A Kananaskis in Canada nel 50° della sua fondazione
Il G7 si schiera con Israele aggressore dell'Iran
Il cancelliere tedesco Merz: “Grazie Israele, fa il lavoro sporco per noi”. Meloni fa da pontiera con Trump
Zelensky: “Continuiamo a esortare Trump a usare l'influenza che ha realmente per costringere Putin a porre fine alla guerra all'Ucraina”
Riuniti a Kananaskis in Canada dal 15 al 17 giugno i leader del G7, nel 50° della sua fondazione nel 1975, si erano schierati con Israele aggressore dell’Iran. Una presa di posizione netta a favore dei nazisionisti di Tel Aviv, che col senno di poi appare come un via libera al fascioimperialista presidente USA Trump nei criminali bombardamenti ai siti nucleari iraniani avvenuti pochi giorni dopo.
Nella “Dichiarazione dei leader del G7 sui recenti sviluppi tra Israele e Iran” si leggeva infatti: “Noi, i leader del G7, ribadiamo il nostro impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente. In questo contesto, affermiamo che Israele ha il diritto di difendersi. Ribadiamo il nostro sostegno alla sicurezza di Israele. Affermiamo anche l’importanza della protezione dei civili. L’Iran è la principale fonte di instabilità e terrore regionali. Siamo sempre stati chiari sul fatto che l’Iran non potrà mai avere un’arma nucleare. Esortiamo che la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, tra cui un cessate il fuoco a Gaza”.
Addirittura il cancelliere tedesco Merz confessava candidamente nell’occasione che "Israele fa il lavoro sporco per tutti noi in Iran".
L'Iran aveva respinto e condannato le conclusioni del G7. Il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, ha accusato i Sette di "ignorare la spudorata e illegale aggressione" di Israele, così come "le vittime civili e i danni alle infrastrutture pubbliche" provocate dai suoi attacchi. Baghaei ha poi sollecitato tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU a rispettare "i loro doveri morali e legali". Lo Stato ebraico, ha aggiunto, "ha scatenato una guerra di aggressione non provocata contro l'Iran in violazione della Carta dell'Onu e delle norme sulla tutela degli impianti nucleari".
Il 16 giugno la Casa Bianca ha annunciato che Donald Trump avrebbe interrotto anticipatamente la sua missione al G7 per tornare a Washington "in modo da potersi occupare di molte questioni importanti”. Il motivo secondo il presidente francese Macron era da ricondurre “a quanto sta accadendo in Medio Oriente”. Il presidente americano però ha poi affermato che il suo ritorno negli USA non ha "nulla a che fare con un cessate il fuoco" tra Israele e Iran, accusando Macron di aver "erroneamente affermato che ho lasciato il vertice per tornare a Washington e lavorare a un 'cessate il fuoco' tra Israele e Iran. Falso”. Macron "non ha idea del perché io sia ora in viaggio per Washington, ma di certo non ha nulla a che fare con un cessate il fuoco. È molto più grande di questo. Che lo voglia o no, Emmanuel non lo capisce mai", ha aggiunto.
Prima di ripartire, Trump ha avuto un veloce bilaterale con Giorgia Meloni, innalzata a ruolo di pontiera con il dittatore fascista di Washington. "Il colloquio ha permesso di discutere dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l'opportunità di riaprire la strada del negoziato”, ha riferito Palazzo Chigi. Prima di lasciare Kananaskis dopo la due giorni di vertice Meloni ha ribadito l'obiettivo "condiviso" al G7 di "evitare" che Teheran "diventi una potenza nucleare", altrimenti rappresenterebbe "una minaccia non solo per Israele ma per tutti noi": lo scenario ideale sarebbe un rovesciamento del regime da parte del "popolo oppresso", ma "si deve fare il pane con la farina che si ha", il commento al monito del presidente francese contro un cambio con la forza. L'intervento americano è uno scenario che ora dopo ora era diventato meno remoto. L'Italia metterebbe a disposizione le sue basi? "Non posso rispondere adesso - ha detto Meloni -. Quando accadrà convocheremo le persone che dobbiamo convocare e prenderemo le nostre decisioni".
Nell’ultima giornata di lavori al G7 in Canada è intervenuto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha chiesto maggiore sostegno contro la Russia: "Noi siamo pronti per i negoziati di pace e un cessate il fuoco incondizionato, ma per questo abbiamo bisogno di pressione", ha detto prima di un faccia a faccia con il premier canadese Mark Carney che ha annunciato nuove sanzioni a Mosca, oltre a due miliardi di dollari di supporto militare a Kiev. Lo stesso in giornata ha fatto il premier britannico Keir Starmer. L'ennesimo pacchetto - si legge sul sito del governo del Regno Unito - prende di mira 4 individui, sei entità e una ventina di navi impegnate secondo il Regno Unito nelle attività della cosiddetta flotta fantasma che aiuta la Russia a ricevere forniture in settori come l'elettronica. "Dobbiamo incrementare la pressione economica su Vladimir Putin" per spingerlo a "essere serio sulla pace", ha detto Starmer. In serata poi una fonte canadese ha rivelato che gli Stati Uniti avrebbero bloccato una dichiarazione "forte" del G7 sull'Ucraina che avrebbe condannato la Russia. "In pratica, nessuna dichiarazione perché gli americani volevano annacquarla", ha dichiarato la fonte, protetta dall'anonimato. Tra i sei leader rimasti al tavolo nella giornata finale, c'è stato "accordo sui punti principali" della crisi ucraina. C'è il "sostegno agli sforzi del presidente degli Stati Uniti per una pace giusta e duratura", ha spiegato la stessa Meloni, secondo cui il sostegno a Kiev va accompagnato con la pressione su Mosca, "particolarmente con le sanzioni".
Nel suo discorso al vertice Zelensky ha affermato che “Anche se il presidente americano ora non applica una forte pressione sulla Russia, la verità è: l’America ha ancora gli interessi più globali e il maggior numero di alleati. Avranno tutti bisogno di una forte protezione. Dovremo continuare a lavorare insieme, con il massimo livello possibile di coordinamento. Non solo politica e diplomatica, ma anche tecnologica e basata sugli investimenti. Vi esorto a continuare ad aumentare gli investimenti nella produzione di armi in Ucraina – questo è il modo più veloce per ottenere risultati… E insieme, - ha proseguito il presidente ucraino - dobbiamo continuare a sollecitare il presidente Trump a usare l’influenza che ha davvero – per costringere Putin a porre fine a questa guerra. Sono stati gli Stati Uniti e il presidente Trump a proporre un cessate il fuoco, la ripresa della diplomazia, gli incontri immediati e i negoziati. Ma la Russia ha bloccato ogni sforzo. Questa guerra continua a causa della Russia. Fin dall'inizio, è stata una guerra di aggressione improvvida e criminale. Non dobbiamo dimenticarlo. E dobbiamo mantenere la pressione – in tutte le direzioni – per portare finalmente la pace”.
25 giugno 2025