Scatta la tregua mediata dagli Usa
Israele bombarda Damasco
I nazisionisti vogliono allargarsi in Siria

L’inviato speciale degli Stati Uniti per la Siria e il Libano, Tom Barrack, confermava via social che nel pomeriggio del 20 luglio, alle ore 17 a Damasco, era entrata ufficialmente in vigore la tregua tra Siria e Israele, dopo una settimana di scontri tra milizie druse e quelle beduine, appoggiate dalle forze governative, nella provincia meridionale drusa di Sweida e l'intervento diretto delle forze sioniste fino al grave bombardamento del quartier generale delle forze armate e il ministero della Difesa siriano a Damasco. Un bilancio approssimativo della settimana di scontri registra un migliaio di morti, diviso quasi parimenti fra le due parti, e quasi 130 mila profughi. "Tutte le parti hanno raggiunto un accordo per la sospensione e la cessazione delle ostilità" col ritiro delle forze governative dalla città, spiegava Barrack, "la prossima pietra angolare di un percorso verso l'inclusione e una de-escalation duratura è uno scambio completo di ostaggi e detenuti, la cui logistica è in corso". Secondo il mediatore Usa questo è il primo passo per raggiungere “una soluzione pacifica e inclusiva per i drusi, le tribù beduine, il governo siriano e le forze armate israeliane”. Nel primo annuncio lanciato il giorno precedente, Barrack, aveva messo in evidenza che l'accordo per il cessate il fuoco era stato sottoscritto
“da Turchia, Giordania e i paesi vicini” e concluso l'annuncio con un “invitiamo drusi, beduini e sunniti a deporre le armi e, insieme ad altre minoranze, a costruire una nuova e unita identità siriana in pace e prosperità con i suoi vicini". Un invito rivolto solo alla parte siriana.
Nessun problema da Damasco. “Nel contesto delle condizioni critiche che il Paese sta attraversando, e nell'impegno a prevenire lo spargimento di sangue dei siriani, a preservare l'unità e l'integrità territoriale della Siria, e in risposta alla responsabilità nazionale e umanitaria, la Repubblica Araba Siriana annuncia un cessate il fuoco completo e immediato nel Paese”, annunciava un comunicato della Presidenza della Repubblica siriana. In un quasi contemporaneo discorso televisivo, il presidente della Repubblica Araba Siriana, Ahmad al-Sharaa confermava l'impegno per il rispetto della tregua. Sottolineava che gli eventi nella provincia di Sweida hanno segnato una svolta pericolosa e che i violenti scontri tra i gruppi sarebbero potuti sfuggire di mano se lo Stato siriano non fosse intervenuto. "Lo Stato siriano è riuscito a calmare la situazione nonostante le circostanze difficili, ma l'intervento israeliano ha spinto il Paese in una fase pericolosa che rappresenta una minaccia per la sua stabilità a causa dei violenti bombardamenti nel sud e sulle istituzioni governative di Damasco. A seguito di questi eventi, mediatori americani e arabi sono intervenuti nel tentativo di calmare la situazione", dichiarava al-Sharaa. Che condannava le richieste di aiuto esterno di alcune parti druse a Sweida, “non serve gli interessi dei siriani, ma piuttosto aggrava la crisi", e ribadiva che solo lo Stato siriano è in grado di preservare il suo prestigio e la sua sovranità su tutto il territorio siriano, che la provincia di Sweida rimane parte integrante dello Stato siriano e che la comunità drusa è un pilastro fondamentale del tessuto nazionale siriano.
"Ringraziamo e apprezziamo il ruolo significativo svolto dagli Stati Uniti nell'affermare il loro sostegno alla Siria in queste difficili circostanze", concludeva il presidente siriano che apprezzava la condanna dei bombardamenti su Damasco da parte dell'Unione Europea, Russia e la Cina.
Non erano per nulla concilianti invece le successive affermazioni del ministro degli Esteri sionista Gideon Saar che attaccava al-Sharaa: "Il suo discorso è stato un’espressione di sostegno agli aggressori jihadisti, descrivendo le 'tribù beduine come simbolo di nobili valori e principi', e una colpevolizzazione delle vittime: la minoranza drusa sotto attacco", secondo Saar, un discorso "condito di teorie del complotto e accuse contro Israele". Attaccava il governo di Damasco sostenendo che “in definitiva, nella Siria di al-Sharaa è estremamente pericoloso essere curdi, drusi, alawiti o cristiani. Questo è stato dimostrato più volte negli ultimi sei mesi" e infine lanciava un appello alla comunità internazionale che “ha il dovere di garantire la sicurezza e i diritti delle minoranze in Siria e di subordinare il reintegro del Paese nella comunità internazionale alla loro protezione”. A dire il vero sono due compiti che spettano alla sovranità della Siria. Al reintegro del paese nella comunità internazionale stanno già lavorando a tempo pieno gli Usa che hanno tra l'altro accompagnato l'avvio dei negoziati diretti tra Tel Aviv e Damasco a Baku, nell'Azerbaigian alleato stretto della Turchia e di recente anche di Isrele e Usa; negoziati per la normalizzazione dei rapporti dopo che Trump ha firmato l'1 luglio un ordine esecutivo per cancellare le sanzioni statunitensi contro la Siria.
Ma questo non basta ai sionisti che perseguono la politica del negoziato condotto con la pistola puntata alla tempia dell'interlocutore, vedi la tattica del maestro Trump nella trattativa sui dazi. Dal 1967 Israele occupa le alture del Golan, che appartengono alla Siria, e approfittando dell'implosione del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024 ha occupato nuovi territori nel Golan e colto o creato occasioni per bombardare il vicino paese e dettare le proprie condizioni. In particolare nelle regioni meridionali siriane, abitate da popolazioni arabe sunnite e dalla comunità araba drusa di confessione sciita, circa 500 mila persone concentrate nella regione di Sweida, dove hanno alimentato le preesistenti contraddizioni di alcune fazioni druse con la comunità beduina. La comunità drusa in Israele, composta da 150 mila persone, per quanto considerata di serie B, al pari di quella palestinese, dalla costituzione sionista e razzista, definita nella legge dello stato-nazione del 2018, è integrata tanto che i suoi membri prestano servizio nell'esercito e partecipano al genocidio a palestinese. Sono protetti e strumentalaizzati dai nazisionisti che con la propagandistica motivazione di “non abbandonare mai i drusi in Siria” nascondono malamente il progetto di allargarsi in Siria e di dettare le proprie condizioni al governo di Damasco minacciando attacchi alla sovranità siriana per imporre quella che definiscono una “politica di smilitarizzazione” della Siria meridionale.
Una parte della comunità drusa siriana di Sweida ha dichiarato lealtà alla sovranità di Damasco, “non cerchiamo protezione esterna e certamente non da Israele”. Invece più volte il criminale Netanyahu ha dichiarato che Israele non permetterà il trinceramento militare siriano vicino al suo confine, “siamo impegnati a mantenere la Siria sudoccidentale una zona demilitarizzata e non permetteremo che un secondo Libano emerga al nostro confine. Siamo anche impegnati per la sicurezza della popolazione drusa (anche se una parte non lo vuole, ndr) e stiamo adottando misure significative. Spero che non siano necessari ulteriori passi: questo dipenderà dalle scelte fatte a Damasco”.
I nazisionisti vogliono comandare anche in Libano e Siria, giocando tra l'altro sulla frammentazione e lo scontro tra le diverse componenti interne.

23 luglio 2025