Due cortei attraversano la città di Genova
TRENTA GIUGNO: la lotta contro il fascismo di ieri e la lotta contro il governo neofascista Meloni

Dal corrispondente di Genova de “Il Bolscevico”
Trenta giugno. Nella città di Genova il 30 giugno non è solo una data di lotta che ricorda i fatti del 30 giugno del 1960, quando il popolo genovese, con alla testa portuali, operai, ex-partigiani, e giovani con “le magliette a righe”, insorse contro la provocazione fascista di voler tenere il congresso del MSI, da poco entrato a fare parte del governo Tambroni, a Genova, città medaglia d’oro per la Resistenza.
La data 30 giugno è simile a una parola d’ordine, vibra dentro i corpi degli antifascisti, degli anticapitalisti, e significa Rivolta. Quando dal corteo si eleva, e deve avvenire ben scandito e senza tentennamenti dalle gole dei manifestanti, è perché la tensione si fa elevata, perché la misura si fa colma, e lo scontro sociale sale di tono. È patrimonio delle file operaie più combattive, quell’urlo, quel monito. Con il ricambio generazionale in atto quello slogan, nei cortei, si sente sempre meno. È stato, in parte, sostituito con altre, e forse più contemporanee, parole d’ordine. Ma in ogni modo quel suo valore storico rimane assoluto, non è stato assolutamente scalfito. Ogni proletario genovese, ogni appartenente alla classe operaia, ricorda quando nelle manifestazioni di qualche anno fa, percorrendo le strade della città e soprattutto in prossimità di quelle vie più strette in cui gli incombenti palazzi rinascimentali creano l’effetto suggestivo di un canyon, insorgeva spontaneo, con forza, con rabbia, e ripetuto fino a che la gola bruciava, il grido ritmato TRENTA GIUGNO! Quella parola d’ordine, scandita dalla classe operaia, dagli studenti, dagli antifascisti e dagli anticapitalisti, si alzava simile alla marea. Tutto vibrava. Perché quel grido era più che un monito, era soprattutto una prospettiva di Rivolta. Voleva ricordare quella data, ma intendeva, in verità, descrivere un possibile e quasi maturo futuro. La risonanza di quel grido entrava nei caruggi che fiancheggiavano le strade. Entrava nelle stanze del potere. Era principalmente via San Lorenzo il luogo deputato a ospitare quel grido. Non sofferto. Non commemorativo. Ma carico di forza, di quella forza che solo la classe operaia può possedere. E che intendeva auspicare che i tempi si stavano facendo maturi.
Giunti in cima a quella via il corteo arrivava in piazza De Ferrari (uno degli scenari in cui si svolse la vincente battaglia, contro la celere, combattuta dalla classe operaia genovese nel lontano, 30 giugno 1960). Chi sostava in quello slargo, cuore della città di Genova, chi stava in attesa dell’arrivo del corteo principale, non poteva che accogliere quell’immensa parola d’ordine con un applauso per unirsi poi al coro. C’è una canzone genovese che esalta quella giornata e nella quartina finale recita; semmu du meu/ purtemmu a maggia russa/ guai chi ne tucca/ u pigemmu a priuné (siamo del Molo/ portiamo la maglia rossa/ guai a chi ci tocca/ lo prendiamo a sassate.
Nella giornata del 30 giugno 2025 Genova è stata attraversata da due distinti cortei. Quello organizzato dagli antagonisti e anticapitalisti e quello indetto dalla CGIL e dall’ANPI. Nel secondo hanno aderito le istituzioni cittadine, e i partiti del “centro-sinistra” raccolti sotto il capello del Campo Largo. Il corteo istituzionale, composto da circa un migliaio di partecipanti, si è dato appuntamento alle 16:30 in Piazza della Vittoria. Si è mosso per via XX Settembre per fermarsi sotto il Ponte Monumentale in cui è fissata una lapide che ricorda i 1.863 caduti partigiani e i 2.250 deportati nei campi di concentramento nazisti. Ha proseguito quindi il proprio cammino passando in piazza De Ferrari per fermarsi, in conclusione, presso lo slargo Alessandro Pertini, dove ha preso la parola, per un saluto, la sindaca di Genova Silvia Salis. È poi intervenuto il segretario CGIL di Genova Igor Magni, il presidente dell’ANPI di Genova Massimo Bisca, le conclusioni sono state affidate al segretario generale della CGIL Maurizio Landini.
Il secondo appuntamento, quello antagonista e anticapitalista, è stato fissato alle ore 18 in piazza Alimonda. Slargo diventato tristemente famoso in seguito alla morte, per mano di un carabiniere, del ragazzo di 22 anni Carlo Giuliani avvenuta il 20 luglio 2001 durante il G8 di Genova, e proprio per questo diventato, per gli antagonisti e gli antifascisti, un punto di riferimento non rinunciabile. Un corteo vivo, in cui hanno aderito circa un migliaio di antifascisti, per nulla semplicemente commemorativo, e con parole d’ordine che spaziavano contro il decreto sicurezza, contro la repressione, contro il razzismo, contro il governo della ducessa Meloni. Nelle loro parole d’ordine non poteva mancare un riferimento al martoriato popolo palestinese, a sostegno dei lavoratori che si oppongono al passaggio delle armi israeliane nei porti italiani e soprattutto in quello di Genova. Il corteo è partito alle 19:30 e accompagnato da musica, rulli di tamburi e al grido “Siamo tutti antifascisti” ha percorso le vie principali della città per giungere, come tradizione pretende, in piazza De Ferrari.
Il 30 giugno del 1960 ha insegnato, se ce ne fosse ancora bisogno, che il fascismo, e ogni forma neppure tanto occulta di fascismo, si può arrestare solo quando il popolo interviene per arrestarlo. Non bastano le denunce, non bastano i comunicati. Serve la piazza. E se non si ricorre alla piazza il governo neofascista Meloni farà tutta la legislatura completando il regime capitalista neofascista con il premierato e la separazione delle carriere dei magistrati, come voleva la P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi.
 
2 luglio 2025