Gli Usa insediano il Comitato militare e civile per la gestione neocoloniale di Gaza
La Corte dell'Aja accusa i sionisti “di ricorrere alla fame come metodo di guerra contro i civili”
Ma resta una denuncia dell'Onu senza effetti per la protezione imperialista ai nazisionisti che attaccano ancora il Libano e l'Unifil. La Knesset vota per l'annessione della Cisgiordania, accantonata per ora
L'Unifil, la missione militare Onu in Libano, denunciava un attacco delle forze occupanti sioniste contro una pattuglia che stava operando nella zona di competenza del sud del paese. Il 26 ottobre un drone israeliano volava "in maniera aggressiva" su una pattuglia di caschi blu "obbligandola a mettere in atto le contromisure difensive necessarie a neutralizzarlo", ossia abbatterlo; è la prima volta che succede. Nel pomeriggio un altro drone “si è avvicinato a una pattuglia dell'Unifil operante nei pressi di Kfar Kila e ha sganciato una granata. Pochi istanti dopo, un carro armato israeliano ha sparato un colpo verso le forze di peacekeeping. Fortunatamente non sono stati causati feriti o danni" rendeva noto la forza Onu, con un comunicato dove ricordava che queste azioni dell'esercito sionsita occupante "violano la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza e la sovranità del Libano, e dimostrano disprezzo per la sicurezza delle forze di peacekeeping impegnate nelle missioni". Ma non solo. Nelle stesse ore i raid sionisti colpivano in altre zone del Libano, dalla regione della Beqaa a quella di Naqoura contro militanti di Hezbollah; secondo il ministero della Salute di Beirut, le due ultime vittime portavano a un totale di 10 morti in soli 4 giorni. Questo è solo l'ultimo esempio di come i nazisionisti gestiscono l'accordo di cessate il fuoco col governo di Beirut, patrocinato dagli Usa, dello scorso novembre: non si sono ritirati come previsto dal sud del Libano, anzi hanno consolidato le zone già occupate, controllano capillarmente la regione e sparano a loro piacimento, persino sulle forze Onu che avrebbero già voluto cacciare da tempo. Un chiaro esempio di come, nella piena illegalità internazionale e senza impicci da parte dell'Onu o di altri organismi o osservatori internazionali e grazie alla complicità diretta dell'imperialismo americano e degli imperialisti europei, intendano gestire anche il controllo dell'applicazione del “piano di pace” Trump-Netanyahu.
Non a caso sempre nelle stesse ore da Tel Aviv il criminale Netanyahu ribadiva che “a Gaza colpiamo a nostra discrezione, non siamo sotto il controllo di nessuno” e il suo ministro della Guerra Israel Katz ricordava che aveva già dato ordine all'esercito di distruggere i tunnel della resistenza ancora attivi e che avrebbe iniziato con quelli nella parte sotto diretto controllo sionista, dietro la cosiddetta linea gialla, quella fascia esterna della Striscia che comprende circa il 60% del territorio dove gli occupanti hanno trasferito per proteggerle anche le milizie formate da traditori palestinesi da poco costituite. E che nei piani degli occupanti resta la base in prima linea per il controllo e gli attacchi contro la popolazione palestinese, sul modello sperimentato in Libano.
La Knesset vota l'annessione della Cisgiordania
Il 22 ottobre la Knesset approvava con 25 voti favorevoli e 24 contrari un disegno di legge proposto da un parlamentare nazisionista per applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania. Ci vorrebbero altre tre votazioni, oltre questa preliminare, per varare definitivamente la legge ma non per questo l'atto può essere ignorato, come una quisquilla da dimenticare velocemente come ha preteso il criminale Netanyahu dopo l'apparente tirata d'orecchi del sodaleTrump. Il fascista dittatore Trump si preoccupa di mandare avanti con meno impicci possibili il suo piano per il Medioriente e non rtanto delle sorti della Cisgiordania; così il suo vice Vance presente al momento del voto a Tel Aviv a cinguettare col criminale Netanyahu non batteva ciglio e solo il giorno successivo sarà il segretario Rubio a sotenere che l'annessione della Cisgiordania sarebbe una "minaccia" per l'accordo di pace e "controproducente"; non certo illegale e da respingere senza dubbi.
"Il voto della Knesset sull'annessione è stata una deliberata provocazione politica dell'opposizione per seminare discordia durante la visita del vicepresidente Usa", era la versione ridicola del criminale Netanyahu che ordinava al governo di non fare avanzare i progetti di legge per l'annessione parziale o totale della Cisgiordania fino a nuovo avviso. Appunto.
"L"Ue ha da sempre sostenuto che l'annessione della Cisgiordania è illegale dal punto di vista del diritto internazionale. Noi appoggiamo la soluzione dei due Stati", ribadiva il 27 ottobre un portavoce dell'Unione europea. Peccato che nessuna azione conseguente supporti l'affermazione buona solo per un ennesimo titolo innocuo ai nazisionisti.
Si tratta di una progetto di legge "coloniale e illegale", commentava Hamas, “l'occupazione insiste nel continuare i suoi tentativi di 'legittimare' gli insediamenti e imporre la 'sovranità' sionista sui territori palestinesi occupati, in flagrante violazione delle leggi e delle risoluzioni internazionali. Ma i “frenetici tentativi di Israele di impossessarsi di queste terre sono illegali” e "non cambieranno il fatto che la Cisgiordania è territorio palestinese secondo la storia, il diritto internazionale e la Corte internazionale di giustizia".
Gli Usa insediano il Comitato militare e civile per la gestione neocoloniale di Gaza
Mentre i nazisionisti mandano avanti la cacciata della popolazione palestinese anche dalla Cisgiordania, dall'espansione delle colonie agli attacchi congiunti di soldati e coloni sui centri palestiensi, fin sotto la sede della collaborazionista Anp di Abu Mazen, e sulle campagne che hanno praticamente distrutto il raccolto annule delle olive gli Usa mandano avanti i porgetti per la creazione dell’Isf (International stabilization force), la forza multinazionale costruita dai paesi che supereranno il vaglio dei nazisionisti e che dovrebbe intervenire a Gaza, invece che l'Onu.
Il 25 ottobre, mentre droni Usa sorvolano Gaza per “monitorare il cessate il fuoco”, ci informava una velina passata al New York Times, i primi diplomatici e militari anche italiani arrivavano nel Centro di coordinamento Usa per Gaza appena costituito in una sede a Kiryat Gat, vicino Ashdod e non lontano dal nord della Striscia. Il Cmcc (Civil military coordination committee) è l'organismo ancora prevalentemente militare che nelle intenzioni dell'imperialismo americano dovrebbe coordinare le forze militari incaricate del controllo di Gaza e l'organismo civile incaricato della gestione della ricostruzione. Al momento il Comitato è diretto dal neonominato Steven Fagin, ambasciatore Usa per lo Yemen, per la parte civile e dal colonnello Usa Patrick Frank, per la parte militare. In via ufficiosa al centro sarebbero già presenti miltari di Germania, Gran Bretagna e Italia, nominati, spiegava il ministero della Difesa tedesco senza passare dal parlamento perché “non è previsto il loro coinvolgimento in un’operazione armata”. Tesi a quanto pare accolta anche da Londra e Roma.
La neofascista Meloni si guadagna un posto in prima fila
La neofascista Meloni si guadagna un posto in prima fila nella gestione neocoloniale di Gaza, senza molestare il camerata Netanyahu e sfruttando l'azione del sodale Trump. Tace da complice e lascia il campo al fido Tajani. In attesa di sapere chi è l'ufficiale incaricato di partecipare ai lavori del Comitato diretto dagli Usa registriamo che il ministro degli Esteri Antonia Tajani esaltava la decisione definita con la ministra Bernini di formare “la futura classe dirigente palestinese” gradita all'imperialismo italiano, grazie alle borse di studio messe a disposizione per giovani palestinesi in base al progetto Iupals (Italian Universities for Palestinian Students), coordinato da Crui e condiviso con il Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme. E sempre il superattivo ministro Tajani annunciava che “stiamo lavorando per essere i co-organizzatori della Conferenza per la ricostruzione che si svolgerà in Egitto a metà novembre. Ieri (22 ottobre, ndr) c'è stata una delegazione italiana ad Amman per preparare il futuro della presenza italiana a Gaza e per la formazione delle forze di polizia. Stiamo lavorando a stretto contatto con i giordani e siamo pronti per mandare altri carabinieri a Rafah e a Gerico per la formazione della polizia palestinese":
Non diceva nulla invece sulla notizia del 24 ottobre del sito Infopal che riportava una denuncia del Religious Freedom Data Center (RFDC), un’organizzazione israeliana che documenta gli attacchi anticristiani, sull'aumento dei crimini d’odio in particolare nel quartiere armeno di Gerusalemme e la sede del Patriarcato, almeno 31 i crimini d’odio anticristiani nei territori occupati registrati negli ultimi tre mesi. Eppure soltanto due mesi fa, il 22 agosto con una nota della Farnesina, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in occasione della Giornata Internazionale di Commemorazione delle vittime degli atti di violenza su base religiosa o di credo, sosteneva che “la libertà di religione o di credo e il contrasto a violenza e discriminazione su base religiosa o di credo sono una priorità della politica estera dell'Italia, che investe tutti gli ambiti dell'azione diplomatica" e ribadiva “i l massimo impegno personale e del governo italiano nel proteggere e promuovere la libertà di religione o di credo e i diritti fondamentali delle persone appartenenti a minoranze etniche o religiose ovunque nel mondo”. Solo che il 7 ottobre dal salotto di Bruno Vespa, difendeva l'illegittimo blocco navale sionista contro la Flotilla con un'affermazione inconfutabile: "il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto", ossia non vale per gli alleati nazisionisti e imperialisti. Anche quando colpiscono il contingente Unifil in Libano, oggi agli ordini del generale Diodato Abagnara, derubricato dal titolare della Farnesina come “un inconveniente che può succedere in un'area rischiosa.
La Cpi vieta ai sionisti “di ricorrere alla fame come metodo di guerra contro i civili”
Con un comunicato stampa del 22 ottobre la Corte Internazionale di Giustizia rispondeva al quesito posto quasi un anno fa dall'Assemblea Generale dellìOnu sugli “obblighi di Israele in merito alla presenza e alle attività delle Nazioni Unite, di altre organizzazioni internazionali e di Stati terzi nel e in relazione al Territorio Palestinese Occupato (...), nell'interesse della popolazione civile palestinese e a sostegno del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione". La Corte dell'Onu, spiegava il presidente, il giapponese Yuji Iwasawa, con un verdetto quasi all'unanimità, salvo il voto contrario su molti paragrafi della giudice ugandese Julia Sebutinde, sanciva che “Israele abbia l'obbligo di accettare e facilitare i programmi di aiuto forniti dalle Nazioni Unite e dalle sue entità, compresa l'Unrwa, nei territori occupati e di non ostacolare tali azioni”, e di garantire l'immunità del personale e l'inviolabilità delel sedi Onu. Decretava che “lo Stato di Israele, in quanto potenza occupante, debba rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario”, fra i quali “garantire che la popolazione del Territorio Palestinese Occupato abbia accesso ai beni essenziali della vita quotidiana, tra cui acqua, cibo, vestiario, biancheria da letto, alloggio e carburante, nonché forniture e servizi medici”, nonché “di accettare e facilitare, nella massima misura possibile, le azioni di soccorsoper la popolazione del Territorio Palestinese Occupato, fintantoché tale popolazione non sia adeguatamente rifornita”. Ricordiamo che l'ufficio umanitario delle Nazioni Unite ha recentemente denunciato che negli utlimi due anni a Gaza i sionisti hanno ucciso almeno 562 operatori umanitari dei quali 376 membri dello staff delle Nazioni Unite. La Corte decideva all'unanimità che gli occupanti devono “rispettare il divieto di trasferimento forzato e deportazione verso il Territorio Palestinese Occupato”, i diritti dei detenuti e infine anche “il divieto di ricorrere alla fame come metodo di guerra contro i civili”, uno dei capitoli dell'accusa per crimini di guerra contro i vertici nazisionsti, già alla sbarra e in attesa di giudizio per genocidio da più di un anno di fronte al tribunale della stessa Corte.
La sentenza della Corte non è vincolante per i membri dell'Onu, serve una risoluzione del Consiglio di sicurezza, ed è destinata a restare una seppur importante condanna ma senza effetti contro il genocidio nazisionsta e l'estensione dell'occupazione della Palestina. Come quella del luglio 2024, che aveva dichiarato illegale la continua occupazione sionista dei territori palestinesi in Cisgiordania e chiesto a Tel Aviv il ritiro delle sue forze e dei suoi coloni.
Di fronte alla condanna della Corte Onu i nazisionisti continuano nella propagnda che trova largo eco sui compiacenti media imperialisti contro l'Unrwa, associazione “terroristica sotto l'egida dell'Onu”, persino “attiva ancora prima del 7 ottobre”. Seguiti dal Dipartimento di Stato americano definitva "un'altra sentenza corrotta" quella della Corte che per “il continuo abuso della discrezionalità nel suo parere consultivo suggerisce che non sia altro che uno strumento politico di parte”, non un organo giudiziario dell'Onu. La cui azione tra l'altro è bloccata dai veti dell'imperialismo americano. Il segretario di Stato americano Rubio il 24 ottobre sbarcava a Tel Aviv e sentenziava “l'Unrwa non avrà alcun ruolo" nella distribuzione degli aiuti a Gaza.
Genocidio e crimini nazisionisti a Gaza
Dopo la sentenza della Corte non è per nulla cambiata la situazione denunciata il 21 ottobre dall'Ufficio stampa palestinese con neanche 90 camion di aiuti che entrano quotidianamente nella Striscia rispetto ai 600 previsti “a dimostrazione della continua politica di soffocamento, fame e ricatto umanitario attuata dall'occupazione contro oltre 2,4 milioni di cittadini di Gaza”.
L'Unrwa sostiene che almeno 1,5 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza necessitano di "assistenza d'emergenza", poiché i profughi che tornano alle loro case trovano solo macerie, hanno difficoltà per avere cibo e acqua potabile e hanno
un disperato bisogno di ripari e rifornimenti prima dell'imminente stagione invernale.
"Materiali per ripari e rifornimenti invernali per le famiglie sfollate sono fermi nei notri magazzini in Giordania ed Egitto, bloccati all'ingresso" dagli occupanti, dichiarava l'agenzia il 25 ottobre in un post su X.
Il direttore di Medical Relief a Gaza dichiarava a Al Jazeera Arabic che “i servizi sanitari di base rimangono in difficoltà a causa della continua scarsità di risorse. Cliniche mobili e ospedali da campo sono una necessità urgente per la popolazione della Striscia di Gaza", ma “Israele continua a ritardare e bloccare le spedizioni di aiuti promessi nell'accordo di cessate il fuoco, a poco più di due settimane dalla sua attuazione, il 10 ottobre”
Le frontiere di Gaza sono ancora di fatto sigillate dalla morsa criminale dei nazisionisti. Lo ricordava una dichiarazione di Caroline Wilhem, coordinatrice di Medici Senza Frontiere (MSF) a Gaza, del 26 ottobre, “le autorità di occupazione continuano a usare gli aiuti umanitari come leva sui palestinesi, nonostante l'entrata in vigore dell'accordo di cessate il fuoco”, che non ha affatto migliorato la situazione umanitaria nl territorio. Dall'inizio del cessate il fuoco, il 10 ottobre, le autorità di occupazione hanno consentito l'ingresso solo a circa 1.000 camion di aiuti, nonostante il territorio necessiti di circa 600 camion di aiuti al giorno per coprire gli enormi bisogni umanitari causati dalla macchina da guerra israeliana durante due anni di genocidio, secondo i dati pubblicati dal Centro Palestinese per i Diritti Umani. Aggiungeva che il ritmo degli attacchi di occupazione è diminuito significativamente nelle ultime settimane ma che l'esercito ha lanciato un'importante offensiva il 19 ottobre e ha continuato a sparare quasi quotidianamente.
Il bilancio del genocidio nazisionista aggiornato al 27 ottobre dal ministero della Salute palestinese a Gaza conta 68.527 martiri e 170.395 feriti.
29 ottobre 2025