Promosse separatamente da Potere al popolo e altri e da Fermiamo il riarmo e altri
Due manifestazioni nazionali contemporanee a Roma contro il riarmo europeo
Entrambe con piattaforme non totalmente coerenti con l'antimperialismo
Ignorato il pericolo di una guerra mondiale imperialista

Decine e decine di migliaia di antimperialisti e pacifisti provenienti da tutta Italia hanno partecipato, sabato 21 giugno a Roma, a due distinte manifestazioni per protestare contro il riarmo europeo e italiano e contro il genocidio del popolo palestinese, temi a cui si è aggiunta la recente aggressione di Israele all'Iran.
La prima manifestazione, di carattere essenzialmente pacifista, che ha sfilato da Porta San Paolo al Colosseo dietro lo striscione “Fermiamo la guerra – No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo”, era promossa da Arci, Ferma il Riarmo (che riunisce le associazioni Sbilanciamoci, Rete italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia), Attac e Transform Italia, nell'ambito della campagna europea Stop Rearm Europe. Campagna a cui aderiscono oltre 1000 associazioni in 18 paesi, e che ha lanciato una settimana di mobilitazione europea, dal 21 a 29 giugno, in concomitanza con il vertice Nato del 24-26 giugno a L'Aja per decidere l'aumento delle spese militari per gli Stati membri al 5% del Pil. Ciò che per l'Italia vorrebbe dire passare dagli attuali 40 miliardi l'anno a 140 nel giro di 10 anni, a colpi di 10 miliardi in più ogni anno, da reperire attraverso inauditi tagli alla sanità, scuola, pensioni e servizi sociali.
A questo primo nucleo di promotori si erano aggiunti via via altre sigle e associazioni, fino a raggiungere quasi il numero di 500. Tra queste anche la Cgil, i Cobas, l'Anpi, le Acli, il movimento Non una di meno, gli operai dell'ex GKN, diversi collettivi universitari ed intellettuali impegnati contro il riarmo e il genocidio di Gaza come Tomaso Montanari, Paola Caridi e il fisico Giorgio Parisi. Tra i partiti politici, il M5S e AVS, presenti con i loro leader Conte, Bonelli e Fratoianni. Mentre il PD non ha aderito ufficialmente (avendo tra l'altro votato il piano Rearm Europe), ma solo con alcuni suoi rappresentanti dell'area pacifista, come gli europarlamentari Marco Tarquinio e Cecilia Strada, o più vicini a Elly Schlein, come Sandro Ruotolo e Arturo Scotto. Tra i partiti che si richiamano al Comunismo hanno aderito PRC, PCI, PLC, CARC, FC e FGC.
Altri, come la Rete dei Comunisti e Cambiare Rotta, hanno invece aderito all'altra manifestazione, promossa da Potere al Popolo, USB, il movimento NO TAV, i portuali di Genova, gli studenti di OSA e CAU, e un'ottantina di sigle e realtà di lotta, che hanno sfilato da Piazza Vittorio ai Fori Imperiali dietro lo striscione del Coordinamento Disarmiamoli. Tra gli aderenti anche il Movimento Studenti Palestinesi in Italia e l'Associazione dei Palestinesi in Italia, che hanno scelto di partecipare a questa manifestazione polemizzando con la piattaforma di Fermiamo il riarmo, perché giudicata troppo debole e ambigua su Israele, “Stato coloniale, genocida e terrorista”, denunciando anche “il silenzio complice del PD, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra, che in due anni di genocidio non hanno mai preso una posizione netta, che non parlano di resistenza, che condannano il 7 ottobre senza contestualizzarlo nei 77 anni di occupazione e apartheid”.

Successo di partecipazione e di combattività
Entrambe le manifestazioni hanno avuto comunque un notevole successo di partecipazione e di combattività: “Decine di migliaia di persone, giovani, lavoratrici e lavoratori”, secondo PaP per il corteo Disarmiamoli. Almeno 50 mila, secondo gli organizzatori del corteo Stop Rearm Eu. Anche se quello del Coordinamento Disarmiamoli si è più caratterizzato in tono antimperialista, con striscioni come “Non un euro per la loro guerra” (con le facce di Macron, Merz, Rutte, von der Leyen, Meloni e Starmer), “No Nato, No a Israele terrorista, No alla difesa comune UE”, “Israele terrorista pericolo per il mondo”, “Giù le mani dall'Iran”. Lo striscione dell'USB, che il giorno prima aveva indetto uno sciopero generale sui temi sindacali e sociali, ma anche contro il riarmo e il genocidio di Gaza, recitava: “I lavoratori ripudiano la guerra. No alle spese militari. Si a pensioni e Stato sociale”. Quello della RdC chiedeva anche “Fuori l'Italia dalla Nato, rompere l'Unione europea”.
Durante il corteo sono state bruciate bandiere di Israele, della Nato e dell'Unione europea, oltre ad un carro armato di cartone e una foto di Trump. Tanti gli slogan e i cori contro il governo, la Meloni e “Israele sionista Stato terrorista”. Una bandiera della Palestina è stata issata sulla statua di Augusto ai Fori Imperiali. Comunque anche nell'altro corteo, prevalentemente pacifista e cattolico (anche il cardinale Parolin ha elogiato questa piazza) non sono mancate tantissime bandiere palestinesi accanto a quelle della pace, né i canti di “Bella Ciao” e i cori contro la Nato e Israele, come “Distruggono ospedali, le bombe di Israele, sono criminali”, “siamo tutti antisionisti”, “Free Palestine” e “Nessuna guerra, nessun soldato, fuori dalla guerra, fuori dalla Nato”. Tant'è che neofascisti doc come il capogruppo dei senatori di FI, Gasparri, le ha accomunate entrambe come “piazze che alimentano l'antisemitismo”.

Piattaforma pacifista e influenze elettoraliste
Perché si sono svolte due manifestazioni distinte, invece che una sola, che avrebbe potuto avere una risonanza più grande? Secondo Potere al Popolo, sono stati gli organizzatori di Fermare il riarmo a rifiutare di discuterne, precisando che volevano fare “un loro corteo”. Il fatto è che essi “sulla questione della Nato tacciono e vogliono tacere” – scrive infatti PaP sul suo sito Organizzare il futuro. “Il motivo è lampante: si tratta di una piazza dell’area del centrosinistra che mira a fare assumere a tutto il centrosinistra e in particolare al PD, una posizione più “pulita” su questo tema e contraria al riarmo, visto che il PD si è diviso tra chi è a favore e chi contro al piano europeo. E che così costruisca una coalizione larga, che recuperi il movimento No War verso le elezioni 2027”.
Siamo sostanzialmente d'accordo, visto che la piattaforma di “Stop Rearm Europe: welfare, non warfare”, è veramente minimale, generica e marcatamente pacifista. Non solo non nomina la Nato, ma nemmeno le basi militari americane in Italia, che invece debbono essere chiuse, se si vuole che l'Italia non sia trascinata in guerra a causa dell'avventurismo del fascioimperialista Trump, come la sua entrata in guerra contro l'Iran a fianco di Israele lascia presagire. Inoltre non attacca il governo neofascista Meloni che ha restaurato il fascismo mussoliniano (i cui effetti si vedono anche dal dl “Sicurezza” già applicato agli operai Fiom in sciopero che hanno occupato la tangenziale di Bologna), ma parla solo di “autoritarismo”.
Siamo d'accordo anche sull'influenza politica esercitata su Fermiamo il riarmo dai partiti dell'opposizione parlamentare, che strumentalizzano i movimenti pacifisti in chiave elettoralistica, per carpirne i voti alle prossime tornate elettorali. Non a caso PD, M5S e AVS, lo stesso giorno della manifestazione, per accattivarsi il consenso dei manifestanti, hanno diramato una nota congiunta per chiedere al governo Meloni di “promuovere in sede europea la richiesta di sanzioni contro il governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale”. Ma guardandosi bene però dall'usare la parola genocidio.
Il più intraprendente è il liberale trasformista Conte, che ha cercato di mettere il suo cappello elettoralista sulla manifestazione di Porta San Paolo dichiarando che “questa piazza ha un precedente, il 5 aprile”, riferendosi a quella del M5S contro il Rearm Eu. Ma si è anche smascherato aggiungendo che “noi non siamo contro la Nato, ma contro il riarmo”. Ed è logico, visto che fu proprio il suo secondo governo ad approvare il precedente aumento dall'1,5 all'attuale 2% del Pil.

Ambiguità e incoerenze di Disarmiamoli
Va detto però che anche la piattaforma della manifestazione Disarmiamoli non è esente da ambiguità e incoerenze, rispetto ad una corretta posizione antimperialista. Ad esempio, sulla Nato, c'è un'evidente ambiguità, laddove l'Alleanza atlantica viene presentata come “l'attore chiave nella militarizzazione del pianeta”, tacendo del tutto sulla contesa egemonica per il dominio del mondo tra l'imperialismo occidentale e l'imperialismo dell'Est, comprendendo in questa definizione la Russia imperialista neozarista di Putin e la Cina socialimperialista del nuovo imperatore Xi Jimping. Contesa che è invece la vera questione chiave della forsennata militarizzazione del pianeta, della moltiplicazione delle guerre regionali e dell'aumento dei pericoli di una imminente terza guerra mondiale. Ai quali peraltro non si accenna, né tanto meno a cosa fare in caso di una tale sciagurata evenienza.
Invece si insiste nell'attribuire tali pericoli solo alla Nato, “che spinge verso l’escalation militare contro la Russia, alimentandosi reciprocamente con tutte le forze guerrafondaie prosperate in Europa in questi anni”. Come se non fosse proprio l'aggressione nazizarista della Russia all'Ucraina ad aver creato uno dei più pericolosi fattori (come anche quello dell'aggressione nazisionista di Israele all'Iran), che potrebbero innescare il conflitto mondiale. Ricordiamo che le due guerre mondiali, come la storia del '900 insegna, sono state precedute da guerre localizzate che hanno preparato il terreno e fatto da detonatore al conflitto generalizzato. In realtà i promotori di Disarmiamoli cercano di coprire a sinistra le superpotenze imperialiste russa e cinese, presentandole agli occhi degli antimperialisti come nazioni pacifiche, “nuovi attori” a cui “le classi dominanti degli Stati Uniti e il blocco 'occidentale'” cercano di impedire “di acquisire spazio e di crescere”, quando invece la reale posta in gioco è quella dello scontro per l'egemonia mondiale tra il declinante imperialismo americano e il rampante socialimperialismo cinese.

Come rispondere se l'Italia entra in guerra?
Tra l'altro si tace anche sulla natura e le ambizioni di superpotenza imperialista dell'Ue, che nell'ambito del blocco occidentale cerca di ritagliarsi un suo spazio economico, politico e militare interventista, come le contraddizioni col dittatore fascista Trump e il piano di riarmo da 800 miliardi hanno messo in evidenza. Come si può allora dire “No al piano di riarmo europeo” e “No alla costruzione della fortezza Europa”, senza chiedere la distruzione stessa dell'Ue, cominciando col tirar fuori l'Italia da quest'istituzione imperialista, guerrafondaia e antipopolare?
E come si può dire, quale alternativa al riarmo e alla guerra, “Si a diplomazia, negoziati, coinvolgimento dell'Onu”, quando tutti i popoli vedono che le regole e gli organismi del diritto internazionale vengono ormai irrisi e stracciati dalle potenze imperialiste globali e regionali, che la parola è sempre più alle armi e che l'unica legge che vale è quella del più forte? Alla fine questa posizione non è tanto diversa dal pacifismo idealista di tipo cattolico della piattaforma Fermiamo il riarmo, sperando di fermare i venti di guerra con la diplomazia e l'Onu, istituzione dominata dalle superpotenze dell'Est e dell'ovest col loro potere di veto.
E soprattutto, la piattaforma di Disarmiamoli, non mette in guardia il proletariato e le masse popolari sulla guerra mondiale, e non dà loro nessuna indicazione su cosa fare per evitare di diventare carne da cannone nello scontro mortale tra i due blocchi. Secondo noi bisogna essere chiari fin da ora. Noi chiameremo il proletariato e l'intero popolo italiano alla guerra civile se l'Italia imperialista parteciperà alla nuova guerra mondiale imperialista.
Come ha indicato il Segretario generale Scuderi, nel suo Rapporto alla VII Sessione plenaria del V Comitato centrale del PMLI: “Rendere cosciente il nostro popolo del pericolo della guerra mondiale imperialista è di fondamentale importanza affinché maturi la volontà di scatenare la guerra civile nel caso l'Italia entrasse in tale guerra ”. Questo deve essere oggi il primo compito di tutti gli antimperialisti conseguenti.
 
25 giugno 2025