sia ampiamente sottostimato dai dati dell'Istat, soprattutto tra gli stranieri privi di documenti di soggiorno che sfuggono ai circuiti statistici e sanitari ufficiali. Secondo questi dati, inoltre, la povertà sanitaria si intreccia quasi sempre con altre forme di bisogno (nel 58,5% dei casi trattati dall'ente ecclesiastico se ne cumulano 3 o più) in un circolo vizioso che vede le criticità che riguardano reddito, casa, salute e istruzione condizionarsi a vicenda, rendendo la povertà sempre più trasversale, complessa e sempre meno adeguatamente supportata dagli strumenti che hanno in mano i servizi pubblici che – a seguito della crisi finanziaria del 2008, della pandemia di Covid-19 e delle più recenti tensioni commerciali internazionali e dei conflitti in corso generati da quell'endemica necessità strutturale del sistema capitalista che è l'imperialismo – mostrano alle masse popolari la crisi del capitalismo in Italia, nell'Unione europea e nel resto del mondo.
Infatti la pretesa dell'Unione europea, in combutta con i suoi maggiori Paesi membri tra cui l'Italia e le rispettive cricche militari, di spendere 800 miliardi di euro in armi e di pretendere che a foraggiare tali folli progetti e a reggere bordone a tali abominevoli consorterie militari al soldo dei rispettivi Stati borghesi siano le masse popolari già stremate è semplicemente criminale.
Per ciò che riguarda l'Italia, esso è attualmente il settimo Paese dell'Unione europea per incidenza di persone a rischio povertà (al 23,1% lo scorso anno, in aumento rispetto al 22,8% del 2023) e solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania registrano valori più alti: nonostante ciò è certo che il governo neofascista Meloni aumenterà fino al 5% complessivo la quota del Pil in armi e sicurezza, dovendo necessariamente tagliare la spesa sociale, soprattutto quella sanitaria, per le masse popolari e contemporaneamente foraggiare con 100 miliardi di euro in più le combriccole militari e poliziesche che, al contrario delle masse popolari, possono accedere a cure tempestive e illimitate, oltre a godere di altri privilegi ripugnanti che il movimento operaio deve sempre tener presente in un contesto sociale sempre più esplosivo.
25 giugno 2025