Si allunga la scia di sangue, ancora morti sul lavoro
A Mestre operaio ferito abbandonato alla fermata del bus

Come un lugubre bollettino di guerra l'elenco dei morti sul lavoro si allunga di giorno in giorno.
Lunedì 23 giugno: 2 operai sono morti in Lombardia, entrambi deceduti in lavori di estrazione. Un operaio di 54 anni ha perso la vita dopo essere stato schiacciato da una lastra di marmo in una cava a Botticino, in provincia di Brescia. La dinamica non è ancora chiara. L’uomo era impegnato nella lavorazione di marmo nella cava quando è avvenuto l’incidente. Dopo le operazioni di soccorso del 118 e dei vigili del fuoco, è stato trasportato in codice rosso con elisoccorso in ospedale dove è successivamente morto nel reparto di rianimazione. L'altro morto a Faloppio, nel Comasco, un 57enne schiacciato mentre era al lavoro in una cava in località Fornace. Secondo una prima ricostruzione l’incidente è avvenuto intono alle 11:20 quando l’uomo è rimasto schiacciato dai detriti durante alcune operazioni all’interno della cava. Una volta estratto, il personale del 118 ha potuto solo constatarne il decesso. Sempre in una cava, un operaio di 65 anni, Elio Reina, di Cammarata (Agrigento), era morto il 19 giugno a Castronovo di Sicilia, in provincia di Palermo, schiacciato da un mezzo meccanico.
Ancora una vita spezzata mentre svolgeva una normale giornata lavorativa a Montalcino (Siena). Martedì 24 giugno ha perso la vita un lavoratore agricolo di 52 anni, Diego Prianti, l’ennesima morte in un settore che continua a pagare un prezzo altissimo in termini di sicurezza. L'autorità giudiziaria ha disposto l'autopsia sul corpo dell'operaio per capire meglio la dinamica dell'accaduto. Dalle prime rilevazioni sembrerebbe che mentre l'uomo era alla guida di un escavatore, i rulli avrebbero sollevato dal terreno un frammento metallico, scagliandolo come un proiettile verso l'abitacolo del mezzo agricolo e colpendo l'operaio alla gola. Il 26 giugno a Certaldo (Firenze), un operaio di 62 anni è morto sul ponteggio di un cantiere. Sembra che non siano state rilevate ferite e si pensa ad un malore. Certo deve indignare il fatto che un ultrasessantenne si trovi ancora a lavorare in un cantiere, su di un tetto, con temperature che sfiorano i 40 gradi.
Ancora un Infortunio mortale sul lavoro il 26 giugno nell’area industriale di Colobraro, in provincia di Matera. A perdere la vita Franco Celano, un uomo di 66 anni del posto, addetto alla nettezza urbana. L’uomo è stato travolto da un cancello all’inizio del suo turno di lavoro. Sempre il 26 giugno, giornata terribile per le morti sul lavoro, ha perso la vita un operaio agricolo di 50 anni, mentre stava lavorando alla sfalciatura dell'erba nelle campagne di Castel del Monte, a pochi chilometri da Andria, quando ha accusato un malore, si è accasciato al suolo ed è morto. Si chiamava Vincenzo Conversano. Tra le ipotesi rispetto alle cause del malore, ancora al vaglio degli inquirenti, c’è una congestione, che potrebbe essere stata favorita dall’ondata di calore che ha colpito la regione Puglia.
Infine segnaliamo un caso nel Veneto, che per fortuna non ha causato la morte dell'operaio coinvolto, ma è emblematico delle inaccettabili condizioni di lavoro esistenti in alcuni settori. È caduto da un’impalcatura mentre lavorava, poi è stato abbandonato, ferito, alla fermata del bus, senza che nessuno chiamasse i soccorsi. È accaduto il 25 giugno a Mestre a un operaio 19enne di origini marocchine, trovato da alcuni passanti accasciato sulla panchina della fermata. Il ragazzo è stato poi portato in ospedale con lesioni gravi, ma non è in pericolo di vita. Quando i medici sono arrivati sul posto, hanno giudicato le ferite compatibili con una caduta da un’altezza da un secondo o terzo piano. I carabinieri stanno indagando sull’accaduto per omissione di soccorso, forse avvenuta perché l’operaio ferito non aveva un contratto di lavoro regolare.
Nei primi quattro mesi del 2025 (ultimi dati Inail disponibili), i morti sul lavoro sono stati 286, 21 in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Sono omicidi. Meglio ancora “operaicidi”, come segnala Bruno Giordano, ex direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL): “Quando si tratta di 1.070 operai all’anno ammazzati chiamiamoli operaicidi: non si muore sul lavoro nei consigli di amministrazione”.
Mentre gli operai continuano a morire sul lavoro, il governo neofascista Meloni si rifiuta di adottare tutte quelle misure preventive e repressive verso le imprese che continuano a mandare i lavoratori al macello, misure che potrebbero concretamente contrastare questo stillicidio e impedire questo bollettino di guerra.

2 luglio 2025