ORA IL REGIME SI APPELLA ALLE DONNE PER RAFFORZARE L'ESERCITO IMPERIALISTA E INTERVENTISTA
Il 29 settembre la Camera ha
approvato definitivamente il provvedimento che dà il via alle donne soldato a partire dal
2000. La legge che consente l'arruolamento volontario delle donne nelle Forze armate,
nell'arma dei carabinieri e nel corpo della guardia di finanza, è passata a larghissima
maggioranza: 273 sì, 9 no (PRC) e 9 astensioni (in parte PdCI e in parte dei Verdi).
Nel 2000 entreranno nelle accademie militari le prime candidate a "ufficiali".
Nel 2001 vi sarà l'arruolamento delle sottoufficiali. Nel 2002 le soldatesse semplici.
Non avranno preclusione di carriera ma non potranno essere impiegate "in situazioni
di estremo rischio a diretto contatto con il nemico".
Era da quasi quarant'anni che la classe dominante borghese attendeva di cogliere questo
obiettivo. Proposte in tal senso sono state avanzate fin dagli anni '60 dalla DC, dal MSI,
dal PSI. Proprio quest'ultimo negli anni di Craxi e del ministro della difesa massone
Lagorio ne aveva fatta una propria bandiera. Ma non è un caso che l'operazione sia
arrivata in porto in questa congiuntura e con D'Alema a Palazzo Chigi.
Ovviamente la parità donna-uomo non c'entra un bel nulla. O meglio, è l'orpello
demagogico dietro cui si celano ben altri obiettivi politici e militari. Se l'obiettivo
fosse stata veramente la parità donna-uomo perché non inserire le donne nell'esercito di
leva? Perché relegarle sul piano organizzativo e militare ancora in un ruolo subalterno e
defilato, lontano dalle zone di combattimento?
La verità è che le donne nelle Forze armate sono per il regime neofascista un mezzo per
rafforzare un esercito imperialista e interventista sempre più pericoloso e aggressivo;
per dargli una patente di democraticità e popolarità; per far passare in modo quanto
più indolore possibile a livello di massa l'istituzione di un esercito di professionisti
e di mestiere votato non certo alla difesa, ma alla guerra di aggressione e imperialista.
Non a caso questo provvedimento segue il varo, avvenuto il 3 settembre scorso, del disegno
di legge del governo che sopprime la leva obbligatoria a partire dal 2005.
L'ha detto chiaro e tondo Valdo Spini, presidente della Commissione difesa della Camera e
primo firmatario della proposta diventata legge e da lui definita "un fatto
storico" perché rappresenta "una vera svolta, un momento felice che si inquadra
in un periodo di grandi mutamenti nell'ambiente delle Forze armate: stiamo preparando la
riforma della leva e, con le donne soldato, si amplia la platea di possibili futuri
professionisti volontari nelle Forze armate".
Quasi con le stesse parole anche i fascisti di AN hanno salutato l'avvenimento: "è
un giorno storico, è stata scritta un'altra pagina importante nella storia del nostro
Paese".
In realtà, è stata scritta un'altra pagina nera per le masse femminili e l'intero nostro
popolo. Non perché non sarebbe giusto che anche le donne partecipassero in modo paritario
alle Forze armate e alla difesa dell'indipendenza del nostro Paese. Ma per essere
favorevoli al loro arruolamento, comunque non volontario, occorrerebbe che le Forze armate
cambiassero radicalmente la loro linea militare convertendosi a una politica di difesa e
di pace. Che l'Italia rompesse con tutte le sue alleanze militari imperialiste con gli
Usa, la Ue, la Nato, la Ueo e l'Onu e instaurasse una rigida politica di non allineamento.
Le Forze armate infine dovrebbero essere trasformate profondamente e rese atte alla guerra
partigiana e territoriale, e il popolo dovrebbe essere armato e istruito all'uso delle
armi.
Ma così non è e non sarà specie ora che il governo del rinnegato D'Alema, scavalcando a
destra persino i più incalliti guerrafondai, ha rilanciato l'Italia in avventure militari
dello stampo di quelle di Mussolini e ha coinvolto il nostro popolo in guerre imperialiste
come quella contro la Serbia o in missioni cosiddette di "pace" e
"umanitarie", in realtà di ingerenza e di dominio imperialista, come in Kosovo
e Timor Est.
Non ci pare peraltro che la legge sull'arruolamento delle donne serva, come ha motivato il
PRC il suo voto contrario, "a rafforzare un modello di difesa imposto dalla Nato e
dagli Usa". Qui non si tratta di "servilismo" dell'Italia verso
l'"alleanza atlantica" e di essere vittima passiva di imposizioni e diktat degli
Usa e della Nato, ma della volontà dell'imperialismo italiano ed europeo di dotarsi anche
in campo militare di tutti i mezzi per agire in proprio e nei propri interessi egemonici,
senza dover continuare a subire la supremazia dell'alleato d'oltreoceano. Far finta, come
fanno i dirigenti di Rifondazione, di non vedere e non denunciare le ambizioni
imperialiste dell'Italia e della Ue ed essere d'accordo con un esercito a metà
professionista, equivale a fornire a D'Alema una servile copertura a "sinistra"
e impedire alle masse femminili di comprendere la gravità e la pericolosità del
tentativo di integrarle nelle Forze armate italiane e asservirle a questa politica estera
e militare imperialista, interventista e guerrafondaia.
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