A 60 anni dalla costituzione del '48 (Bilancio e analisi di classe della Costituzione del '48)
Berlusconi e Veltroni lavorano per la costituzione della terza repubblica

Il 60° anniversario della Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio del 1948, si celebra proprio mentre il regime neofascista si avvia decisamente verso la terza repubblica.
L'appello del rinnegato Giorgio Napolitano lanciato nel suo messaggio di Capodanno alle forze politiche a "non perdere assolutamente l'occasione" per fare finalmente le "riforme istituzionali" necessarie al rafforzamento e alla governabilità del regime capitalista e neofascista, ora che tra i due principali partiti della destra e della "sinistra" borghese si è aperto uno "spiraglio di dialogo", rappresenta un significativo impulso in quella direzione.
Il suo appello è stato raccolto tanto dal liberale anticomunista Veltroni quanto dal forzista Bondi, entrambi con le stesse parole usate dall'inquilino del Quirinale: "Ascoltiamo l'invito del presidente Napolitano - ha dichiarato il leader del PD in un'intervista a la Repubblica del 5 gennaio - usiamo il tempo che abbiamo davanti per fare la più grande innovazione politico-istituzionale dopo la Costituzione del '48. C'è alla Camera un pacchetto da approvare: le riforme istituzionali, con la riduzione dei parlamentari, l'introduzione di una sola camera legislativa e il rafforzamento dei poteri del premier, e poi la riforma dei regolamenti parlamentari e della legge elettorale. In un anno possiamo cambiare radicalmente il futuro del Paese. È un'occasione che non possiamo lasciarci sfuggire. Il Paese non ce lo perdonerebbe". E il portavoce del neoduce Berlusconi gli ha fatto subito eco, dichiarando anche lui che la strada del dialogo "non ha alternative" e che sarebbe "imperdonabile" perdere questa occasione.
Questo vuol forse dire, per contrasto, che la Costituzione del '48 rappresenta e deve rappresentare oggi il punto di riferimento e la bandiera degli antifascisti, progressisti, democratici e di tutti coloro che si oppongono alla sua controriforma neofascista che mira a completare il "Piano di rinascita democratica" della P2? A nostro avviso la risposta è no, e per due fondamentali motivi.
Il primo è che la Costituzione del 1948, pur risentendo positivamente dell'influsso della Resistenza e della vittoriosa guerra di Liberazione dal nazifascismo, fu inevitabilmente, dati i rapporti di forza di allora e la "guerra fredda" già in pieno corso, il risultato di un compromesso tra la borghesia e il proletariato; e un compromesso nettamente sfavorevole a quest'ultimo, favorito soprattutto dall'opportunismo e dal capitolazionismo dei revisionisti togliattiani, che avevano già rinunciato apertamente e per sempre alla via rivoluzionaria per abbracciare irreversibilmente quella riformista, parlamentare e socialdemocratica. Quella che avrebbe portato prima alla fallimentare "via italiana al socialismo" e alle "riforme di struttura", basate proprio sulla "attuazione della Costituzione" come obiettivo strategico in sostituzione del socialismo, e poi al "compromesso storico" berlingueriano, fino ad approdare alla liquidazione del PCI nel 1991 e oggi alla nascita del PD, dove sono confluiti i rinnegati del comunismo e gli ex democristiani di "sinistra".

Costituzione formale e Costituzione reale
Quella che ne risultò allora fu perciò una Costituzione classista, una Costituzione borghese, che mentre si limitava alla semplice enunciazione astratta di alcuni principi formalmente favorevoli ai lavoratori e alle masse popolari, in realtà e in concreto sanciva e ribadiva la proprietà privata e tutti i capisaldi del dominio della borghesia in tutti i campi, dall'economia alla gestione dello Stato, dalla morale ai rapporti sociali, ivi compreso il recupero nell'art. 7, voluto dallo stesso Togliatti, dei patti lateranensi siglati da Mussolini col Vaticano, che ancora oggi minano alla base il principio della separazione tra Stato e chiesa.
Il secondo motivo è che anche a prescindere da tutto ciò allo stato attuale anche la stessa Costituzione formale ormai non esiste più, e di fatto è stata già fatta completamente a pezzi e sepolta dai partiti del regime neofascista.
Che si tratti del ridimensionamento dei poteri del parlamento e della magistratura a vantaggio di quelli dell'esecutivo imposto da Craxi in attuazione del disegno piduista, o della "riforma del Titolo V" attuata dal precedente governo di "centro-sinistra" presieduto da Amato che ha stravolto l'ordinamento statate unitario introducendo il federalismo; che si tratti della Bicamerale golpista di D'Alema e Berlusconi, a cui hanno retto il sacco anche Bertinotti e Cossutta, che gettò le basi della controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione, o del presidenzialismo introdotto per la prima volta nelle elezioni di sindaci, presidenti di province e governatori regionali dal governo D'Alema; che si tratti dell'abolizione di fatto dell'articolo 11 con l'approvazione delle missioni di guerra all'estero volute dai governi di "centro-destra" e di "centro-sinistra", come dell'abrogazione della XIII disposizione transitoria che ha permesso il rientro dei Savoia in Italia; che si tratti delle scandalose leggi ad-personam di Berlusconi come della controriforma neofascista dell'ordinamento giudiziario che assoggetta la magistratura al potere politico, non c'è praticamente aspetto della Carta costituzionale del '48 che non sia stato ormai manomesso, stravolto o demolito, in maniera formale o di fatto, fino a ridurla ad una vuota icona senza più alcun valore né reale né formale.
Anche quei partiti e quelle personalità della "sinistra" borghese e liberale che a parole dicono di volerla difendere dagli assalti antidemocratici e "autoritari", ammettono che debba essere quantomeno "aggiornata" in alcune sue parti: magari solo nella seconda parte, ma comunque "riformata". Certe voci più critiche, come di recente il giurista Giovanni Ferrara su il manifesto del 2 gennaio e il costituzionalista Stefano Rodotà su la Repubblica dello stesso giorno, che ripropongono la difesa senza se e senza ma della Carta del '48 ("il problema vero è quello di attuare la Costituzione, non di rottamarla" dice Ferrara, sulla stessa linea di Rodotà che chiede una "nuova fase di attuazione costituzionale"), sembrano parlare al deserto e appaiono nel dibattito politico di oggi del tutto isolate e inascoltate. Il loro tentativo di fare quadrato intorno a una Costituzione formale che non esiste più rischia di essere solo una battaglia anacronistica e di retroguardia, una lotta da Don Chisciotte contro i mulini a vento.
Ormai la questione dominante tra tutte le forze politiche parlamentari, dai fascisti alla sinistra arcobaleno, non è più se cambiare la Carta del '48, ma solo come e in che misura. E le contraddizioni tra le varie posizioni e proposte non sono contraddizioni tra la destra e la "sinistra" borghese, ma si mescolano e investono trasversalmente tutti i partiti e gli schieramenti politici parlamentari, avendo ormai il neofascismo, il presidenzialismo e il federalismo messo salde radici ideologiche, culturali e programmatiche in tutte le forze politiche del regime. Tra di esse c'è anche un sostanziale accordo sul fatto che la seconda repubblica si è esaurita e che occorre ormai aprire la strada alla terza, attraverso una "riforma" elettorale e una serie di "riforme istituzionali" non più rinviabili.

Terza repubblica e presidenzialismo
Attualmente, tra le suddette forze, il ruolo di alfieri della terza repubblica è stato assunto dal neonato PD di Veltroni e da Forza Italia, o futuro "partito del popolo delle libertà" dell'"uomo della provvidenza", il neoduce Berlusconi. Non è scontato se ce la faranno e in che misura a varare la Costituzione della terza repubblica e la nuova legge elettorale, che essi vorrebbero bipolare e tale da rafforzare i loro due partiti rispetto agli alleati delle rispettive coalizioni così da avere le "mani libere" per governare. Per farcela devono vincere le resistenze dei cosiddetti "cespugli" della destra e della "sinistra" parlamentare, che temono di essere cancellati o svuotati dai due partiti pigliatutto, e Veltroni deve fare i conti anche con le diverse correnti nel suo stesso partito: dalemiani, prodiani, rutelliani e chi più ne ha più ne metta.
Per forzare la situazione, proprio lo scorso 1° gennaio anniversario della Costituzione, il vice di Veltroni, Dario Franceschini, se n'è uscito con una proposta di controriforma presidenzialista della Carta del '48 che prevede l'elezione diretta del presidente della Repubblica, secondo il modello elettorale a doppio turno francese. La tesi accampata da Franceschini, ormai tipica del modo del PD di affrontare i problemi, come si è visto con la campagna xenofoba e razzista sulle espulsioni di immigrati, è che bisogna adottare il presidenzialismo prima "che la domanda dell'uomo forte, che la spinta dell'antipolitica diventino difficili da controllare".
La proposta del numero due del PD, che la dice lunga sugli obiettivi strategici che questo partito persegue con le "riforme istituzionali", è stata accolta subito e non a caso in maniera entusiastica dai fascisti di AN. In un documento programmatico del partito fascista, pubblicato sul Secolo d'Italia del 4 gennaio si afferma infatti che "l'obiettivo della destra è sempre stato il rafforzamento della democrazia diretta dando protagonismo agli elettori che devono scegliere chi deve governare". E poiché l'appetito vien mangiando si coglie l'occasione delle aperture presidenzialiste del PD per ribadire che se le proposte di ritocchi alla Costituzione presenti in parlamento rappresentano un pur "timido passo nella stessa direzione", l'obiettivo principale di AN resta "una modifica di più ampia portata nella Carta costituzionale. AN ribadisce la propria scelta di fondo a favore dei sistemi di democrazia diretta siano essi il premierato, il semipresidenzialismo alla francese o il presidenzialismo all'americana". Il partito di Fini si spinge fino a invocare "un'organica riscrittura di tutta la Carta... sulla stessa prima parte".

Verso una soluzione di compromesso?
Il modello elettorale francese è stato poi momentaneamente riposto nel cassetto dalla segreteria del PD, a causa delle reazioni negative interne al partito (D'Alema per esempio, attualmente schierato sul modello tedesco) e da parte dei partiti più piccoli dell'Unione. La stessa Rifondazione trotzkista, che aveva appoggiato la proposta iniziale di Veltroni di proporzionale "corretto" (ricordiamo l'intervista di Bertinotti a la Repubblica in cui aveva benedetto la trattativa Veltroni-Berlusconi e dato quasi il benservito a Prodi) era rimasta spiazzata dalla virata maggioritaria di Franceschini. Prodi ha ripreso fiato e si è rimesso ad atteggiarsi a protettore dei partiti più piccoli in rivolta (PdCI, UDEUR, Verdi, SD e SDI) e ad agitare lo spettro del conflitto di interessi e della legge Gentiloni sulle tv, mentre è ormai alle porte la decisione della Corte costituzionale sul referendum abrogativo dell'attuale legge elettorale che minaccia di far saltare il delicato negoziato in corso.
Per tutti questi motivi la trattativa tra le forze politiche sulla "riforma" elettorale si è attualmente indirizzata verso una soluzione di compromesso rappresentata dalla bozza Bianco all'esame del Senato, incentrata su una sorta di proporzionale alla tedesca con premio di maggioranza. Soluzione che oltre a PD e FI ha registrato le aperture anche di UDC, Lega, Rifondazione e SD. Ma non è detto che l'operazione vada in porto, se non altro perché il neoduce Berlusconi è pronto a far saltare il banco, come già fece con la Bicamerale, e andare al referendum, se non avrà sufficienti garanzie sul premio di maggioranza e dal lato della legge sul conflitto di interessi e della "riforma" Gentiloni.
Ma a prescindere da come andrà questa complessa partita una cosa è chiara: la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione del 1948 e l'avvento della terza repubblica sono solo questione di tempo. Tutti i partiti del regime neofascista le vogliono, in una maniera o nell'altra, o puntando ad esserne i protagonisti o adattandosi a un ruolo da comparse, o reclamando per sé la posta principale o accontentandosi delle briciole. Ma è altrettanto chiaro che l'alternativa non è e non può essere la difesa di una Costituzione classista borghese che per giunta è già stata fatta a brandelli e sepolta di fatto dalla seconda repubblica.
L'alternativa, per i fautori del socialismo, gli anticapitalisti, gli antifascisti e tutti i sinceri democratici, è lottare uniti insieme al PMLI al di fuori delle istituzioni borghesi per combattere il regime neofascista e il disegno piduista di terza repubblica, puntando contemporaneamente a creare le istituzioni rappresentative delle masse alternative a quelle borghesi e fondate sulla democrazia diretta, attraverso le Assemblee popolari e i Comitati popolari. Solo così sarà possibile sconfiggere il disegno di terza repubblica di Berlusconi e Veltroni e imboccare la strada, sviluppando la lotta di classe fino alla rivoluzione socialista, verso l'Italia unita, rossa e socialista, che avrà una Costituzione autenticamente democratica e al servizio del proletariato e delle masse lavoratrici.

16 gennaio 2008