LA CONTRORIFORMA DEI
MINISTERI E' CONFORME AL FEDERALISMO E AL PRESIDENZIALISMO
Una "riforma di portata
storica": così il rinnegato D'Alema ha definito con sussiego la controriforma della
presidenza del Consiglio e dei ministeri approvata dal governo il 4 giugno al termine di
una lunga e contrastata riunione. Si tratta di un progetto che rientra nel quadro della
controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, di cui ne
anticipa un importante spezzone: quello strettamente collegato da una parte al
federalismo, con la riduzione del numero dei ministeri e la loro riorganizzazione tramite
accorpamenti e ridefinizione delle competenze in vista del nuovo assetto federale dello
Stato, e il presidenzialismo dall'altra, con il riordino della presidenza del Consiglio
tramite lo sfoltimento delle competenze secondarie e una corrispondente concentrazione del
potere decisionale e di indirizzo politico.
E' questo nelle sue linee generali il disegno politico che il rinnegato D'Alema,
spalleggiato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Bassanini, ha voluto a
tutti i costi affermare vincendo anche le resistenze di certi ministri, come la titolare
della Sanità, Rosy Bindi, e il ministro dell'Agricoltura, De Caro, penalizzati
dall'accorpamento dei propri dicasteri in altri più grandi.
Dagli attuali 22, infatti, i dicasteri vengono ridotti ad 11. Di questi solo cinque
conservano l'identità attuale: Interno, Esteri, Difesa, Giustizia e Beni culturali. Gli
altri sei sono il risultato di vari scorpori e fusioni, come il ministero dell'Economia e
Finanze, che accorpa le funzioni degli attuali ministeri delle Finanze e del Tesoro e
bilancio, e il ministero per le Attività produttive, che concentra le funzioni degli
attuali dicasteri dell'Industria, Commercio estero, Agricoltura, Comunicazioni e Turismo.
Il dicastero dei Lavori pubblici è smembrato in due parti, una delle quali va a integrare
il dicastero dell'Ambiente, mentre l'altra, assieme a Trasporti, Aree urbane e Gestione
grandi reti viene assorbita nel nuovo ministero per le Infrastrutture e trasporti. I
ministeri della Pubblica istruzione e quello della Università e ricerca scientifica
vengono accorpati in un unico ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca.
Infine viene creato un unico ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
il cosiddetto "ministero del welfare", che riunirà le competenze degli attuali
ministeri del Lavoro e previdenza sociale, della Sanità, e del dipartimento degli Affari
sociali.
A questi superministeri, che secondo il principio del cosiddetto "Stato leggero"
avranno soprattutto poteri di indirizzo e di controllo, saranno affiancate come veri e
proprie braccia operative dotate di ampia autonomia dieci agenzie private che opereranno
in regime di convenzione. Anche se i loro dipendenti continueranno ad essere inquadrati
come dipendenti pubblici, il loro rapporto sarà regolato da regolamenti speciali, in modo
da facilitare al massimo la flessibilità e la discrezionalità nelle assunzioni, le
carriere, le retribuzioni, ecc. Tali agenzie sono quelle per la Protezione civile,
Entrate, Dogane, Territorio, Demanio, Normative e controlli tecnici, Proprietà
industriale, Protezione dell'ambiente e servizi tecnici, Trasporti terrestri e
infrastrutture, Formazione e istruzione professionale.
I ministri che gestiranno questi superministeri saranno affiancati da dei viceministri con
competenze specifiche di settore. Vi saranno quindi ministri di serie A e ministri di
serie B. è questo che ha sollevato le proteste della Bindi e di De Caro, le cui
competenze si troverebbero parecchio ridimensionate con il nuovo assetto ministeriale, la
cui realizzazione è prevista nella prossima legislatura. Ma in generale i popolari non
hanno fatto le barricate contro il progetto di D'Alema e Bassanini. Mattarella e la
Jervolino l'hanno anzi appoggiato convintamente, e lo stesso Marini si è limitato ad
annunciare eventuali richieste di modifica quando il progetto andrà in discussione in
parlamento.
C'è poi l'altra parte della controriforma, e cioè il riordino della presidenza del
Consiglio. Quest'ultima viene liberata da tutta una serie di competenze secondarie,
trasferite ai relativi superministeri, così da permetterle di concentrarsi al massimo
nella direzione politica dell'esecutivo, anche attraverso un rafforzamento dei suoi poteri
interni. Per esempio i dipartimenti del Turismo, delle Aree urbane e dell'Editoria
confluiranno rispettivamente nei dicasteri delle Attività produttive, delle
Infrastrutture e trasporti e in quello dei Beni culturali; le competenze sulla Protezione
civile passeranno alla relativa agenzia, quelle sugli italiani nel mondo saranno assorbite
dagli Affari esteri, e così via. Di contro saranno rafforzati i poteri del premier, che
potrà nominare uno staff di persone di sua fiducia da affiancare al personale di ruolo
della presidenza, che a sua volta sarà profondamente riorganizzato.
E' evidente che tali misure anticipano il premierato, e si inquadrano perfettamente
nell'ordinamento presidenzialista e federalista dello Stato che è già stato tracciato in
linea di principio dalla Bicamerale golpista e che è al centro della ripresa della
discussione tra le cosche parlamentari sulla controriforma neofascista della Costituzione,
sotto l'egida del capo dello Stato Ciampi e l'impulso politico del rinnegato Massimo
D'Alema.
Oltre al presidenzialismo e al federalismo è il liberismo l'altro principio ispiratore
della controriforma di D'Alema e Bassanini: la riduzione e la riorganizzazione dei
ministeri, con la creazione delle agenzie, va incontro al principio del ritiro dello Stato
da tutta una serie di competenze e doveri sociali in favore del mercato capitalistico, che
diventa il soggetto principale al posto dell'interesse pubblico. Emblematica in questo
senso è la cancellazione dei dicasteri dell'Agricoltura e della Sanità, che presuppone
il ritiro dello Stato, cioè del controllo pubblico, da questi due settori strategici per
il paese e per la vita delle masse, e quindi la loro totale subordinazione agli interessi
privati e alla speculazione. Tanto più negativamente emblematica se si pensa allo sfascio
drammatico in cui versa la sanità e agli ultimi eclatanti casi di sofisticazione
alimentare, come lo scandalo delle carni alla diossina.
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