Criminale atto di guerra dell'imperialismo americano contro l'Iran
Bombardati tre siti nucleari: per il dittatore fascista Trump contano solo la sua legge e gli interessi egemonici degli Usa in Medio Oriente e nel mondo
Khamenei: “Non abbiamo attaccato nessuno, non accettiamo attacchi di nessuno e non ci arrenderemo agli attacchi di nessuno. Questa è la logica della nazione iraniana”

Nella notte tra sabato e domenica 22 giugno l'imperialismo americano ha sferrato un criminale atto di guerra contro l'Iran col bombardamento di tre siti nucleari. Eppure negli ultimi giorni il fascioimperialista Trump, dopo aver fatto propria la dichiarazione sionista del “noi abbiamo il controllo dei cieli sopra l'Iran”, alternava dichiarazioni sulla possibilità dell'attacco, sì, no, non so modificata anche nella stessa giornata, poi si era assestato su un falso ultimatum, sarà tra 14 giorni. Netanyahu lo sollecitava, noi lo facciamo comunque con o senza gli Usa. La Ue gli reggeva il sacco; il G7 di Kananaskis faceva da spettatore alle scorribande di Trump che firmava la vergognosa e ipocrita dichiarazione sulla de-escalation e scappava a preparare l'attacco. Prima della partenza dal Canada Trump si faceva immortalare sulla panchina di legno del Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge in un colloquio con la neofascista Meloni che tramite una nota di Palazzo Chigi ci faceva sapere che “il colloquio ha permesso di discutere dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l’opportunità di riaprire la strada del negoziato’’.
Trump dopo essere uscito nel 2018 dall'accordo sul nucleare iraniano, firmato anche dagli Usa a Vienna nel 2015, aveva organizzato nel suo ultimo anno della sua prima presidenza l'assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani, e di un leader iracheno colpiti il 5 gennaio 2020 all'aeroporto di Baghdad in Irak; ora ha riaaperto il secondo mandato dallo stesso punto con le bombe sui siti nucleari iraniani. Bombe come le famigerate MOP “bunker buster”, finora mai utilizzate, sganciate dagli aerei “invisibili” B2 stealth. Alle supebombe che scavano crateri immensi nel sottosuolo, usate contro i siti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan si sono affiancati decine di tradizionali missili cruise Tomahawk lanciati da navi e sottomarini da tempo presenti nella regione e gli attacchi dell'aviazione sionista che non poteva certo stare a guardare. All'attacco l'Iran rispondeva intanto con attacchi missilistici su obiettivi in Israele.

Vietato colpire siti nucleari
Il diritto internazionale prevede specifici divieti e limitazioni riguardo agli attacchi contro siti e installazioni nucleari, in particolare per proteggere la popolazione civile e prevenire catastrofi ambientali. Sono divieti previsti dal diritto internazionale umanitario (DIU) nei due Protocolli Aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra del 1977, che all'Articolo 56 del Protocollo I stabilisce che “le opere e le installazioni che contengono forze pericolose, come dighe, argini e centrali nucleari, non devono essere oggetto di attacco, anche se si tratta di obiettivi militari, se tale attacco può provocare il rilascio di forze pericolose e, di conseguenza, causare gravi perdite tra la popolazione civile.” Non ci sono perdite radioattive in Iran, riportano dopo ogni colpo le fonti degli aggressori sionisti e imperialisti americani, l'AIEA conferma anche se si lamenta di non poter inviare il personale presente in Iran a verificare sui siti giornalmente colpiti, quindi l'attacco non è illegale secondo il nuovo diritto internazionale scritto con le bombe dai criminali Putin in Ucraina, Netanyahu a Gaza e in tutta la regione mediorientale e da Trump in Iran.

Gli imperialisti europei si accodano a Trump
Nessun problema per l'imperialismo europeo. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, inizia un suo messaggio con queste parole: “l'Iran non deve assolutamente entrare in possesso della bomba”; da cui peraltro era lontana secondo anche i recenti rapporti dei servizi americani, cestinati da Trump cui faceva comodo la versione del “pericolo imminente” sbandierato da un decennio dai sionisti. “Non abbiamo mai detto che stessero costruendo un’arma nucleare”, precisava il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi 5 giorni dopo che era partita l'aggressione all'Iran. Eppure la farlocca versione sionista ha un convinto sostenitore nel ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. E in giornata il Viminale annunciava che erano state potenziate le attività di prevenzione e analisi dei rischi per la sicurezza interna e che oltre 29.000 obiettivi sensibili erano stati sottoposti a vigilanza, solo un migliaio riguardano “interessi statunitensi e israeliani”, gli altri sono tutti nostri e allora siamo in guerra per davvero.
Kaja Kallas, Alta rappresentante dell’Ue, esortava tutti i Paesi coinvolti “a tornare al tavolo delle trattative e a impedire un'ulteriore escalation”, rinviando altri commenti alla riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue del 23 giugno. Facile la risposta iraniana, non siamo stati noi a lasciare i tavoli negoziali ma Usa e Israele alla vigilia guarda caso delle aggressioni militari. Neanche una parola, se non timide condanne riportate col copia-incolla da un documento all'altro almeno da un paio di anni, da parte dei paesi arabi reazionari. Appena poco più articolata la scontata condanna degli alleati dell'Iran, Cina e Russia; in fin dei conti se l'imperialista Trump resta impegnato in una crisi mediorientale ha meno tempo e risorse per lo scenario nell'Indo-pacifico e questo non dispiace affatto al socialimperialista Xi che al momento magari non è in grado di affrontare direttamente il rivale. Stesso discorso per Putin che può giocare sullo scambio di vantaggi nella guerra all'Ucraina e che anche di recente ha ricordato i due milioni di ebrei russi che vivono nell'entità sionista.
L'Oci, l'Organizzazione per la Cooperazione dei paesi islamici, i cui ministri degli Esteri erano riuniti a Istanbul 21 e 22 giugno evitava riferimenti all'attacco Usa nella dichiarazione finale già preparata e centrata sulla questione palestinese e lasciava al Segretariato Generale esprimere la “profonda preoccupazione” in seguito agli attacchi contro gli impianti nucleari nella Repubblica Islamica dell'Iran. L'attacco Usa costituisce “una pericolosa escalation che potrebbe aumentare le tensioni e minacciare la sicurezza, la pace e la stabilità nella regione”, dichiarava il segretario che ricordava la sua dichiarazione del 13 giugno 2025 in cui aveva ribadito la sua condanna e denuncia della violazione della sovranità della Repubblica Islamica dell'Iran e del diritto e delle convenzioni internazionali da parte di Israele.

La prima risposta iraniana
Alle superbombe americane rispondeva in prima battuta il ministero degli Esteri iraniano, “l'Iran si riserva il diritto di difendersi dall'aggressione statunitense con tutte le sue forze"; "il mondo non deve dimenticare che sono stati gli Stati Uniti, nel bel mezzo di un processo diplomatico, a tradire la diplomazia", e sottolineando come gli attacchi costituiscono una violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale indicava che il governo degli Stati Uniti "si assume la piena responsabilità delle gravi conseguenze e delle terribili ripercussioni di questo crimine efferato".
Sul piano militare l'Iran rispondeva col lancio di missili sull'aeroporto Ben Gurion, sul centro per la ricerca biologica del Paese, su basi logistiche e diversi centri di controllo e comando, su Tel Aviv e Haifa durante il suo 20° attacco aereo sui sionisti dopo l'aggressione del 13 giugno scorso. Successivamente i missili iraniani colpivano la base americana in Qatar. Prima del criminale attacco Usa e davanti all'ultimatum di Trump che pretendeva “una resa incondizionata” la Guida Suprema della Repubbica islamica, Ali Khamenei ammoniva: “Se gli Usa ci attaccano, subiranno un danno irreparabile. Questa nazione non si arrenderà”. Nelle ore immediatamente successive al contrattacco iraniano sulla base americana in Qatar ricordava al mondo intero: “Non abbiamo attaccato nessuno, non accettiamo attacchi di nessuno e non ci arrenderemo agli attacchi di nessuno. Questa è la logica della nazione iraniana”.
L'Organizzazione per l'Energia Atomica dell'Iran (AEOI) definiva i bombardamenti Usa una chiara violazione del diritto internazionale un "atto barbaro e illegale", in flagrante violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), in un messaggio diffuso dall'agenzia iraniana Tasnim. L'organizzazione denunciava la posizione passiva dell'AIEA, che non solo ignora le violazioni ma, con il suo silenzio, consente un comportamento così aggressivo.
Il governo di Teheran chiedeva inoltre una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu, al momento in corso.

Lo scambio di elogi tra i due Hitler Netanyahu e Trump
L'attacco Usa era annunciato da Trump e riportato dalle agenzie alle 2 della notte (fuso orario in Italia), “abbiamo completato con successo il nostro attacco ai tre siti nucleari in Iran, tra cui Fordow, Natanz ed Esfahan. (…) Congratulazioni ai nostri grandi guerrieri americani. Nessun altro esercito al mondo avrebbe potuto fare questo. ORA È IL MOMENTO DELLA PACE!” e "questo è un momento storico per gli Stati Uniti d'America, Israele e il mondo". Un paio di ore dopo nel discorso alla nazione tenuto dalla Casa Bianca, con alle spalle schierati i triunviri, il vice Vance, il segretario di Stato Rubio e quello alla Difesa Hegseth vicino a lui rincarava la dose, “l'Iran, il bullo del Medio Oriente che da anni minaccia morte all’America e a Israele, deve ora fare la pace. Se non la farà, gli attacchi futuri saranno molto più gravi e molto più facili. Abbiamo molti altri obiettivi, che verranno colpiti con rapidità e precisione”.
Già la prima dichiarazione gli era valsa l'elogio del criminale Netanyahu che in un video affermava: "Nell'operazione Rising Lion abbiamo ottenuto insieme risultati senza precedenti nella storia di Israele. Prima, in piena coordinazione tra me e il presidente Trump, e con pieno coordinamento operativo tra le forze di difesa israeliane e l'esercito Usa, gli Stati Uniti hanno attaccato i tre siti nucleari iraniani: Fordow, Natanz e Isfahan. Questo programma minacciava la nostra sopravvivenza ed era anche un rischio per la pace dell'intero mondo". Trump “è un grande amico di Israele, un amico senza eguali”. Che segue la stessa filosofia della “lpace attraverso la forza. Prima viene la forza, poi viene la pace”, spiegava il criminale nazisionista. Il primo principio della legge della jungla.
"La decisione di Trump è coraggiosa e cambierà la storia", aveva evidenziato Netanyahu e a confermare la piena sintonia con Tel Aviv, una sintonia sostanziale arrivava la dichiarazione della rappresentante Usa a interim Dorothy Shea alla riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu: “per 40 anni, il governo iraniano ha invocato la morte dell'America e la morte di Israele e ha rappresentato una minaccia costante per la pace e la sicurezza dei suoi vicini, gli Stati Uniti e il mondo intero". Per questo, ha continuato, "per adempiere alla sua missione fondamentale di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, questo Consiglio deve esortare il regime iraniano a porre fine ai suoi 47 anni di sforzi per sradicare lo Stato di Israele, a porre fine alla sua corsa alle armi nucleari, a smettere di prendere di mira i cittadini e gli interessi americani e a negoziare la pace in buona fede per la prosperità e la sicurezza del popolo iraniano e di tutti gli altri Stati della regione". Palestinesi esclusi, ovviamente, da una analisi tutta di comodo che esprime il sentimento degli arroganti imperialisti americani e dei nazisionisti alla riunione Onu che discute di una bozza di risoluzione che chiede "un cessate il fuoco immediato e incondizionato" tra Iran, Israele e Stati Uniti, “la protezione dei civili, il rispetto del diritto internazionale e il ritorno al dialogo e al negoziato", presentata da Cina, Russia e Pakistan.

25 giugno 2025