Premiato da Meloni per aver staccato il sindacato democristiano da Cgil e Uil e averlo sottomesso al “centro-destra”
L'ex segretario della Cisl Sbarra entra nel governo neofascista
“Repubblica” non dà rilievo al grave evento
L'arruolamento del segretario uscente della Cisl, Luigi Sbarra, nel governo neofascista, a dire la verità, non ha sorpreso granché. Da mesi giravano insistentemente le voci che la ducessa Meloni avesse in serbo per lui un ruolo di rilievo nel suo esecutivo. E così è stato, perché non gli è stato certo riservato uno strapuntino, avendo ottenuto la carica di sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per il Sud.
Non si tratta certo della prima volta che un sindacalista a fine mandato trasloca in qualche partito, sieda sugli scanni parlamentari o assuma ruoli di governo. Questa vergognosa prassi è ormai consolidata in Italia e in alcuni paesi europei. Magari stavolta è avvenuto in maniera fulminea, addirittura si sapeva già quando era ancora a capo del secondo sindacato italiano. Senza andare troppo lontano e nella stessa Cisl, ci sono stati casi come Annamaria Furlan (PD e poi Italia Viva) e Savino Pezzotta (Udc), Sergio d'Antoni e tanti altri segretari generali, senza contare le figure minori. Lo stesso si può dire per la Cgil: Cofferati, Epifani, Camusso e chi più ne ha più ne metta, oppure Giorgio Benvenuto della Uil, per rimanere ai soli sindacati confederali.
Generalmente i passaggi di leader sindacali sulle poltrone parlamentari, europee, governative o di sindaci e amministratori, non cambiavano granché nel sindacato di provenienza. Al massimo hanno generato dei “conflitti d'interesse”, come quando l'ex segretario Epifani votò a favore di una legge contro i lavoratori come il Jobs Act alla quale la Cgil si opponeva, anche se blandamente. E come succederà quando Sbarra si troverà a trattare con i leader sindacali, compreso chi gli è subentrato a capo della Cisl, ossia Daniela Fumarola.
“Adesso si capisce meglio perché Sbarra da segretario della Cisl ha detto di no al salario minimo e di sì al collegato lavoro e al decreto primo maggio, e sulle tre manovre di bilancio del governo non ha mai espresso sostanzialmente un giudizio critico”, ha affermato Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, aggiungendo però: “Ma ovviamente la Cisl è più grande del destino politico di Sbarra”. Mentre l'ex segretaria Furlan ha detto: “Le scelte politiche sono del tutto personali, non dell’organizzazione... chi immagina di poter mettere un cappello in testa di qualunque tipo alla Cisl, la conosce molto poco”.
Non siamo d'accordo nel liquidare la questione con queste valutazioni, qui siamo su di un piano diverso. Non si tratta soltanto di scelte personali, di un sindacalista che, come ha dimostrato e denunciato una inchiesta della trasmissione Report di un po' di tempo fa, più che difendere i lavoratori, partendo dai braccianti della Calabria, regione da cui proviene (come scrive la Cisl nella sua biografia), si è preoccupato dei suoi interessi e di quelli dei suoi parenti, tutti piazzati in enti pubblici. Un personaggio da sempre ammanigliato con i poteri regionali e locali, ed è grazie a questi rapporti che ha fatto carriera nella Cisl, e non certo per il suo impegno nella lotta contro i padroni.
Certo, a livello personale si premia un sindacalista che, ancora in carica, ostacolava qualsiasi mobilitazione contro il governo e già flirtava con la Meloni, praticamente già lavorava per lei. Ma è soprattutto un riconoscimento politico a chi ha fortemente contribuito a staccare la Cisl da Cgil e Uil, portando l'ex sindacato “bianco”, un tempo strettamente legato alla Democrazia Cristiana e poi ai suoi numerosi eredi, su posizioni da sindacato “nero”, sottomesso al governo della destra, in particolare di quella neofascista della Meloni.
Un percorso iniziato da tempo, ma che con la sua segreteria ha subito una forte accelerazione, perché così a destra la Cisl non era mai arrivata. Dal 2013 non fa uno sciopero generale con Cgil e Uil e la Cisl, di fatto, ha reciso l’unità sindacale confederale. Ha firmato ancora decine di contratti di categoria assieme alle altre due sigle, ma anche qui le cose stanno cambiando. La Cisl, assieme ai sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, e in contrasto con Fp-cgil e Uil Uil-Pa, a gennaio ha firmato il contratto del comparto Funzioni centrali dei ministeri (195 mila dipendenti). Pochi giorni fa, con le stesse modalità (Cisl + sindacati autonomi) è stato firmato il contratto della sanità, che prevede aumenti ridicoli (-10% rispetto all'inflazione) e peggioramenti dal punto di vista normativo. Dulcis in fundo
, sui referendum sul lavoro dell'8 e 9 giugno ha fatto campagna astensionista esattamente come il governo.
Ma la cosa più grave è quella di avere stretto un'alleanza con la destra italiana per rilanciare in grande stile il sindacato corporativo di tipo fascista. Ovvero un sindacato che rinuncia per principio alla lotta di classe, rinuncia alla sua stessa ragione per cui è nato, cioè difendere gli interessi dei lavoratori, per collaborare con i padroni e contribuire alla crescita e alla potenza della Nazione. Questa alleanza è stata suggellata dalla legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, scritta dalla Cisl e peggiorata dal governo.
Una legge che disegna un modello sindacale e relazioni industriali dove si cerca di comprimere il più possibile il conflitto di classe, in questo caso coinvolgendo i lavoratori nella gestione aziendale, seppur in maniera totalmente subalterna, marginale e solo formale. Perché i lavoratori non potranno mai diventare nel capitalismo i padroni delle proprie aziende. Il proletariato può avere la guida delle fabbriche, dell’intero sistema economico e produttivo del Paese e della macchina statale solo abbattendo il capitalismo e conquistando il potere politico e il socialismo.
Questo tipo di sindacato collaborazionista e corporativo, in una certa misura è sempre stato perseguito dalla Cisl fin dalla sua nascita (e in parte anche da Cgil e Uil). Mai però un sindacato confederale era arrivato ad un alleanza organica con un governo e un partito neofascista come in questo caso. Questa è sempre stata una prerogativa del sindacato fascista per eccellenza, l'Ugl e prima ancora la Cisnal, legate a doppio filo a Fratelli d'Italia e prima al MSI. Per Meloni si tratta di una vittoria, perché un conto è essere collaterali con l'Ugl, irregimentato sulle sue posizioni, altro è esserlo con la Cisl, che oltre ad essere molto più grande, grazie alla sua lunga storia di sindacato d'ispirazione cattolica “campione” di contrattazione, specie nel pubblico impiego, può esercitare un'influenza assai più forte sulle lavoratrici e i lavoratori.
Anche da questa vicenda non esce bene l'immagine del sindacato. È vero che la Cisl non ha mai esercitato grande influenza sulla parte più combattiva della classe operaia, ma il fatto che entrare nei gruppi dirigenti delle organizzazioni sindacali, diventi sempre più spesso un trampolino di lancio per fare carriera in partiti o governi ferocemente nemici dei lavoratori (e ci riferiamo anche quelli di “centro-sinistra”), non fa altro che alimentare il disgusto verso una forma di organizzazione invece più che necessaria ai lavoratori, a maggior ragione oggi che salari e diritti sono sempre più speso sotto attacco.
Ma non è di questi sindacati riformisti e istituzionali che abbiamo bisogno. Occorre un sindacato unitario che riunisca tutte le lavoratrici e i lavoratori, pensionate e pensionati, fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori. Un sindacato che operi in modo indipendente e autonomo dai governi, dal padronato e dai partiti; poggi la sua azione sulla lotta di classe; abbia come asse, per le sue politiche rivendicative e finalità strategiche, la centralità della classe operaia; rifiuti per principio la concertazione, la cogestione, il "patto sociale", il neocorporativismo, le compatibilità economiche capitalistiche, la subordinazione dei salari ai profitti e degli interessi generali delle masse lavoratrici alle esigenze dello Stato borghese.
Insomma, l'esatto contrario del modello di sindacato corporativo tanto caro alla Cisl e alla Meloni.
25 giugno 2025