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Approfittando
del clima bellicista della guerra all'Afghanistan
CIAMPI
RILANCIA IL PATRIOTTISMO, IL NAZIONALISMO E IL MILITARISMO MUSSOLINIANI
Il
presidente della Repubblica vuole il tricolore in ogni casa
PER COMBATTERE QUESTO DISEGNO SVILUPPARE LA LOTTA CONTRO IL REGIME
NEOFASCISTA E LA GUERRA IMPERIALISTA E PORTARE PIU' BANDIERE ROSSE IN
PIAZZA |
Incurante delle
critiche sollevate col suo intervento che riabilitava come "patrioti'' i
fascisti della "repubblica di Salò'', e in concomitanza con il voto del
parlamento nero che ha dato via libera alla spedizione militare contro
l'Afghanistan, Carlo Azeglio Ciampi sta intensificando le iniziative pubbliche a
carattere patriottardo, nazionalista e militarista che persegue ostinatamente da
quando è stato eletto al Quirinale.
Il 1° novembre è intervenuto con un articolo su "la Repubblica'' per
celebrare il quarantennale della morte di Einaudi, che tra l'altro esaltava come
un "modello'' il primo presidente della Repubblica "per il senso della
continuità della Patria riallacciantesi alla tradizione del Risorgimento al di
là del cambiamento istituzionale''. Nel segno del patriottismo, cioè, il suo
predecessore avrebbe ricucito la frattura post-resistenziale con lo stato
monarco-fascista, assicurando così la "continuità'' dell'appena nata
Repubblica con tutta la storia d'Italia, fino al Risorgimento.
Il successivo 4 novembre, festa delle Forze armate, Ciampi ha inviato un
messaggio ai militari di tutte le armi in cui, sottolineando la necessità di
"sviluppare lo strumento di difesa nazionale, all'interno della Nato e
della Ue'', soprattutto dopo l'11 settembre, li ha assicurati che "la
Repubblica è orgogliosa di voi'' e che non dimentica "i suoi patrioti''.
Subito dopo è partito per un giro sui luoghi delle battaglie risorgimentali
della seconda guerra d'indipendenza, a Solferino e San Martino, dove ha
celebrato la "giornata dell'unità nazionale e delle Forze armate''. In
questa occasione, parlando davanti alle scolaresche appositamente convocate in
questi luoghi della sponda lombarda del Garda, e ignorando la contestazione di
un gruppo di manifestanti contro la guerra, Ciampi ha esortato ad adoperarsi
affinché "in ogni famiglia, in ogni casa ci sia un tricolore a
testimoniare i sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso
Risorgimento''.
Il 6 novembre, al Quirinale, nell'intervento in occasione della cerimonia di
consegna delle decorazioni dell'ordine militare d'Italia, Ciampi ha sottolineato
che ``è particolarmente significativo svolgere questa cerimonia in giorni, come
gli attuali, in cui la difesa dei valori in cui crediamo ci chiama a specifiche
responsabilità. L'Italia vuole la pace, opera per la pace, ma la pace, e con
essa la libertà bisogna difenderla''. Dopodiché, ricordando la sua recente
visita a Solferino e San Martino, e a Milano per la commemorazione di Carlo
Cattaneo, ha così concluso: "Con questi sentimenti di riconoscenza per
coloro che hanno operato con il pensiero e con l'azione per la libertà e
l'unità d'Italia, rinnoviamo qui l'impegno a servire la nostra Patria, a
difenderne i valori''.
IL PROGRAMMA "PATRIOTTICO'' DI CIAMPI
Insomma, nel volgere di pochi giorni, un'alluvione di interventi patriottardi,
nazionalisti e militaristi. In una precedente intervista rilasciata al
compiacente giornalista de "La Stampa'' Aldo Cazzullo (ex "Lotta
continua''), e pubblicata il 1° novembre sul quotidiano di Agnelli, Ciampi ha
delineato chiaramente il programma a breve e lungo termine in cui questi
interventi si inscrivono. In due settimane compirà il viaggio sui luoghi
storici del Risorgimento iniziato sul Garda e a Milano, visitando il Piemonte
per rendere omaggio a D'Azeglio, Cavour e Vittorio Emanuele II (il "padre
della Patria'', lo ha definito), di cui inaugurerà a Torino il monumento
restaurato. Sempre a Torino visiterà il parlamento subalpino che 140 anni fa
proclamò l'unità d'Italia.
Ciampi ha anche rivelato di stare lavorando, in stretta collaborazione con i
ministri dei Beni culturali, Urbani, e della Pubblica istruzione, Moratti, a un
vasto progetto che culminerà nel 2011 con la solenne commemorazione del 150°
anniversario dell'unità d'Italia. Di qui ad allora, oltre alla celebrazione del
bicentenario della nascita di Mazzini (2005) e di Garibaldi (2007), anche con
mezzi mediatici moderni come film e sceneggiati televisivi (di cui in questi
giorni abbiamo un esempio con lo sceneggiato tratto dal libro "Cuore'' di
De Amicis), saranno restaurati tutta una serie di monumenti e lapidi
risorgimentali sparsi in tutta Italia.
In questo quadro un'attenzione particolare sarà dedicata al Vittoriano.
L'orrendo monumento simbolo dell'Italia monarco-fascista, già riesumato e
rilanciato da Ciampi come emblema della seconda repubblica neofascista,
presidenzialista, federalista e imperialista, ospiterà un sistema di musei
integrati multimediali, tra cui quello delle bandiere (1.200 vessilli, dal
risorgimento, al fascismo, alla Repubblica, apertura prevista per il prossimo 2
giugno), il museo del Risorgimento e quello dell'Opera del Vittoriano.
Ecco come Ciampi teorizza questo suo frenetico affaccendarsi per rivitalizzare
il patriottismo italico: "Vede - dice l'inquilino del Quirinale al
compiacente ex `rivoluzionario' Cazzullo - non si tratta di creare dal nulla
qualcosa che non c'è. Si tratta di portare alla luce, di dare voce a qualcosa
che c'è sempre stato, e sta riemergendo. Nel viaggio attraverso l'Italia che ho
intrapreso due anni e mezzo fa (dopo la sua elezione, ndr), ho percepito
ovunque, fuori e dentro i confini nazionali, un grande bisogno di patria. Di
unità. Di comune sentire. Di appartenenza a una lingua, a una cultura dalle
duplici radici, cristiana e umanista, a un sistema di valori che in questo
momento difficile della storia mondiale, rappresenta il nostro specifico, valori
che in questi giorni sentiamo ancora più forti: la libertà, il dialogo, la
pace nella giustizia''.
LE TAPPE DI UN NERO DISEGNO
Dunque il disegno di Ciampi non nasce ora, ma si sviluppa fin dal suo
insediamento al Quirinale. Solo che ora, approfittando del clima nazionalista,
militarista e bellicista, subisce una decisa accelerazione, intensificazione e
ampliamento, in cui rientra anche la sua recente e ignobile dichiarazione
secondo cui i volontari repubblichini furono dei "patrioti'' che fecero una
scelta semplicemente "diversa'' da quella dei partigiani. Da parte nostra
abbiamo individuato fin dall'inizio questo nero disegno di Ciampi, le cui tappe
abbiamo denunciato puntualmente man mano che si sviluppavano una dietro l'altra.
Tra le più significative ricordiamo:
- La riproposizione della triade fascista "dio, patria, famiglia'', fatta
nel suo messaggio televisivo di fine 1999 dedicato in particolare ai giovani, da
lui chiamati a fare "questa nostra patria più forte e più bella''.
- Il ripristino della festa del 2 giugno e della parata militare: la prima
volta, l'anno scorso, in sordina, con la scusa di rendere omaggio alle missioni
militari "umanitarie'' nel mondo; la seconda volta, quest'anno, in pompa
magna e con una sfacciata esibizione di mezzi militari di tutte le epoche,
compresa quella fascista. E i fascisti hanno capito il messaggio e apprezzano:
"Bentornata festa, bentornata Patria'', titolava infatti il "Secolo
d'Italia''.
- La riapertura del Vittoriano, simbolo della monarchia, del fascismo e del
nazionalismo, effettuata non a caso il 4 novembre 2000, celebrato da Ciampi con
una intollerabile esaltazione in chiave patriottica della guerra imperialista
del 1915-18.
- La continua e ossessiva riproposizione dell'inno di Mameli, che pretende di
far suonare e cantare in coro in tutte le occasioni pubbliche, tanto che ormai
sta diventando un vero e proprio tormentone anche nei teatri, nelle
manifestazioni sportive, negli show televisivi ecc.
- Le visite ai vari "sacrari'' del militarismo e del fascismo in Italia e
all'estero, come ad El Alamein e a Tambov, per rendere omaggio ai caduti
dell'esercito mussoliniano in Nord Africa e in Russia: esercito che egli servì
come ufficiale in Albania.
Il suo nero disegno appare ancor più chiaro e completo se a questi episodi se
ne ricollegano altri, come la visita alla "foiba'' di Basovizza, dove ha
commemorato le "vittime'' fasciste e collaborazioniste giustiziate dai
partigiani jugoslavi, il già citato discorso di Lizzano Belvedere, dove ha
equiparato i fascisti repubblichini a "patrioti'', e la visita a Cefalonia
del 1° marzo 2001, in cui volle celebrare il massacro nazista della divisione
"Acqui'' come il "primo episodio della Resistenza''.
L'intento di Ciampi è chiaro: cancellare la Resistenza come guerra di popolo
contro il nazifascismo ma anche come atto al tempo stesso di rottura netta e
irreversibile col passato regime monarco-fascista e fondativo della Costituzione
repubblicana; rivalutare il ruolo dell'esercito regio nella Resistenza
(sminuendo automaticamente quello dei partigiani, e dei partigiani comunisti in
particolare) per accreditare una lineare "continuità'' storica tra la
monarchia e la Repubblica nata dalla Resistenza; accreditare in questo modo
un'interpretazione liberal-azionista della Costituzione repubblicana, che a
questo punto non sarebbe più figlia della Resistenza ma si ricollegherebbe
direttamente e in continuità al Risorgimento ("secondo Risorgimento'' o
completamento del Risorgimento); colmare la frattura del fascismo che nonostante
tutto ciò rimane nell'alveo della storia d'Italia restringendo il periodo
"condannabile'' del fascismo alla sola "repubblica di Salò'', ed
assolvendo per giunta i suoi seguaci come "patrioti'' che "in buona
fede'' credettero di combattere per l'unità d'Italia.
ASSE DI FERRO CON BERLUSCONI
Ora che l'Italia è in guerra il patriottismo, il nazionalismo e il militarismo
di stampo mussoliniano di Ciampi si fanno ancor più ossessivi e martellanti,
perché egli vuole un Paese unito attorno al governo e alle Forze armate
lanciate nell'avventura imperialista in Afghanistan. A questo scopo ha ancor
più rinsaldato l'alleanza di ferro col neoduce Berlusconi che ha istituito fin
da quando, come il re fece con Mussolini dopo la marcia su Roma, gli consegnò
le chiavi di Palazzo Chigi come a un premier eletto dal "popolo''. Anzi,
forse anche da prima, se si deve dare credito alle recenti dichiarazioni di
Cossiga in una lettera polemica al capo dello Stato, secondo cui il capo dei
gladiatori si impegnò in fase pre-elettorale per la vittoria della "Casa
delle libertà'' anche su "sollecitazione e consiglio'' di Ciampi.
Non per nulla il neoduce Berlusconi, in una recente intervista a "Panorama'',
esalta sperticatamente la piena intesa con Ciampi e dichiara che grazie a lui
ora "la parola Patria non è più un tabù''. Inutile dire che quest'asse
di ferro tra il nuovo Mussolini di Palazzo Chigi e l'inquilino del Quirinale,
che gli firma e gli copre tutti gli atti politici e le leggi, anche le più
vergognose, sta mettendo in gran difficoltà i leader rimbambiti e imbelli
dell'Ulivo, che avevano eletto Ciampi pensando di avere in lui un "garante''.
Evidentemente si erano "dimenticati'' che egli è pur sempre un esponente
dell'alta finanza, e probabilmente anche un massone, come Cossiga, che di queste
cose se ne intende, rivelò al tempo della crisi del governo Prodi per bruciarne
la candidatura e favorire invece D'Alema. Senza contare gli altri lati mai
chiariti della sua biografia, come i suoi trascorsi di ufficiale nell'esercito
mussoliniano, il suo ruolo dopo l'8 settembre '43 ecc., che nell'insieme lo
identificano comunque come un uomo di destra, e non certo vicino alla "sinistra''.
Non a caso i fascisti di AN sono tra i suoi più sfegatati ammiratori e
sostenitori.
Occorre quindi smascherare e combattere il suo nero disegno, perfettamente
funzionale alla seconda repubblica neofascista, presidenzialista, federalista e
imperialista, tendente a cancellare la salutare diffidenza del popolo italiano
verso il patriottismo, il nazionalismo e il militarismo, imparata sulla propria
pelle con l'amara esperienza del fascismo e della guerra imperialista e
cementata con il sangue dei martiri della Resistenza, e tendente altresì a
carpire il consenso delle masse alla politica espansionista e guerrafondaia
della borghesia italiana in camicia nera. Invece del tricolore in ogni casa
portiamo allora più bandiere rosse in piazza, per lottare contro il regime
neofascista e la guerra imperialista. Per scatenare la guerra totale al governo
del neoduce Berlusconi e fargli mordere la polvere. Per l'Italia unita, rossa e
socialista.
14 novembre 2001
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