Nell'ambito della costruzione del nuovo porto commerciale
Il sindaco di Molfetta Minervini arrestato per corruzione
Incarichi pilotati, rendicontazioni falsificate e condotte illegali contro l'inchiesta della magistratura

Lo scorso 6 giugno il sindaco di “centro-destra” di Molfetta, Tommaso Minervini, è stato arrestato ed è finito agli arresti domiciliari su disposizione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani nell'ambito dell'inchiesta della Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale riguardante appalti e favori nell'ambito delle elezioni amministrative 2022.
Minervini era stato sottoposto insieme ad altre sette persone a interrogatorio preventivo da parte della Procura il 2 maggio scorso, ma l'esito di tale atto non aveva convinto i magistrati di quell'ufficio, tanto che questi ultimi hanno poi richiesto al Giudice per le indagini preliminari, e ottenuto, misure cautelari per Minervini e per altri indagati. Infatti è finita ai domiciliari anche la dirigente comunale Lidia De Leonardis, mentre per altri due dirigenti dello stesso ente, Alessandro Binetti e Domenico Satalino, è stata disposta la misura cautelare dell'interdizione per un anno dall'attività lavorativa, per l'ex luogotenente della guardia di finanza Michele Pizzo è stato disposto il divieto di dimora a Molfetta e per l'imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo il divieto per un anno di contrarre con la pubblica amministrazione.
In totale, oltre ai sei di cui sopra, risultano indagate nello stesso procedimento penale altre quindici persone a piede libero: i nomi più significativi tra questi quindici sono quelli del funzionario comunale Mario Morea e di Tommaso Messina, cugino di Minervini ed ex autista comunale che dovrà rispondere soltanto di peculato d'uso per l'utilizzo a fini personali di auto di proprietà pubblica.
A carico di Minervini e degli altri indagati – a parte Messina, al quale viene contestato soltanto il peculato d'uso - il Giudice per le indagini preliminari ha riconosciuto la sussistenza di gravi indizi per ciò che riguarda i reati di corruzione, turbativa d’asta, peculato, falso in atto pubblico, depistaggio, frode in processo penale, rivelazione di segreto d'ufficio e frode in pubbliche forniture.
Le accuse della Procura sono relative soprattutto alla costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta, già oggetto di un’inchiesta per corruzione nel frattempo approdata a processo, e i magistrati inquirenti di Trani ritengono che Minervini abbia promesso a Totorizzo, uno dei più importanti operatori portuali pugliesi, la gestione per trenta anni delle nuove banchine portuali in cambio del sostegno elettorale da parte di quest'ultimo che si sarebbe concretizzato nella candidatura del figlio del noto imprenditore, Giuseppe Totorizzo, nella lista 'Insieme per la città' nella quale effettivamente il figlio dell'imprenditore portuale si candidò alle elezioni amministrative del 2022 risultando fondamentale per l'elezione a sindaco di Minervini.
Partendo dalla costruzione del porto, le indagini hanno poi messo alla luce episodi gravissimi che contraddistinguevano in modo sistematico l'attività amministrativa del Comune di Molfetta quali incarichi pilotati, rendicontazioni falsificate per non perdere finanziamenti e, da ultimo, un reato specifico di cui la Procura ritiene responsabile l'ex luogotenente della guardia di finanza Michele Pizzo: quest'ultimo, che come ex finanziere era perfettamente al corrente della prassi utilizzata dai corpi di polizia per mettere le cimici che servono per intercettazioni ambientali e che era stato avvisato da Minervini che c'erano già indagini relative al porto turistico, ricevette dal Comune oltre 4.000 euro per rimuovere illegalmente le cimici che i suoi ex colleghi avevano installato negli uffici comunali, rendendosi ovviamente conto che tali strumenti erano stati posizionati su disposizione di magistrati.
 

9 luglio 2025