A Seattle non decollano le trattative sul commercio mondiale
FALLITO IL VERTICE DEL WTO
USA E UE NON TROVANO UN ACCORDO
Lo scontro su sussidi
agricoli, leggi antidumping e regole per le biotecnologie. L'Italia difende a spada tratta
l'istituzione imperialista e colonialista
Il vertice del Wto, l'organizzazione mondiale del commercio, tenutosi nella città
americana di Seattle dal 30 novembre al 3 dicembre scorsi doveva dare il via ufficiale a
un nuovo giro negoziale triennale, definito Millennium Round, per la riscrittura delle
regole di una ulteriore liberalizzazione dei prodotti agricoli e dei servizi. All'evento
di fine millennio voleva dare una propria impronta egemonica il paese ospitante,
l'imperialismo americano, ma Clinton non è riuscito nell'intento per l'impossibilità di
ricomporre in quella sede i contrasti sul commercio tra Usa e Ue che già si erano
profilati nelle riunioni ministeriali preparatorie; assieme al mancato accordo tra
imperialismo americano e superpotenza europea hanno contribuito al fallimento del vertice
la levata di scudi dei paesi in via di sviluppo, tagliati fuori dai ristretti tavoli
negoziali che contano, dall'interno e dall'esterno la battaglia di piazza contro il Wto di
decine di migliaia di manifestanti che ha accompagnato tutto l'andamento dei lavori.
La sera del 3 dicembre il direttore generale del Wto, il neozelandese Mike Moore, e la
capodelegazione americana Charlene Barshefky comunicavano in conferenza stampa il
fallimento del vertice dei 135 paesi membri. Moore annunciava l'intenzione di avviare un
giro di consultazioni per riconvocare una nuova conferenza nei primi mesi del 2000 per far
partire comunque il Millennium Round.
I contrasti tra Usa e Ue sui temi del vertice di Seattle erano già iniziati nelle
riunioni ministeriali preparatorie dove i rappresentanti americani puntavano a restringere
le discussioni sulla liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli e dei servizi;
nel primo caso per imporre alla Ue lo smantellamento delle proprie sovvenzioni
all'agricoltura e degli accordi privilegiati con alcuni paesi del Terzo mondo, come quello
che ha generato la guerra delle banane, e l'apertura dei mercati ai prodotti geneticamente
modificati, nel secondo per aumentare la posizione privilegiata degli Usa sui mercati
mondiali. La posizione dei rappresentanti europei era quella di non discutere della
liberalizzazione delle biotecnologie e di allargare i temi dell'agenda ad altri argomenti;
i rappresentanti giapponesi includevano anche la ridiscussione delle misure antidumping,
cioè il ricorso a barriere doganali per difendersi dalle importazioni a prezzi inferiori
al costo di produzione, applicate dagli Usa soprattutto nel settore dell'acciaio contro il
paese asiatico. L'ultima riunione ministeriale del Wto a Ginevra partoriva un documento
che riprendeva tutti i temi messi sul tavolo, documento che era adottato a Seattle come
base per il varo del documento finale del vertice.
I lavori di Seattle inziavano in pratica con un giorno di ritardo causa le manifestazioni
di piazza che impedivano la riunione plenaria e prospettavano possibili compromessi tra
Usa e Ue tanto che i negoziatori commerciali cominciavano il lavoro di emendatura e
limatura del documento di Ginevra. La delegazione della superpotenza europea guidata dai
commissari Lamy e Fischler annunciavano che l'Europa era pronta a trattare ``una
significativa riduzione'' dei propri sussidi e dei crediti all'esportazione dei prodotti
agricoli accelerandone l'entrata in vigore prevista per il 2005; nel contempo chiedeva
l'eliminazione di tutte le forme di sussidi nel settore, comprese in particolare quelle
americane che ammontano a 6 miliardi di dollari all'anno.
Nelle trattative ristrette con gli Usa Lamy acconsentiva anche alla creazione in ambito
Wto di un gruppo di lavoro sul commercio dei cibi e delle sostanze transgeniche. La
posizione era sconfessata immediatamente dai ministri europei presenti a Seattle che si
appellavano alla priorità data al comitato del Protocollo per la biodiversità creato
dalle Nazioni Unite e che entro il prossimo mese di gennaio dovrebbe pronunciarsi sulle
regole di sicurezza alimentare da seguire nei commerci di tali prodotti. L'interesse dei
governi Ue non è tanto per la salute delle masse popolari, le vicende della mucca pazza e
dei polli alla diossina lo testimoniano, quanto quello di creare ostacoli ai grandi
esportatori di prodotti geneticamente modificati come Usa e Canada che possono per primi
occupare maggiori fette di mercato. La discussione di tale tema in sede Wto comunque
significherebbe trattare la questione solo a livello commerciale.
Usa e Ue si trovavano alleati nel sostenere la necessità di definire norme minime sulle
condizioni di lavoro, in particolare contro il lavoro minorile, e sulle protezioni
dell'ambiente. Cosiccome in altre riunioni del Wto i maggiori paesi capitalisti spargono
fumo sulla cosiddetta ``protezione sociale'', ovvero sulle tutele dei lavoratori contro lo
sfruttamento selvaggio. La proposta di Usa e Ue è una richiesta ipocrita dettata solo
dalla volontà di attenuare la concorrenza in particolare delle economie emergenti
dell'Asia, facilitata dai bassi salari e dal supersfruttamento minorile. I paesi meno
sviluppati hanno difeso il loro ``diritto'' a competere con le più sviluppate economie
industrializzate in un mercato sempre più liberalizzato anche attraverso bassi salari,
zero garanzie sindacali e nessun rispetto per l'ambiente. I lavoratori di tutto il mondo
continueranno a essere supersfruttati nei paesi ricchi e in quelli poveri.
Le richieste di Usa e Ue provocavano inoltre una reazione dei paesi in via di sviluppo che
investiva tutta le gestione dei lavori del vertice. Il 2 dicembre i paesi dell'Oua
(Organizzazione dell'unità africana) diffondevano un comunicato nel quale accusavano: ``i
paesi africani sono stati tenuti ai margini e generalmente esclusi da temi di vitale
importanza''. E annunciavano che in quelle condizioni non avrebbero approvato il documento
del vertice.
La posizione dei paesi africani era seguita dai più piccoli paesi dell'America Latina e
dei Caraibi e da alcuni paesi asiatici; Clinton rifutava le proposte giapponesi di
rivedere il sistema antidumping e chiedeva alla Ue di mettere per iscritto sul documento
l'impegno a eliminare i sussidi all'agricoltura ricevendone un secco no. Era il preludio
al fallimento del vertice.
L'istituzione imperialista e colonialista si bloccava per lo scontro interno soprattutto
fra i concorrenti Usa e Ue ed era attaccata dalle manifestazioni di piazza. Era difesa
invece a spada tratta dall'Italia. Il ministro per il commercio estero Piero Fassino da
Seattle commentava le dimostrazioni contro il vertice affermando che ``l'Organizzazione
mondiale del commercio è un arbitro non è il nemico'' ed è necessaria per ``governare
la globalizzazione''. ``Noi dobbiamo immaginare l'Organizzazione - continuava Fassino - un
po' come l'Onu dell'economia, con poteri effettivi sovrannazionali, che abbia una
legittimazione democratica e sia in permanente confronto con le opinioni pubbliche.
Negoziati di questa natura che toccano la vita concreta delle persone non possono essere
condotte nel segreto di qualche stanza da pochi responsabili politici e da una ristretta
èlite tecnocratica''.
Con parole non molto diverse da Fassino e dal governo si era espresso prima del vertice
l'imbroglione Bertinotti annunciando la ``radicale opposizione'' al vertice di Seattle.
``Chiediamo una profonda riforma del Wto in senso democratico, che tenga conto degli
interessi di tutti gli Stati che ne fanno parte'' affermava in un intervento su
Liberazione dell'11 novembre scorso. Invece di chiedere lo scioglimento
dell'organizzazione imperialista e colonialista ne rivendica una riforma e nel contempo
porta come esempio positivo gli accordi preferenziali commerciali della Ue con i paesi Acp
(Africa, Caraibi e Pacifico). La battaglia contro le politiche neoliberiste di Bertinotti
si traduce nella copertura dell'imperialismo e in particolare nella difesa della politica
imperialista della superpotenza europea e dei suoi mercati.
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