Nuovo sacco edilizio nelle periferie del capoluogo campano. Un'operazione da 5 mila
miliardi di lire, la più costosa dopo quella mega-speculativa del ponte di Messina
BASSOLINO, IERVOLINO,
PADRONI E SINDACATI SI SPARTISCONO LA MEGATORTA DI NAPOLI EST
La denuncia della Dia:
"Nell'affare Napoli Est infiltrazioni della camorra''. Vertici sindacali e PRC
napoletano avallano servilmente il progetto
Redazione di Napoli
5 mila miliardi di lire, la più costosa operazione dopo quella del famigerato ponte di
Messina: questo è in sintesi il progetto Napoli Est, approvato definitivamente sotto
Natale da comune, sindacati e padroni. Già, perché la svendita della zona orientale (S.
Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli più la zona industriale, Gianturco fino alla zona
di S. Erasmo) era già cominciata nel dicembre del 2000, quando il Bossi del Sud Bassolino
e l'allora neopodestà di Napoli, il plurinquisito Riccardo Marone (attuale deputato DS),
firmarono un accordo da circa 800 miliardi con l'Ateneo "Federico II'' (allora era
rettore il democristiano Fulvio Tessitore, ora deputato DS), l'autorità portuale e il
governo D'Alema col quale si gettavano le basi al più articolato megaprogetto di Napoli
Est.
Tramite un "project financing'' si prevede, infatti, la realizzazione di sedi
universitarie di Giurisprudenza e Ingegneria (al posto dell'ex-Cirio) e un campus
universitario per 20mila studenti a S. Giovanni (220 miliardi); un nuovo porticciolo
turistico nella zona di Vigliena più progetti sulla Darsena di Levante (210 miliardi); un
megaospedale del Mare (290 miliardi) che sorgerà all'altezza del Ponte dei Francesi, al
posto del palazzo che ospitava la Croce Rossa e che comporterà la chiusura di quattro
ospedali del centro storico (il "vecchio Pellegrini'', il Loreto Mare, l'Ascalesi e
l'Annunziata) con risultato di un taglio netto dei posti letto complessivi; una nuova
stazione della metropolitana (circa 100 miliardi).
A questo progetto si aggiunge anche la prospettiva di creare una Cittadella della Polizia
(al posto dell'ex manifattura tabacchi della zona Orientale) per garantire la legalità
neofascista voluta dal "centro-sinistra'' partenopeo con in testa l'attuale assessore
al turismo, il bassoliniano Nicola Oddati, divenuto il più stretto alleato dei partiti
del "centro-destra'' nel propagandare la necessità del "vigile di quartiere''.
IL MEGAPROGETTO IN MANO ALLE BANCHE E AI PADRONI
Dopo meno di un anno, lo scorso 5 novembre, viene firmato l'accordo più consistente,
quello da 3.653 miliardi, che prevede il recupero della società consortile Napoli Est per
la "definizione di un piano di bonifica, demolizioni e ricostruzioni'' e la
costituzione di una "Società di trasformazione urbana'' sul modello dell'altro
megaprogetto speculativo in cantiere per la Bagnoli e la zona occidentale. Il progetto
viene firmato dall'ex segretario regionale della Uil e attuale assessore al Patrimonio del
Comune, Enrico Cardillo, dal presidente dell'Unione Industriali, Tommaso Iavarone, e dal
presidente dei costruttori napoletani Riccardo Giustino. Due gli obiettivi principali
iniziali del progetto: il primo quello della bonifica dei suoli delle ex raffinerie, dove
sorgevano le industrie petrolchimiche e metallurgiche ora dismesse, che andrà sotto la
competenza del commissario straordinario per l'emergenza rifiuti Bassolino; il secondo è
quello delle acquisizioni delle aree per la realizzazione dei progetti. Per la bonifica
del suolo e del sottosuolo il Bossi del Sud disporrà di ben 750 miliardi, mentre per le
acquisizioni delle aree, di cui si dovrebbe occupare direttamente l'assessore Cardillo,
altri 450 miliardi. 90 miliardi sono previsti per le demolizioni delle strutture
fatiscenti, 140 per le infrastrutture, 76 per l'adeguamento degli standard urbanistici,
158 per il recupero del fiume Sebeto (sepolto dagli edifici del centro direzionale che
grondano giornalmente d'acqua e rischiano di crollare), e la costruzione di un parco
antistante al fiume dotato di attrezzature sportive; 32 miliardi per la costruzione di un
mega-boulevard che collega il mare alla zona di Ponticelli.
L'accordo del 5 novembre prevede anche altri 1.523 miliardi destinati alla costruzione di
edifici non residenziali (centri commerciali, alberghi, ecc.) e parcheggi pubblici più
altri 484 miliardi per la costruzione di parcheggi e abitazioni private da vendere o
affittare. Per rendere operativo questo piano edilizio, sabato 22 dicembre viene firmato
un ulteriore protocollo d'intesa riguardante il "piano di riqualificazione urbana''
con la partecipazione diretta dei sindacati, del comune (presenti la neopodestà
Iervolino, l'assessore Oddati e quello all'edilizia, Lepore) e dei padroni.
Il dato più grave e allarmante è che di questi 1.523 miliardi solo 300 verranno gestiti
da enti pubblici, mentre il resto saranno destinati alla gestione dei privati. Nel
protocollo, inoltre, è da evidenziare l'intesa con l'Enel per "altro uso della
centrale di Vigliena'', il progetto per un centro commerciale e l'insediamento di 32
piccole aziende nell'area dell'ex-Mecfond in fase di dismissione: ma questo dovrebbe
riguardare la seconda parte del progetto, successivo alla megaspeculazione edilizia che si
concentrerà a Ponticelli. Difatti sono fermi da 8 anni altri 120 miliardi destinati ad un
programma edilizio che avrebbe dovuto cancellare le case-scheletro del quartiere popolare.
Il piano regolatore urbano per Ponticelli prevede, secondo l'assessore regionale
all'edilizia Di Lello (SDI) e quello comunale Lepore: 19 miliardi per la riqualificazione
del Lotto 10 più 420 alloggi nuovi per il Lotto N per le famiglie del rione-ghetto De
Gasperi; il resto dei miliardi verrà destinato alla bonifica di circa 17mila metri quadri
di territorio brullo che vanno dalle case del Lotto G al parco del Vesuvio dove centinaia
di famiglie, nonostante quasi dieci anni di amministrazione di "centro-sinistra'',
vivono da decenni incondizioni da terzo mondo. Il presidente dei costruttori Riccardo
Giustino commentando il progetto ha dichiarato che "vi è la possibilità di 21mila
nuovi posti di lavoro''. Ma quanti di questi saranno a tempo indeterminato e quanti
precari?
Nel Consiglio di Amministrazione della società, che vede il presidente dell'Unione
industriali alla vicepresidenza, e il presidente dell'Autorità portuale di Napoli
Francesco Nerli alla presidenza, faranno la loro parte anche le banche, coinvolte
direttamente nei progetti di Bassolino, Iervolino e compari. Capofila sarà il Banco di
Napoli, seguono il Monte dei Paschi, il Crediop, e multinazionali del calibro del Credito
Italiano, del gruppo San Paolo di Torino (tramite la Banca OPI) e della BNL. E i sindacati
Cgil, Cisl e Uil che cosa hanno fatto? Praticamente nulla se si eccettua l'opposizione di
carta del segretario della Camera del lavoro metropolitano, Michele Gravano, che,
richiamandosi alla legge sul divieto della doppia competenza affermava soltanto che Nerli
non poteva avere un doppio incarico, non commentando il progetto e anzi avallandolo
silenziosamente. Stesso discorso vale per la dirigenza del PRC napoletano, con alla testa
il falso no-global Peppe De Cristofaro, che ha affermato solo la sua contrarietà al porto
di Vigliena, confermando in sostanza l'accordo senza protestare e accettandolo servilmente
in ogni suo punto.
UN PIATTO DI LENTICCHIE PER I GIOVANI E LE MASSE POPOLARI
Questo megaprogetto speculativo non affronta direttamente il problema della miseria, del
degrado e della disoccupazione nella zona orientale, anzi in nessuna delle dichiarazioni
di padroni e signori del palazzo si paventa il miglioramento concreto delle condizioni di
vita delle masse popolari. Tutto si concentra soltanto sulla realizzazione dell'accordo
per il megaprogetto speculativo. Troppo poche 32 piccole aziende per coprire la fame di
decine di migliaia di disoccupati in una delle zone più povere della città dove le
infrastrutture essenziali sono marce da anni e dove la popolazione è costretta a vivere
nelle case-ghetto non solo del rione De Gasperi ma anche della zona di via Taverna del
Ferro e del Rione Pazzigno, il cui "parco'' antistante è ridotto a un ricettacolo di
immondizia e siringhe. Basta pensare che soltanto nel quartiere Barra su circa 42mila
abitanti i disoccupati sono 16mila di cui la maggioranza giovani; che a Ponticelli alcune
scuole sono ancora occupate da un gruppo di corsisti che inascoltati stanno chiedendo,
anche minacciando il suicidio, la finalizzazione dei corsi di formazione; che la periferia
di Ponticelli è stata completamente tagliata fuori dalla città di Napoli con la
soppressione anche dell'unico minibus che collegava Ponticelli a S. Giovanni. E ora anche
il mare, quello che bagna S. Giovanni a Teduccio, seppur ridotto a una fogna, invece di
essere bonificato rischia di essere scippato definitivamente alle masse popolari, perché
verrà regalato ai privati che ne faranno un porticciolo per ospitare le loro barche. Per
non parlare dell'incuria in cui sono abbandonati i monumenti della zona orientale: il
completo abbandono in cui versa il forte di Vigliena con 300 anni di storia alle spalle è
l'ennesima dimostrazione che il tanto decantato "maggio dei monumenti'' è solo una
presa in giro. Anche il progetto della costruzione di una moschea per i musulmani, in un
primo momento prospettata dalla neopodestà Iervolino, sembra ora non rientrare nel
megaprogetto, dopo la vergognosa e strumentale protesta razzista della Lega secessionista
e fascista.
I firmatari dell'accordo non hanno preso in considerazione nemmeno la denuncia della Dia
di Napoli che ha parlato chiaramente di "infiltrazioni della camorra sull'affare
della zona orientale e della variante di Bagnoli'', chiarendo che i grandi cartelli
camorristici (Alleanza di Secondigliano e cosche locali) stanno per scatenare una nuova
guerra di camorra per accaparrarsi gli appalti e i miliardi che stanno per piovere su
Napoli.
Ma a inaugurare la nuova stagione delle "mani sulla città'' ci pensano le
dichiarazioni altisonanti della neopodestà Iervolino ("Il pool di banche che ci ha
finanziato non è composto da banchette, ma da banche di prestigio che certo non si
sarebbero imbarcate in operazioni avventurose e che hanno avuto fiducia nella città'')
dell'assessore Cardillo, ("Bisogna realizzare una società che abbia funzioni
immobiliari, che acquisisca i suoli dell'area orientale, realizzi le infrastrutture e la
metta al servizio degli investitori'') e del presidente di Confcommercio Napoli, Gaetano
Cola che insiste sulla necessità di "un contratto d'area e la costruzione non solo
di case ma anche di megaparcheggi'', ovviamente per favorire gli affari dei suoi
associati.
LE GRAVI RESPONSABILITA' DEL BOSSI DEL SUD, BASSOLINO
L'attuale presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, ha delle responsabilità
molto gravi sull'abbandono della periferia Est. Prima di tutto in quasi dieci anni di
amministrazione comunale prima e regionale poi, non ha saputo risolvere neppure uno dei
tre problemi principali della zona Orientale, cioè disoccupazione, miseria e povertà,
necessità di un vero sviluppo e di mirata industrializzazione pubblica dell'area. Ha
fallito con la vecchia società consortile diretta da Fabiano Fagiani, sperperando
migliaia di soldi del popolo per nulla. Le responsabilità si estendono al ritardo sulla
bonifica del territorio, alla deindustrializzazione della zona (si ricordino soltanto i
cortei contro la chiusura dell'ex-Mecfond), all'aumento della disoccupazione cui l'ex
assessore democristiano al lavoro Pasquale Losa (oggi in quota alla giunta attuale come
assessore al personale) non ha saputo porre un rimedio, alla totale assenza di strutture
socio-sanitarie per una popolazione della zona orientale che supera le 100mila unità,
alla fatiscenza delle strutture scolastiche pubbliche fino allo scandalo dell'edilizia
popolare con migliaia di famiglie emarginate in rioni-ghetto.
Le masse popolari della zona Orientale, e soprattutto i giovani e le donne, non possono
certo stare con le mani in mano: essi devono contrastare decisamente questo megaprogetto
speculativo e antipopolare. Noi marxisti-leninisti consideriamo l'opposizione al nuovo
sacco edilizio delle periferie ad est e ad ovest di Napoli uno dei tasselli fondamentali
della guerra contro la giunta antipopolare e anticomunista della DC Iervolino e quella
regionale del boss Bassolino. Per questa ragione bisogna impugnare decisamente il Nuovo
Programma d'azione del PMLI, invitando le masse popolari a non dare tregua ai signori di
palazzo S.Giacomo, nella prospettiva strategica di creare i Comitati popolari, l'unica
valida alternativa per combattere le banche, le multinazionali, la camorra, i padroni e i
loro servi annidati nelle giunte di Iervolino e di Bassolino.
9 gennaio 2002
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