La debolezza dell'appello di un gruppo di intellettuali contro la “minaccia del fascismo”
“Nel 1925, l'intellettuale italiano Benedetto Croce scrisse il primo Manifesto degli intellettuali antifascisti, consapevole di avere il diritto di parlare e il dovere di rispondere all'ascesa del fascismo in Italia. Un secolo dopo, intellettuali di tutto il mondo stanno lanciando l'allarme e denunciando il ritorno del fascismo, chiedendo a tutti i cittadini democratici di unirsi a loro”. Così si apre, sul sito di Stopreturnfascism.org
, la presentazione, con invito a firmarlo, dell'appello lanciato da un folto gruppo di intellettuali, ricercatori e docenti universitari internazionali contro il ritorno della “minaccia del fascismo”, a 100 anni dalla “lettera aperta” con cui “il 1° maggio 1925, con Mussolini già al potere, un gruppo di intellettuali italiani denunciò pubblicamente il regime fascista”.
L'appello, in forma di lettera aperta datata 14 giugno 2025, è stato lanciato inizialmente in Argentina, Australia, Brasile, Francia, India, Italia, Germania, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti, e al 24 giugno era stato firmato da oltre 7000 cittadini e 400 accademici, tra cui 31 premi Nobel. Tra questi anche diversi professori, scrittori e intellettuali italiani, tra cui Giovanni De Luna, Andrea Giardina, Nadia Urbinati, Giorgio Parisi, Chiara Saraceno, Tomaso Montanari, Giovanni Gozzini e altri.
Una “nuova ondata” di movimenti fascisti
Si tratta perciò di un'iniziativa di notevole spessore e risonanza, che esorta a “denunciare e resistere alla rinascita del fascismo in tutte le sue forme”, che oggi è portato avanti, come spiega la lettera, da “una nuova ondata di movimenti di estrema destra, spesso con tratti inconfondibilmente fascisti”, e che “sono riemersi in tutto il mondo, comprese le democrazie più consolidate dove il malcontento diffuso per l’incapacità della classe politica di affrontare le crescenti disuguaglianze e l’esclusione sociale”, viene sfruttato dalle “nuove figure autoritarie”. Figure che “fedeli al vecchio copione fascista, sotto la maschera di un mandato popolare illimitato”, minano “lo stato di diritto nazionale e internazionale, colpendo l’indipendenza della magistratura, della stampa, delle istituzioni culturali, dell’istruzione superiore e della scienza; arrivando persino a tentare la distruzione dei dati essenziali alla ricerca scientifica. Fabbricano 'fatti alternativi' e inventano 'nemici interni'; strumentalizzano le preoccupazioni per la sicurezza per consolidare il proprio potere e quello dell’1% ultra-ricco, offrendo privilegi in cambio di lealtà”.
È evidente l'allusione al dittatore fascioimperialista Trump e allo scempio che sta facendo dei diritti democratici, della libertà di espressione e dissenso, dell'autonomia universitaria e del pensiero critico scientifico, ma che può valere anche per l'Europa, e in particolare per i regimi di Orban e Meloni. Tuttavia l'appello ha anche molti punti deboli e limiti politici di fondo, che a nostro avviso non lo rendono all'altezza della sfida posta dal risorgente fascismo, né a livello internazionale, né per quanto riguarda la situazione in Italia. Come del resto non lo era neanche il richiamato “Manifesto degli intellettuali antifascisti” del 1925 nei confronti della dittatura mussoliniana, al quale l'appello si ispira al punto da averne assorbito anche troppo l'impostazione idealistica liberale e la debolezza della proposta politica.
Il manifesto liberale di Benedetto Croce del 1925
Il cosiddetto “Manifesto degli intellettuali antifascisti” del 1° maggio 1925, fu in realtà una lettera di risposta, scritta da Benedetto Croce su sollecitazione di Giovanni Amendola, al “Manifesto degli intellettuali fascisti” redatto da Giovanni Gentile uscito il 21 aprile in occasione del “Natale di Roma”, per compattare il consenso degli intellettuali in Italia e all'estero intorno al duce e alla dittatura fascista. La lettera venne pubblicata in più riprese su diversi quotidiani come “replica” o “risposta” degli “intellettuali non fascisti” al manifesto gentiliano, e fu firmata da quasi 300 intellettuali, per la maggior parte professori universitari, ma non fu certo un “manifesto antifascista”, né tanto meno una dichiarazione di opposizione politica al fascismo, ma piuttosto un manifesto liberale: cioè di riaffermazione dei “valori” di quella stessa borghesia liberale che aveva foraggiato, consentito o quantomeno tollerato la sanguinaria ascesa del fascismo in nome della lotta al bolscevismo e della sconfitta del movimento operaio, contadino e popolare. Del resto lo stesso senatore Croce aveva votato a favore del primo gabinetto Mussolini dopo la marcia su Roma, e lo aveva rivotato pure il 24 giugno 1924, dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti.
In quella lettera, accanto a critiche piuttosto blande al manifesto gentiliano, Croce si limitava a riaffermare infatti che “gli intellettuali hanno il solo dovere di attendere, con l'opera dell'indagine e della critica e le creazioni dell'arte, a innalzare parimenti tutti gli uomini e tutti i partiti a più alta sfera spirituale affinché con effetti sempre più benefici, combattano le lotte necessarie”; e che “varcare questi limiti dell'ufficio a loro assegnato, contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore”. “Quel che importa – concludeva la lettera - è che si sappia ciò che si vuole e che si voglia cosa d'intrinseca bontà. La presente lotta politica in Italia varrà, per ragioni di contrasto, a ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più consapevole affetto”. Tutt'altro che una dichiarazione di guerra al fascismo, come si vede, ma piuttosto una timida, quanto ormai puramente retorica, difesa del liberalismo borghese, di fronte alla brutalità della dittatura mussoliniana ormai conclamata.
Ignorate le cause della nascita del fascismo
Purtroppo, fatte le debite trasposizioni storiche, un risultato analogo rischia di averlo oggi anche l'appello dei 400 accademici internazionali. Esso comincia con una rievocazione storica della nascita del fascismo 100 anni fa in Italia, per poi affermarsi in tutta Europa, descrivendone correttamente le caratteristiche essenziali: “Ovunque prese il potere, smantellò la separazione dei poteri in favore di un modello autocratico, represse l’opposizione con la violenza, si impadronì della stampa, fermò il progresso dei diritti delle donne e soffocò le mobilitazioni operaie e le loro richieste di giustizia sociale ed economica. Inevitabilmente, penetrò e distorse tutte le istituzioni dedicate alle attività scientifiche, accademiche e culturali. Il suo culto della morte esaltò l’aggressione imperialista e il razzismo genocida, scatenando la Seconda guerra mondiale, l’Olocausto, la morte di decine di milioni di persone e crimini contro l’umanità”.
Ma non dice nulla sulla cause che portarono allora al fascismo, e ancora stanno portando oggi al suo ritorno, che risiedono nel sistema capitalista: cioè, ogni volta che, come sta avvenendo oggi, la democrazia liberale borghese non è più sufficiente a mantenere il controllo sul proletariato e le altre classi subalterne, specialmente in presenza di grandi crisi economiche e preparativi di guerra, la borghesia getta la maschera liberale ricorrendo alla dittatura terroristica e poliziesca aperta per difendere il sistema capitalista e mantenere i suoi privilegi e il suo dominio di classe. E questa è la questione chiave, perché se non ci si pone il problema di abbattere il capitalismo e cambiare la società trasferendo il potere dalla borghesia al proletariato, cioè della rivoluzione socialista, il fascismo non sarà mai definitivamente sconfitto, in quanto è figlio e strumento del capitalismo e della classe dominante borghese.
Al massimo lo si potrà limitare temporaneamente per tornare al regime di democrazia liberale borghese, come è successo in Italia con la guerra civile e la Resistenza partigiana, e come sembra infatti auspicare l'appello, laddove dice che “il fascismo non è mai scomparso ma per un certo periodo è stato contenuto”. Si riferisce alla seconda metà del Novecento, al “mondo emerso dalla seconda guerra mondiale”, che sebbene “segnato da profonde disuguaglianze”, rappresentò tuttavia “un tentativo decisivo di costruire un ordine giuridico internazionale. Una sorta di modello a cui ritornare in alternativa alle crescenti “minacce” di ritorno del fascismo cresciute negli ultimi vent'anni.
Apologia delle democrazie liberali borghesi
Da qui l'esaltazione delle “società democratiche”, cioè liberali borghesi, che l'appello fa ricalcando quello di Croce. Democrazie che “non sono perfette: sono vulnerabili alla disinformazione e non ancora sufficientemente inclusive. Tuttavia, per loro natura, offrono un terreno fertile per il progresso intellettuale e culturale, e quindi hanno sempre il potenziale per migliorare”. “Le istituzioni democratiche – sottolinea infatti la lettera aperta - offrono il miglior quadro possibile per affrontare le ingiustizie sociali e la migliore speranza di realizzare le promesse del dopoguerra: il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla sicurezza sociale, alla partecipazione alla vita culturale e scientifica, e il diritto collettivo dei popoli allo sviluppo, all’autodeterminazione e alla pace”.
Col che si ritorna al problema di partenza: come si sradica definitivamente il fascismo se non si abbatte il capitalismo e il potere della borghesia che lo generano? E inoltre, l'avvento sfrenato del neoliberismo, dalla caduta del muro di Berlino in poi, non ha forse dimostrato a sufficienza che la democrazia liberale borghese, una volta esorcizzato lo spettro del comunismo (in realtà già rinnegato molto prima dai regimi revisionisti dell'Urss e della Cina, dopo la morte di Stalin e di Mao), è intrinsecamente incompatibile con l'uguaglianza sociale, il soddisfacimento dei bisogni delle masse e il mantenimento della pace?
Ma anche a prescindere da ciò, la lettera parla del ritorno del fascismo come una “minaccia”, come se si trattasse di “tendenze autoritarie” in società e istituzioni democratico-borghesi ancora strutturalmente “sane”, e infatti l'appello si conclude con l'esortazione a fare della “resistenza all'autoritarismo” un “impegno permanente”; a “difendere insieme le istituzioni democratiche, culturali ed educative”, e così via. Purtroppo, invece, il fascismo è già al governo in diverse delle suddette “democrazie”: sicuramente negli Usa di Trump, nell'Ungheria di Orban e in Italia della ducessa Meloni. Ed è questo il punto cruciale: continuare a gridare contro la minaccia di un ritorno del fascismo quando invece il regime capitalista neofascista è già instaurato e operante in paesi come l'Italia col governo Meloni, finisce per diventare fuorviante o persino complice di questi regimi. E rischia di chiudere le stalla quando i buoi sono già scappati.
La via maestra per sradicare il fascismo
Naturalmente ciò avviene oggi sotto altre forme più “moderne”, più consone al XXI secolo e più difficili da riconoscere rispetto al fascismo storico, tant'è che si parla di neofascismo, che però viene negato da molti intellettuali e giornalisti, in buona o cattiva fede, che preferiscono parlare di “autoritarismo” e di “regimi illiberali”. Compresi gli intellettuali italiani che hanno firmato l'appello, salvo forse Tomaso Montanari, che però pur essendo tra i pochi che riconoscono che il fascismo è già tornato al potere con la Mussolini in gonnella, si aggrappa alla Costituzione, ovvero alla sua “piena attuazione”, come unica alternativa possibile al regime capitalista neofascista imperante in Italia. Non considerando che essa non è più quella del 1948, per le modifiche piduiste e da destra subite in tutti questi anni, e che comunque è nella sua sostanza una Costituzione liberale borghese, antiproletaria e anticomunista, che sancisce il potere di classe della borghesia. Col che egli ricade nello stesso circolo vizioso degli estensori dell'appello: resistere al neofascismo per tornare al liberalismo borghese, che cova in seno il fascismo.
Nel suo editoriale per il 47° Anniversario della fondazione del PMLI, intitolato “La via maestra per cambiare l'Italia”, dopo aver dimostrato nel dettaglio la natura di classe della Costituzione, tanto da essere diventata la bandiera comune della “sinistra” e della destra del regime capitalista neofascista, il Segretario generale Scuderi ha scritto: “Quest'ultimo governo (il governo neofascista Meloni, ndr), che rappresenta il ritorno di Mussolini nelle vesti femminili, 'democratiche' e costituzionali, sta attuando esattamente la stessa politica interna ed estera di Mussolini e sta completando col premierato il “Piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli e di Silvio Berlusconi, senza incontrare alcun ostacolo concreto e risolutivo dall'imbelle 'sinistra' borghese. Va fermato. Dalla piazza. Come è possibile allora fare affidamento sulla Costituzione, in cui si riconoscono le due ali principali della classe dominante borghese, per cambiare l'Italia? Se non si abbandona ogni illusione costituzionale e non si intraprende la via maestra della Rivoluzione Socialista d'Ottobre niente di sostanziale potrà cambiare
”.
Prima prenderanno coscienza di questa verità, e prima le intellettuali e gli intellettuali del popolo potranno rompere la gabbia della falsa alternativa tra fascismo e liberalismo borghese, e dare tutto il loro contributo fondamentale alla lotta di classe, per l'abbattimento del regime capitalista neofascista e la conquista del socialismo e del potere politico del proletariato. La vera via maestra per sradicare per sempre il fascismo.
2 luglio 2025