Vertice informale dell’UE a Copenaghen in risposta ai tamburi di guerra
L’imperialismo europeo dà più poteri ai ministri della Difesa
Proposto un muro anti-droni
Meloni: “guardare al fianco sud oltre che a est”

L’Unione europea imperialista risponde ai tamburi di guerra che risuonano nel mondo. Il primo ottobre i 27 capi di Stato e di governo riuniti a Copenaghen in un vertice informale hanno definito un nuovo ruolo, accresciuto in riunioni e funzioni, per i ministri della Difesa, a cui è affidato il compito di conferire una dimensione “più europea” ad un ambito nazionale. Il tutto nell’ambito della scelta politica di procedere ad un’integrazione europea della difesa per adeguare l’imperialismo europeo alle nuove sfide militari mondiali. “I nostri ministri della Difesa devono svolgere un ruolo più incisivo, per portare avanti i lavori tra una riunione del Consiglio europeo e l’altra e monitorare le tappe fondamentali dei progressi”, ha scandito il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, al termine dei lavori. Occorre “dare più autonomia” perché “dobbiamo coinvolgere sempre di più i nostri ministri della difesa a livello europeo”. Nella pratica si intende estendere il mandato attuale dei ministri della Difesa, che finora si riuniscono all’interno del Consiglio degli Affari esteri. Si vorrebbe dunque svincolarli da questo formato, con un peso politico maggiore soprattutto nelle relazioni con i leader.
La scelta politica presa nel vertice informale di Copenaghen è la logica conseguenza di un orientamento che è il riflesso di una necessità avvertita come imprescindibile e non più rinviabile. Molti leader sono giunti nella capitale danese manifestando l’intenzione di procedere a un maggior coordinamento in materia di difesa, vista la situazione di tensioni crescenti, provenienti soprattutto dall’imperialismo dell’Est, Russia in testa. A muoversi lungo la direzione tracciata dai leader ha contribuito la Commissione europea, che a Copenaghen ha portato il documento di orientamento per l’integrazione industriale e operativa del settore della difesa entro il 2030. Un testo utile anche per i ministri della guerra europei, da qui in avanti. Le priorità non sono cambiate, e sono già note perché incardinate nel famigerato Libro bianco sulla Difesa, ma la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen ha insistito sulla interoperabilità di forze armate e capacità militari, per cui ha ricordato che “per ogni capacità critica, proporremo le cosiddette ‘coalizioni di capacità’ con la nazione guida, al fine di garantire non solo la giusta scala, ma anche la necessaria rapidità”. Non solo. Al fine di garantire uno sviluppo industriale più rapido ed efficace, continua von der Leyen, “proponiamo di creare nuove alleanze tecnologiche per mettere in contatto gli innovatori tecnologici con gli utenti della difesa”. Un modo per mettere in contatto start-up, grandi imprese, università e mondo della ricerca.
Serviranno altre riunioni e altri ragionamenti, invece, sul progetto di muro anti-droni contro la violazione dello spazio aereo europeo e le incursioni di velivoli di Paesi stranieri. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha presentato la proposta di creare il muro, una rete di sensori e sistemi di intercettazione per proteggere i confini orientali dell’Unione dalle incursioni aeree. Negli ultimi mesi, droni hanno violato lo spazio aereo di Polonia, Romania, Estonia e Danimarca, alimentando preoccupazioni sulla capacità europea di difesa. Ma il progetto non ha ottenuto l’appoggio necessario, anche se la discussione proseguirà al prossimo Consiglio europeo. A esprimere le maggiori riserve sono state Francia e Germania. In particolare il presidente francese Emmanuel Macron ha sottolineato la complessità tecnica e politica del progetto, osservando che sono necessari sistemi di allerta precoce e cooperazione.
L’unica cosa su cui i leader sono d’accordo è la necessità di un sistema di difesa da schierare, ma sul resto le idee sono diverse. La capacità di individuare incursioni e avere un sistema di deterrenza sono due elementi su cui c’è convergenza dei 27, che hanno però posizioni diverse sull’abbattimento. Danimarca, Ungheria e Lituania sono favorevoli a neutralizzare immediatamente, altri sono più cauti perché comunque si pone la questione della popolazione civile: non si può sparare in zone abitate col rischio di abbattere velivoli sulle case o sulle strade. Dovrà poi essere spiegato chi gestirà il muro di droni, una volta che questo sarà realizzato. Sarà la Commissione europea o la presidenza di turno del Consiglio dell’UE? O una rotazione tra i Paesi con in comune i confini esterni dell’UE del fianco orientale?
Per la prima ministra danese Mette Frederiksen “Dobbiamo abbandonare la logica nazionale, e guardare il quadro più ampio che è di guerra ibrida della Russia, e nella guerra ibrida non ci si può difendere da soli contro tutte le minacce”. Per questo ha aggiunto Luc Frieden, primo ministro di Lussemburgo, adesso più che mai “dobbiamo coordinare la difesa”. D’accordo il finlandese Petteri Orpo. La premier lettone, Evika Silina, ha proposto addirittura di “sviluppare misure regionali” di risposta alle minacce. Il primo ministro estone, Kristen Michal, ha spinto per appalti comuni nel settore della difesa e addirittura “spesa comune”.
“Una cosa che va detta quando si parla di droni e di muri è che i confini dell’alleanza sono molto estesi. Se facciamo l’errore di guardare solo al fianco orientale e dimenticare che c’è anche un fianco sud rischiamo di non essere risolutivi”. Così si è espressa Meloni, a nome dell’imperialismo italiano, tenendo a sottolineare che quando si parla di sicurezza e minacce alla sicurezza del blocco UE, sfide e posta in gioco sono comuni, e la Mussolini in gonnella è decisa ad aggiornare l’agenda in modo che non si guardi solo agli atti ostili della Russia, a cui tutti guardano con rinnovato senso di urgenza. Non che “l’Italia non presti attenzione”. Al contrario, Meloni è “ben consapevole” degli “scenari di provocazione”, che tutto sono fuorché casuali. Perché, spiega, “da parte russa c’è il tentativo di impedire che i Paesi europei inviino altri sistemi di difesa anti-aerea”, ma di fronte a tutto questo “non dobbiamo rispondere alle provocazioni quanto trovare soluzioni”. Soluzioni che per Meloni non possono e non devono essere limitate a zone specifiche dell’UE.
Un ulteriore punto irrisolto riguarda i 140 miliardi di euro di beni russi congelati nell’Unione. La Commissione propone di utilizzarli come garanzia per un prestito all’Ucraina. Il Belgio, che ospita gran parte degli asset attraverso l’istituzione finanziaria Euroclear, chiede che i rischi di eventuali ritorsioni legali siano condivisi. Costa ha indicato che la questione sarà affrontata di nuovo al Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre, definendolo “il giorno delle decisioni”.
 

15 ottobre 2025